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CHARLES BUKOWSKI – 1920-1994 Terza parte: DINOSAURIA In questa puntata mi occupo dell’aspetto politico e della successiva presa di distanza di Bukowski dalla politica stessa, dopo le intemperanze giovanili, e di quanto sia giusto o meno etichettare l’arte politicamente. Per Bukowski, Celine, Hamsun ed Ezra Pound avevano fatto un errore enorme compromettendosi con la politica. Nella sua poesia Fregati infatti scrive di loro: “Uomini così grandi Castratisi da soli Quasi non potessero sopportare La loro somma fortuna E ritirarsi in una notte Senza luna Prima che li avvolgesse il buio”. Forse Bukowski è stato solo un individualista, arrabbiato con il mondo intero, un uomo in continua rivolta che anche senza volerlo ha fatto della sua vita una sintesi rivoluzionaria e di continua contrapposizione al pensiero unico, non nascondendo mai il suo disprezzo per l’idiozia del moralismo della borghesia. Nelle poesie che leggo in questa puntata, tuttavia, egli si rivolge agli ultimi, agli oppressi, ai soli, agli emarginati della vita urbana americana, a quelli che abitano la terra di nessuno, dando voce alla loro paura e disperazione. Perché, come disse: “Le uniche persone che conoscono la pietà sono quelle che ne hanno bisogno”.
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