Il principio del ciclista Adriana @Lilithins legge Carlo Galli #politica #societĂ #libertĂ dipensieroMDN #emergenzacoronavirus #potere #diritti #costituzione #polizia C’è una parola tedesca, un concetto, che spiega alcune cose dell’Italia ammalata, fra economia ed epidemia:  Radfahrernatur, natura da ciclista.  E’ l’attitudine ad assumere la postura di chi piega la testa in alto e preme coi piedi in basso. E spiega, se ben interpretato, alcuni comportamenti collettivi. Abbiamo visto il presidente Conte in Parlamento: a dire nulla, a portare nulla di concreto – la mascherina faceva pensare che volesse annullarsi egli stesso –. Il suo potere verso l’Europa è nullo; la tenuta del suo gabinetto è un miracolo quotidiano; il suo controllo degli eventi tende a zero – se fosse sceso da un taxi, la battuta  di Churchill su Attlee sarebbe stata perfetta –. Eppure, è lo stesso uomo che è in grado di nominare task force e commissioni in numero infinito, di firmare dpcm (atti amministrativi), di inviare a un parlamento quasi sempre ammutolito decreti legge da cui escono le piĂą gravi limitazioni dei diritti costituzionali che l’Italia abbia conosciuto da quando è una democrazia. Ciò che perde verso l’alto in autorevolezza lo recupera verso il basso in dominio – in pratica, gestisce un caso d’eccezione senza proclamarlo apertamente –. A loro volta le élites scientifiche (non gli operatori sanitari sul campo, s’intende) da una parte non riescono a venire a capo della crisi pandemica, ma d’altra parte continuamente ammoniscono, inveiscono, si smentiscono,  zittiscono i colleghi che prevedono un’estinzione spontanea del virus, profetizzano sventure se i loro diktat non sono ubbiditi. Diktat che non tengono conto dei diritti costituzionali dei cittadini, ovviamente, perchĂ© la logica scientifica argomenta solo in termini di oggettiva efficacia (presunta). Così si sentono, trasmessi da emittenti di Stato, pareri di isolamento e internamento di tutti gli infetti – previ coattivi esami clinici di tutta la popolazione –, in cui non si sa se prevale l’assenza di buon senso e di realismo o la mancanza delle minime nozioni di diritto costituzionale. E quindi si vive dovendo ciascuno di noi spiegare e dimostrare i propri movimenti, in un perenne e generalizzato clima di sospetto, di inversione dell’onere della prova; un clima  che durerĂ quanto piĂą è possibile perchĂ© il principio di precauzione deve prevalere su ogni altro (l’unico concorrente è il principio di prestazione, le esigenze dell’economia produttiva). E si discute – senza che ci si renda conto della enormitĂ della cosa – di app, o bracciali da detenuto, da applicarsi a tutta la popolazione, con pene per i riluttanti (la perdita della libertĂ personale, è stato detto – anche se poi la frase è stata parzialmente corretta –); al piĂą, qualche anima bella si occupa della privacy, mentre altri rispondono che in Costituzione non è previsto un tale diritto. Sembra sfuggire l’idea che in gioco non ci sia tanto la privacy (che è un concetto privatistico) quanto la libertĂ (che è un concetto della sfera pubblica)  – ovvero il diritto di non essere considerati capi di bestiame, governati con logiche di utilitĂ , marchiati, disinfettati, sterilizzati –. Mentre a troppo pochi sembra improponibile  l’idea che a determinate fasce di popolazione (per etĂ , ora; ma chi può escludere che i parametri cambino?) si possano applicare barriere, discriminazioni, reclusioni, obblighi di lasciapassare.  Ma, per consentire anche agli ultimi, ai normali cittadini, uno sfogo, una gratificazione, un po’ di senso di superioritĂ , si fa pubblico spettacolo della caccia all’uomo, con droni ed elicotteri, e si trasmette in tv (di Stato) l’inseguimento di pensionati intenti a passeggiate solitarie. Tuttavia, mentre si cerca di indirizzare verso qualche deviante la riprovazione di un’intera popolazione e di rendere tutti non solo destinatari passivi ma protagonisti della strategia della colpa (anche con le delazioni), si manda in realtĂ il messaggio che a tutti può toccare la colpa, che nessuno può uscire dalla logica dell’incolpare e dell’incorrere nella pena della colpa. Il “ciclista” non sfugge alla sofferenza: il potere lo si subisce anche quando si crede di esercitarlo. Quel “qualcuno” che tutti possono denunciare o inseguire è in realtà “ciascuno”. In questo contesto in cui tutti cercano di esercitare potere verso il basso mentre lo perdono verso l’alto (mentre, insomma, perdono l’autonomia) crescono il disordine e, insieme, il disciplinamento sociale: quando sono esercitati regolarmente i poteri sono inefficaci (che ne è della configurazione costituzionale della democrazia? e dei successi della ricerca scientifica?) mentre sono efficaci quando esercitano dominio. Da tempo l’elettronica ha reso possibile il “capitalismo di controllo”, la compra-vendita dei megadata che consentono… Continua qui https://www.lafionda.org/2020/04/22/i…
🍎Il principio del ciclista | Adriana @Lilithins legge Carlo Galli
30 Aprile 2020
libertĂ dipensiero