“Il Natale quando arriva, arriva”, si dice. La sosta invece è arrivata a pennello. Al momento giusto per riordinare le idee, prendersi qualche giorno di riposo da trascorrere in famiglia, magari al caldo di qualche paese tropicale.
Sì, perché dopo un avvio di stagione convincente (soprattutto dal punto di vista dei risultati) l’ultimo periodo ha lasciato qualche strascico di preoccupazione a cui non si era più abituati.
Otto anni di vittorie, seppur tra gli italici confini, ci hanno cambiato. Probabilmente ci hanno cambiato al punto tale da averci fatto perdere il senso della realtà. Una realtà che è quella di un profondo cambiamento. E se questo non saremo bravi a mettercelo in testa, e anche in fretta, finiremo per trascendere nel ridicolo di una contestazione a una società che ha ridato lustro alla sua immagine.
È verissimo che il tanto auspicato “Sarrismo” si è visto a piccole dosi e a corrente molto alternata, ma in questi giorni di pausa, riflettendoci, va detto che cambiare mentalità a un gruppo abituato a giocare in un modo da cinque anni non è cosa immediata né tantomeno semplice. La Juventus ha scelto di intraprendere la strada che porta al successo dominando. Ci riuscirà? Lo vedremo, ma era ciò che tutti quanti volevamo.
La Juventus ha rimediato due sconfitte abbastanza analoghe nel giro di due settimane ad opera della Lazio di Simone Inzaghi. Bravi i biancocelesti, per carità, ma con tutto il rispetto, giacché si è scelto di cambiare, preferisco un calcio diverso. Un calcio che non preveda 11 giocatori dietro la linea della palla, e fatto di ripartenze “killer” e veloci, ma un calcio che mi veda padrone del gioco e del pallone. E dal momento che si è deciso per questo calcio diverso voglio aspettare la fine della stagione prima di emettere amare sentenze.
Ricordo i mille e più mila tifosi che all’arrivo di Massimiliano Allegri inveirono salvo poi salire sul carro del mister. Io non ero certo entusiasta ma era il mio allenatore, mi fece vincere e mi conquistò. Di quei millemila molti restarono a bordo, molti altri saltarono giù dal carro. La situazione odierna non è molto difforme, la differenza la fanno gli otto anni di buone abitudini, di successi e di gioie che ci hanno reso fin troppo “fighetti” e l’avversario che all’orizzonte potrebbe giocarti lo scherzetto.
E quando leggo di gente disposta solo alla critica verso Allegri, Agnelli o lo stesso Paratici, piuttosto che Mandzukic, fresco di rescissione, penso a quanto sia irriconoscente l’essere umano.
Da Cardiff in poi, l’ho detto, qualcosa è cambiato e la Juventus, che è un’azienda, aveva necessità di rinnovarsi. Allegri va ringraziato per i successi che ci ha regalato, Agnelli per aver portato la Juventus così in alto nel panorama mondiale, Mandzukic per aver dato tutto con la maglia bianconera anche se le volte in cui è partito dalla panchina è stato spesso disastroso. Infine Paratici. Male a giudicare il mercato oggi. Ma troppo facile. La verità sta nel mezzo. Come tutti i grandi club europei anche alla Juve non è riuscito di piazzare gli esuberi, pur avendoci ripetutamente provato.
Era al suo primo anno da Responsabile unico del mercato, lui che ha sempre avuto quale innata qualità quella dello scouting. Il primo anno è stato molto difficile, ma il giudizio, quello più veritiero sarà dall’esito del prossimo calciomercato.
Intanto il 2019 è giunto all’epilogo e la Juventus vi si congeda da capolista in Serie A, seppur a braccetto con l’Inter, e da prima classificata nei gironi di Champions League, con l’ottavo di finale da giocare contro l’Olympique Lione.
Vorrei ricordare a tutti coloro che si sono spesi per rimarcare una situazione economico/finanziaria disastrosa del club bianconero, specie dopo l’emissione di bond da 175 milioni di euro, che un’operazione simile fu fatta dall’Inter nel 2017 per un importo decisamente superiore grazie all’emissione di un bond da 300 milioni di euro. Senza dimenticare che addirittura 20 anni prima la stessa operazione fu messa in atto dalla Lazio dell’allora Presidente Sergio Cragnotti.
Vorrei altresì ricordare, a tutti coloro i quali si sono spesi per definire Cristiano Ronaldo un giocatore finito all’età di 34 anni, che spesso sono gli stessi che oggi inneggiano al ritorno nella nostra Serie A, di Zlatan Ibrahimovic, che lo svedese, giocatore tanto supponente quanto impattante, di anni ne ha 38, e alle spalle ne ha quasi 2 lontano dal calcio che conta. Vogliamo chiamarla programmazione? Oppure operazione di marketing? O ancora grande colpo di mercato?
Per avere tutti quanti la bocca storta, il fegato “ingastrito” e la puzza sotto al naso, direi che non c’è malaccio. Poteva decisamente andare peggio.
FONTE: IL BLOG DI LUCA GRAMELLINI
https://lgramellini.altervista.org/6-mesi-di-sarri-e-8-anni-di-vittorie/
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