a cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
Giro per il web, ascolto un sacco di materiale, scovo cose interessanti e, con piacere, porto tutto sul sito. Lo faccio spesso, molto spesso, perchè abbiamo tonnellate di grande musica fuori dai grandi canali, musica che dobbiamo soltanto recuperare. Ignorare l’underground rappresenta un crimine, riuscite a leggere tra le righe? Io non ho voglia di perdermi lavori come Start From Scratches, gioiellino dei Millennium Bug. Prendetelo, alzate il volume e fatelo sentire alle persone. Porca puttana, questi ragazzi di Viareggio spaccano!
Le collezioni di fotografie alternative provenienti più o meno da ogni luogo del rock, unite alle personalissime abilità dei singoli, permettono all’EP di viaggiare alla perfezione. D’altronde, piccolo spoiler, la lista dei dischi guida stilata dai componenti è composta da soli gioielli e l’innata esigenza di creare è a dir poco infinita. Insomma, i Millennium Bug ci piacciono molto e, ovvio, abbiamo voglia di saperne di più. Quindi, a chi chiedere cose, tante cose, se non al talentuoso vocalist Steve?
Ciao, Steve. Partiamo dalla presentazione. Chi sono i Millennium Bug?
I Millennium Bug sono prima di tutto cinque amici di vecchia data, che un bel giorno hanno deciso di formare una band insieme e di iniziare a scrivere canzoni. Nella fattispecie, il Palmé e Ste alle chitarre, Filo al basso, Gabrì alla batteria e io, il cantante.
La vostra storia in sintesi.
È il 2014, sono da poco rientrato in Italia da Londra, dove ho trascorso i precedenti quattro anni lavorando e facendo musica. Mi trasferisco in Versilia. Inizio a frequentare un locale di musica dal vivo a Viareggio dove ogni domenica sera si fa jam session. Qui conosco gli altri quattro ed è un cazzo di colpo di fulmine. Iniziamo a uscire e a suonare insieme, ma inizialmente è più un gioco che altro. Tre anni e vari esperimenti dopo però, decidiamo di dare una svolta e fondiamo i Millennium Bug. A Marzo 2019 esce Save Me, il nostro primo singolo. Sei mesi dopo pubblichiamo Start From Scratches, il nostro primo EP e, nel frattempo, ci togliamo lo sfizio di aprire a Cristicchi, Cristina D’Avena+Gem Boy e ROS al concerto del Primo Maggio di Capannori. Poi… il 2020. Fortunatamente però riusciamo a partecipare e a raggiungere le finali di Sanremo Rock, che ci ha consentito di suonare sul palco dell’Ariston.
Il nome rievoca il bug informatico che, allo scoccare del 2000, riuscì a intimorire gli utenti del mondo. Ecco, ci sono punti in comune, anche metaforici, tra la vostra musica e quel particolare avvenimento?
Idealmente sì. Tutti e cinque riconosciamo l’importanza della musica degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90, che è forse quella che maggiormente ci influenza. La musica però si evolve costantemente e il nuovo millennio ha visto un totale stravolgimento di quello che è stato il modo di concepire, intendere, proporre e distribuire musica, anche a causa proprio dell’avvento di internet. Dato che il nostro intento è quello di proporre un modello di musica nel quale far convergere il nostro amore per il rock classico, con suoni e temi contemporanei, avevamo bisogno di un nome che rappresentasse questa congiunzione del “vecchio” col “nuovo”, del XX col XXI secolo. E quale cosa più emblematica del Millennium Bug.
Il vostro EP, Start from scratches, sicuramente collocabile nel circuito alternative rock e in quello post grunge, spacca di brutto. Cinque canzoni toste, ben scritte, ben eseguite e piacevolissime. Come sono state concepite queste belle creature rock?
Con noi avviene tutto in sala prove. Qualcuno porta un’idea, un riff, una frase e poi tutti e cinque ci lavoriamo. Ogni canzone è quindi il risultato della somma dei rispettivi 20%. Scriviamo tutto insieme – tranne le lyrics, che sono in genere compito mio – ed è l’unico modo che conosciamo per scrivere un pezzo. Ognuno ci mette qualcosa di proprio e questo è ciò rende i nostri brani così variegati.
In fase di produzione, invece, come sono andate le cose?
Avevamo le idee chiarissime, dopo mesi passati a limare e ad aggiustare i brani che inizialmente erano ben più di cinque. Eravamo carichi e sicuri di riuscire a chiudere il lavoro in poco tempo, ma purtroppo non avevamo fatto i conti con la sorte e notoriamente noi non godiamo di buona fortuna. Il giorno prima di iniziare le registrazioni, la struttura che avevamo scelto è stata pignorata e ci siamo dovuti mettere alla ricerca di un nuovo studio di registrazione. Una volta designato il nuovo studio e iniziati i lavori a ritmo serrato, una bella sera, mentre il fonico sta sistemando i nostri mix, il suo computer si impalla e riceve una strana notifica: l’intera rete informatica dello studio è stata presa in ostaggio da degli hacker che chiedono un riscatto per sbloccare il tutto. Insomma, una vera e propria Odissea che, tra un inconveniente e l’altro, ci ha costretti a posticipare tutte le uscite di quasi sei mesi!
