Articolo di Valentina di Pavia
Se mi avessero detto prima che il Jazz è un mondo complicato, una dimensione in cui è difficile entrare e
soprattutto rimanere, che mi sarei appassionata finendo col desiderare di vivere di quello, mollare tutto e
trasferirmi a New Orleans. Se mi avessero avvisato di tutto ciò, certamente avrei iniziato comunque a fare Jazz.
Avevo all’incirca tredici anni quando ho cominciato ad esplorare i tasti del pianoforte, in cerca di qualcosa che
andasse oltre la semplice triade maggiore e minore. La mia mente musicale sentiva la necessità di esplorare
nuovi suoni, melodie sconosciute, e ricordo che ho pensato di essere una ribelle quando mi sono spinta oltre i
confini del do-mi-sol, aggiungendo, senza esitare troppo, il si e il re all’accordo di Do maggiore. Senza saperlo
avevo aggiunto alla triade la settima e la nona. Mi sembrava di aver scoperto un altro mondo.
Ho trasportato quelle note in altre tonalità e solo più avanti mi son resa conto che i suoni che tanto mi avevano
sconvolta a tredici anni – e che credevo di aver scoperto io – se portati in tonalità di Fa maggiore, erano le prime
cinque note del brano I Loves You, Porgy tratto dall’opera Porgy and Bess di George Gershwin e Ira Gershwin.
Noto al grande pubblico specialmente per l’interpretazione di Nina Simone, considerata ancora oggi tra le
migliori insieme a quella di Bill Evans, senza dimenticare Billie Holiday, il brano, tratto dall’atto 2 scena 3
dell’opera, comincia proprio con un accordo di Fa major 7 arpeggiato e ad ogni sillaba della frase “I Loves You
Porgy” corrisponde una nota dell’accordo, rispettivamente Fa (I), La (Loves), Do (You), Mi (Por), Sol (Gy). La
melodia è semplice ma geniale, non scontata, non banale, del resto stiamo parlando dell’immenso Gershwin.
Molti musicisti e cantanti – sia celebri che meno conosciuti – hanno interpretato questo magnifico brano, con
un po’ di timore reverenziale nei confronti dei grandi che li hanno preceduti. Anche Christina Aguilera ha
cantato I Loves You, Porgy al Grammy Nominations Concert nel dicembre 2008, una performance che è stata
apprezzata moltissimo dai fan e dalla critica musicale, mentre Whitney Houston lo ha interpretato all’inizio di
un medley, insieme al celebre brano I Have Nothing, agli American Music Awards del 1994.
Il musicista Giovanni Hoffer (corno francese), in duo con Alessandro Altarocca (piano), ha intitolato l’album
uscito nel 2018 proprio “I Loves You, Porgy”, in cui – oltre all’omonimo brano – interpreta Gershwin e altri
compositori aggiungendo un tocco di modernità al suono: in particolare in I Loves You, Porgy il timbro caldo del
corno francese crea un’atmosfera di dolcezza e tenerezza che, accompagnata dal pianoforte (nella parte iniziale
è free, poi a tempo) diventa lo sfondo ideale di una cena romantica al lume di candela.
Tanto si è discusso – non voglio tralasciare qualche cenno storico – sulla s nel verbo “love”: essendo in prima
persona singolare, sappiamo che in inglese la esse non va aggiunta. Dal momento che l’opera tratta di amore ai
tempi della schiavitù, qualcuno afferma che gli schiavi africani parlassero un inglese sgrammaticato, ma la
“teoria” più accreditata è quella che ha identificato nel linguaggio Gullah, lingua creola che mescola inglese e
lingue dell’Africa Occidentale e Centrale, il motivo di quella famosa esse.
Per concludere, suggerisco l’ascolto (e la visione) della celebre performance live di Nina Simone del 1962, con
musicisti di alto livello quali Paul Palmieri (chitarra), Lisle Atkinson (contrabbasso), Warren Smith (percussioni),
Montego Joe (conga). Noterete uno sguardo distante, quasi assente, ma rilassato, come fosse tutt’uno con la
musica e con le parole, e acrobazie vocali e pianistiche da far venire i brividi.
Valentina Di Pavia
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