Ci siamo lasciati la volta scorsa dicendo che quello che conta per valutare il debito pubblico non è la sua consistenza, ma il suo rapporto con il PIL e difatti normalmente il debito è espresso in percentuale di questo. Ma che cosa è il PIL?
Il PIL, acronimo di Prodotto Interno Lordo, è il totale della produzione effettuata all’interno del Paese. Il PIL italiano è quindi il totale dei beni e servizi prodotti all’interno dell’Italia. Poiché normalmente le cose vengono prodotte per essere vendute possiamo anche dire che il PIL è il valore di quanto prodotto in Italia e quindi utilizzare una somma per indicarlo. Il PIL è evidentemente un flusso, in quanto ha senso solo se si indica in quanto tempo esso viene prodotto, Normalmente la misura è l’anno e quindi si parla ad esempio del PIL prodotto nel 2017, che è stato di 1.716 miliardi di euro.
Ma da un punto di vista macroeconomico da cosa è composto il PIL? Quali sono le sue componenti viste in aggregato? Il PIL può essere indicato con la seguente formula:
PIL=C+I+G+X-M
Vediamo cosa sono le singole componenti, cosa che ci sarà utile anche per successive considerazioni:
C è il consumo privato, ovvero la parte di reddito delle famiglie che è destinato all’acquisto di beni e servizi. La formula di composizione di tale reddito (Yield) è infatti Y=C+S+T, dove S sono i risparmi (Saving) e T le tasse. I nostri redditi infatti vanno in parte in consumi, in parte in tasse e in parte in risparmi (quando è possibile…).
I sono gli investimenti delle imprese, ovvero il loro consumo. Le imprese infatti acquistano beni e servizi funzionali alla loro attività, quindi sono catalogabili come investimenti. C+I è quindi il totale dei consumi di privati e imprese e sono componenti del PIL appunto perché i beni vengono prodotti per essere venduti, quindi il valore degli acquisti è pari al valore della produzione.
G è la spesa pubblica, dello Stato (Government spending) per beni e servizi, ovvero il consumo pubblico. Vale lo stesso discorso del consumo privato.
X sono le esportazioni (eXport), ovvero quella parte della produzione che non viene consumata da famiglie e imprese italiane, ma da quelle estere.
M sono le importazioni (iMport) e devono essere sottratte perché sono beni prodotti all’estero, ma presenti in Italia, quindi sono una spesa in diminuzione del reddito nazionale. X-M ci dà il valore netto delle nostre esportazioni o PNE (Posizione Netta con l’Estero).
Adesso che abbiamo capito che il prodotto nazionale può essere indicato attraverso i consumi di privati, imprese, Stato ed estero, si può fare una prima considerazione: la spesa pubblica è parte del PIL, quindi tagliare la spesa equivale a tagliare anche parte di esso. Ciò è molto importante, perché normalmente la spesa pubblica ci viene indicata solo come un costo e il suo abbattimento come un risparmio, ma non ci dicono che la spesa pubblica è anche reddito e quindi il suo taglio diminuisce il prodotto nazionale. Avremo modo di tornarci.
A questo punto possiamo comprendere cosa è il rapporto D/PIL, ma quello che forse non si comprende è perché si rapporta il debito pubblico con il prodotto nazionale. Su questo torneremo parlando di cosa è realmente il debito pubblico.
Un’ultima considerazione: il prodotto interno lordo (PIL) non è il reddito nazionale lordo (RNL). Il primo è infatti è composta da tutto ciò che viene prodotto in Italia, sia da aziende italiane che estere e quindi anche dai redditi che vengono poi rimessi all’estero, il secondo è solo quanto di competenza di produttori nazionali, escludendo i redditi degli stranieri, con l’aggiunta dei redditi prodotti all’estero da italiani e rimessi in Italia. Per semplificare parliamo di redditi in generale, senza distinguere se da lavoro, da impresa o da investimento finanziario.
Alla prossima.
Luigi Pecchioli
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