Il nuovo estratto, Crave & Desire, è un vero pugno in faccia. Tradotto in italiano, brama e desiderio. Cosa bramate e cosa desiderate?
Il Download Festival da headliners si può dire? Battute a parte – che poi tanto battute non sono – abbiamo sempre considerato questo brano la nostra bandiera, il nostro credo. Brama e desiderio qui si riferiscono a una pulsione di rivendicazione della nostra identità, cosa che, nel 2021 e in quella che è la società dell’apparenza, non è poi così scontata. Personalmente ritengo che non ci sia più grande forma di libertà che essere semplicemente sé stessi, senza alcun compromesso o sotterfugio. Ma vabbé, anche il Download Festival schifo non ci farebbe…
Come definireste il vostro sound? Questa, lo so, è più rognosa di quanto si possa pensare…
Un gran macello! Come dicevo prima, i nostri brani nascono da uno sforzo congiunto e poiché ognuno di noi mette il suo 20% in ogni canzone, ogni canzone racchiude un pezzo di ciò che siamo e che ascoltiamo individualmente. E se io ascolto i Metallica, Gabrì i Sum 41, Ste i Nothing But Thieves ecc… non è poi una sorpresa se in un EP di cinque canzoni si possa ascoltare un mescolone così vario di stili e generi.
Su Youtube avete anche dei super videoclip. Complimenti, davvero ben fatti. Mi raccontate qualcosa?
Indubbiamente il video di Save Me è stato il più travagliato. Siccome a noi le cose semplici non piacciono, ci siamo andati a cercare una location sperduta in culo, in cima a un monte che rimane notoriamente coperto dalla nebbia e frustato da gelidi venti per dieci mesi l’anno e abbiamo girato un videoclip a ottobre. A ottobre!. Sono stati due giorni davvero tragicomici. In compenso però, con l’attore protagonista del videoclip, Federico Mariotti, si è creato un rapporto personale e artistico molto importante e profondo. Sia noi che lui siamo artisti emergenti, che stanno provando a farsi spazio nei rispettivi campi e che stanno vivendo dei percorsi artistici a tratti paralleli e legati da un fil rouge, tanto che a settembre scorso, mentre noi eravamo a Sanremo pronti a saltare sul palco dell’Ariston, Fede, per la prima volta, calcava il red carpet della Mostra del Cinema di Venezia, in quanto parte del cast del film I Predatori, poi vincitore del premio come miglior sceneggiatura. Insomma, noi sul palco italiano più ambito della musica e contemporaneamente lui sul red carpet più ambito del cinema italiano… È stato davvero un bel momento.
Già che ci sono, sul vostro canale è presente una first reaction. Sullo schermo il video ufficiale del Rockin’1000, il pezzo ovviamente è Learn to Fly dei Foo Fighters. Stiamo parlando di un evento mostruoso, di fatto passato alla storia. Voi eravate lì, sticazzi! Via, a ruota libera…
Eh! Sticazzi davvero! Mi viene in mente un aforisma contenuto nel film I Laureati che recita: “i giorni indimenticabili nella vita di un uomo sono cinque o sei in tutto, gli altri fanno solo volume”. Ecco, quel giorno NON ha fatto volume. È stata una delle esperienze più incredibili della mia vita e sicuramente anche una di quelle che maggiormente ha segnato la band. Ci eravamo conosciuti pochi mesi prima e quella giornata ha sicuramente segnato la nostra amicizia e la nostra voglia di fare musica. In realtà non mi voglio dilungare troppo sull’argomento perché l’ho già fatto a sufficienza a suo tempo e, soprattutto, se inizio a raccontare tutto quello che ha comportato, qui non finiamo più. Purtroppo non abbiamo potuto partecipare agli ultimi eventi targati Rockin’1000, ma è un movimento che seguiamo sempre e al quale teniamo moltissimo. Consiglio a tutti caldamente di andare a vedere il docufilm We are the Thousand di Anita Rivaroli che racconta.
Gli artisti che hanno segnato la vostra vita?
Steve: Queen, Nirvana, AC/DC, Audioslave.
Palmé: Ben Howard, Nothing But Thieves, The Beatles.
Ste: The Beatles, Led Zeppelin, Red Hot Chili Peppers.
Filo: Alice Cooper, Guns N’Roses, Motley Crüe.
Gabrì: Sum 41, Blink-182, Green Day, Linkin Park.
I dischi che portereste sulla famosa isola deserta? Che poi, a furia di mandarci tutti, altrochè deserta…
Steve: Greatest Hits vol. I e II, Queen; Back in Black, AC/DC; Buon Compleanno Elvis, Ligabue.
