di Riccardo Gramazio
Finale Champions persa per un non nulla contro i titani del City. Testa alta, ma ahimé, negli almanacchi contano le vittorie, non i sogni infranti, non le imprese sfiorate e non le teste alte. Le teste alte riempiono di orgoglio i tifosi distrutti e di meme creati dai rivali le pagine dei social. Così è e così sarà, nel bene e nel male. 10 giugno 2023, Atatürk Olympic Stadium di Instanbul. L’eroe di serata Rodri, un gran bel giocatore, che al ‘68 decideva di portare la coppa a Manchester, sponda sceicca. Complimenti al City, corazzata costruita per vincere tutto, ma anche tanti complimenti all’Inter, cresciuta mentalmente e tecnicamente, consapevole della propria forza e capace di giocarsela a questo punto contro chiunque. Sì, questa dovrebbe essere la storia, o meglio, l’inizio della storia.
Sembra passata una vita, vero? Eppure, da quella fantastica e dolorosa serata, diverse situazioni tutt’altro che piacevoli hanno ridimensionato o provato a ridimensionare il senso di certezza raggiunto con tanto sudore e tanto lavoro. Le problematiche della famiglia Zhang, le uscite di scena di Brozovic, di Dzeko e di Onana, da aggiungere a quella già metabolizzata da tempo di Skriniar, le assurde e surreali vicende legate a Lukaku e a Samardzic, la mancanza di soldoni da investire per rafforzare la rosa, insomma, hanno tutte insieme fatto venire un grande mal di testa ai tifosi e, di sicuro, anche a Marotta e Ausilio, costretti ancora una volta a inventare mercato, a riempire un carrello con pochi spiccioli e a giocare fino allo sfinimento con le calcolatrici. E allora, dopo aver sfruttato ogni minima occasione, alla corte di mister Simone Inzaghi sono arrivati Thuram, Frattesi, Bisseck, Cuadrado, Sommer, Audero, Arnautovic e Carlos Augusto. Non male, ma a occhio e croce nemmeno benissimo: giovani promettentissimi tutti da testare e trentacinquenni o quasi, forti e affermati, ma a fine carriera e non sempre integri. L’idea di dover affrontare una stagione lunga e ovviamente difficile, con una squadra meno forte, ammettiamolo tutti, tifosi e non tifosi, si è fatta sentire eccome, altro che seconda stella e spessore europeo raggiunto.
Tuttavia c’è sempre un piccolissimo particolare. Il particolare si chiama campo…
Ieri sera a San Siro, l’Inter ha asfaltato 4-0 la Fiorentina, squadra importante, ben allenata da Italiano e, a detta di tutti, possibile mina vagante del torneo. 4-0, non chiacchiere, e passivo anche contenuto per quanto visto sul terreno di gioco. Spettacolare prova di forza e tre su tre. 9 punti in classifica e Milan raggiunto, ripreso proprio prima di un derby che si prospetta incandescente. 8 gol segnati e 0 subiti. Tantissime occasioni e praticamente zero sofferenza dietro (Sommer chiamato un paio di volte nel secondo tempo all’ordinaria amministrazione). Dopo l’esordio casalingo con il Monza e la bella prova di Cagliari, Inzaghi e ragazzi, hanno così messo il primo punto esclamativo della stagione, allontanando per il momento i moltissimi dubbi nati sotto l’ombrellone. Sì, perché l’Inter gioca bene, molto bene, gira alla perfezione, esattamente come nei momenti migliori della passata stagione. Perché capitan Lautaro Martinez, con i due di ieri già al quinto gol in campionato, è sempre più top player, icona e anima. Perché i grandi nomi rimasti, per esempio quelli in mezzo al campo (Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan) continuano a regalare calcio, a muoversi sul rettangolo in maniera perfetta, coordinata e armoniosa. Perché, i nuovi, soprattutto Thuram, l’unico al momento titolare, sta dimostrando di essere giocatore forte, presente e con margini di miglioramento non indifferenti. E perché alla fine, per quanto forte sia il mal di testa dell’estate, quello subito dai tifosi e dal duo Marotta-Ausilio, il piccolissimo particolare rappresenta la sola risposta. Il particolare si chiama campo…
Avvio perfetto per l’Inter, che dopo la sosta, potrà contare anche sugli ultimi arrivati Sanchez, Pavard e Klassen.
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