Inferno XIX | Silvana Torto #divinicanti #libertà dipensieroMDN #ladivinacommedia Silvana Torto legge la Divina Commedia di Dante Alighieri “E se non fosse ch’ancor lo mi vieta la reverenza de le somme chiavi che tu tenesti ne la vita lieta, io userei parole ancor più gravi; ché la vostra avarizia il mondo attrista, calcando i buoni e sollevando i pravi.” Questo dice Dante al papa Niccolò III, conficcato a testa in giù in un foro della terza bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno, dove vengono punite le anime dei simoniaci, coloro che lucrano col commercio di beni sacri e spirituali. Loro che non hanno guardato il cielo, sono condannati a guardare, in eterno, il fondo del buco in cui stanno, con una fiammella che brucia sopra le piante dei piedi. L’ira e il sarcasmo di Dante si esprimono potentemente nell’apostrofe che apre il canto “O Simon mago” e in quella che lo chiude “Ahi, Costantin”. Il potere temporale della Chiesa e dei Papi è condannato duramente in quanto generatore di decadenza della spiritualità e di forti ingiustizie sociali.
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