Palmé: Axis: Bold as Love, Jimi Hendrix; Revolver, The Beatles.
Ste: Houses of the Holy, Led Zeppelin.
Filo: Rebel Yell, Billy Idol; Elvis’ Golden Records, Elvis Presley.
Gabrì: The Lord of the Rings: The Fellowship of the Ring OST , Howard Shore; Minutes to Midnight, Linkin Park; Parachutes, Coldplay.
A prescindere dal Covid, la musica sta soffrendo molto e, ahimé, questo è soltanto un eufemismo. Noi ci sbattiamo parecchio e crediamo fortemente in ciò che facciamo. Altra domanda difficile, ma che devo farti: esiste uno straccio di soluzione? Dai, tiriamoci su il morale…
Purtroppo al momento una vera e propria soluzione non c’è. Non siamo né virologi né esperti del settore, quindi non ci sentiamo di azzardare proposte campate per aria, come invece spesso si sente fare da troppi tuttologi che farebbero meglio a stare zitti e ad ascoltare chi ne sa più di loro. Di certo c’è che, almeno per il momento, come artisti non dobbiamo disperare e dobbiamo continuare a lavorare, a crederci e a farlo per la musica. Contestualmente dobbiamo anche cercare di riformulare la proposta musicale e di tenere alto il focus sui social e sulle piattaforme online, sperando di poter tornare a fare concerti il prima possibile.
Cosa non sopportate del sistema?
Allora, so che ai miei compagni di band non piacerà questa risposta, ma visto che si vergognano a fare le interviste, mi sento in diritto di poter dire la mia sull’argomento, anche se si tratta di un’opinione scomoda e non condivisa. Io non sopporto qualsivoglia sorta di talent show. Secondo me stanno uccidendo la musica e l’arte in generale, riducendola a una serie di comparsate fini a sé stesse. Se Andy Warhol diceva che nel futuro tutti sarebbero stati famosi per quindici minuti, beh, ora che siamo nel futuro, mi sento di dire che la sua predizione fu leggermente inesatta, in quanto oggi tutti vogliono essere famosi per cinque minuti. A band e ad artisti emergenti viene spesso propinata la partecipazione ai talent come il trampolino di lancio definitivo, quando invece, se osservassimo quanto successo negli ultimi vent’anni, noteremmo che in realtà, una volta calato il sipario della trasmissione in questione, sono pochissimi quelli che davvero ce la fanno o che non rimangono intrappolati in qualche atroce contratto con la major di turno. A tutti gli altri non resta che uno sfuggente attimo di gloria, determinato solo dal fatto che sono apparsi in tv.
Progetti futuri?
Indubbiamente continuare a fare musica, a farla insieme, e riuscire a portarla a più persone possibile. Anche se il vero e proprio traguardo (non lo chiamiamo sogno, s’il vous plaît) è farla diventare una vera professione. Ma si sa, in Italia bisognerebbe riuscire a far cambiare mentalità a un bel po’ di gente.
Una cosa che non vi ho chiesto e che vorreste dirmi?
Nell’amatriciana non ci vuole la cipolla, né tantomeno l’aglio o la pancetta. L’amatriciana è: guanciale, salsa di pomodoro, peperoncino e pecorino. Stop! E a chi mette il parmigiano sulla pasta con le vongole andrebbe tolto il diritto di votare in questo paese.
E io sono perfettamente d’accordo con te. Le regole sono regole! Un saluto e un messaggio ai lettori. Positivo o negativo non importa…
Innanzitutto, cari lettori di Meglio di Niente che siete arrivati davvero fino in fondo a questa intervista, sappiate che siete dei pazzi o semplicemente dei disadattati sociali, dato che lo span di attenzione dell’internauta medio non supera gli otto secondi o le tre righe. Questo mi fa estremamente piacere e vi ringrazio dal profondo del cuore per esservi sorbiti tutti i miei discorsi a culo. E mi sento di dire una cosa: vogliategli bene ai musicisti. O agli artisti, in generale. Una volta ho letto su un muro: “Earth? Without “art” is just “Eh?”. L’essere umano senza arte è arido, sterile, finito. Quindi sostenete tutti quelli che provano a fare qualcosa di creativo, siano essi musicisti, attori, pittori, scrittori, scultori e chi più ne ha più ne metta, perché tra tutti loro ci saranno i prossimi Fellini, Mastroianni, Battisti e Ungaretti e, appena torneremo ad averne la possibilità, andate a qualche concerto di qualche band emergente del cazzo, oppure andate a teatro o al cinema a vedere qualche film che non sia necessariamente un Marvel, leggete un libro di uno scrittore che non conoscete e poi fatelo leggere ai vostri amici. Perché l’arte non va data per scontata. Mai!
E io sottoscrivo con orgoglio. Grande, Steve!
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