DOPO LE ACCUSE DI CORRUZIONE DEL 2019 LE NUOVE INTERCETTAZIONI DEMOLISCONO LA CREDIBILITÀ DEL MAGISTRATO CHE NEL 2006 CONTRIBUÌ A DARE LINFA ALLA VICENDA CALCIOPOLI.
Nel periodo certamente più difficile dell’era moderna nulla è stato risparmiato. E come spesso accade nei momenti di difficoltà tante magagne sono venute al pettine.
Una di quelle che più mi è balzata all’occhio, non fosse altro per il doppio legame politico-sportivo, sono le intercettazioni che hanno visto coinvolto un paio di magistrati, uno dei quali chiamasi Luca Palamara.
Per chi non lo sapesse, o eventualmente non lo ricordasse, il Dott. Palamara altri non è che il Pubblico Ministero che nella primavera del 2006 fu uno dei capisaldi della vicenda “Calciopoli” e in particolare del filone legato alla GEA di cui il figlio dell’ex dg della Juventus, Alessandro Moggi, era Presidente.
Ci sono ruoli istituzionali che impongono, proprio perché così rilevanti, un’etica comportamentale che non può essere quella del comune cittadino. Fu così per Silvio Berlusconi, quando nell’allora veste di Presidente del Consiglio, intercettato, emersero fatti inaccettabili per chi ricopre quel ruolo istituzionale, è così per un arbitro di sport, giudice super-partes, e non può non essere così, a maggior ragione, per un magistrato che, nel preciso momento in cui nel corso di un’intercettazione si lascia andare alle frasi a cui si è abbandonato Luca Palamara, non può più esser credibile nell’esercizio delle proprie funzioni.
Nello specifico quella frase “Salvini ha ragione, ma ora occorre attaccarlo!” indipendentemente a chi fosse stata indirizzata da sinistra a destra, e lo sottolineo a caratteri cubitali, è quanto di più indifendibile si possa sentire da un magistrato.
E qui come spesso accade “Casca l’asino” o se preferite si potrebbe dire “Chi la fa’ l’aspetti”, “Chi di spada ferisce, di spada perisce”, anche se in realtà sono metafore o proverbi che più si addicono alla vita quotidiana, a noi comuni mortali, non ad un magistrato che non dovrebbe né farla, né aspettarla perché semplicemente dovrebbe rappresentare la legge, la giustizia e lo status di integerrimo.
Ed invece a seguito delle suddette intercettazioni il pm, che attraverso le stesse nel 2006 costruì la cosiddetta “combriccola romana“, ovvero arbitri di Roma poi tutti assolti, si ritrova oggi (non da oggi per la verità) indagato per corruzione presso la Procura della Repubblica di Perugia ed ora invischiato per le frasi intercettate nei confronti di un esponente politico facendo così cadere totalmente la propria credibilità e quella di un processo (Farsopoli) che per altro ai miei occhi di credibilità non ne ha mai avuta.
E dopo le uscite nell’estate del 2019 anche in questi giorni il Direttore Luciano Moggi, dal suo profilo ufficiale Twitter, non ha risparmiato bordate a Palamara chiamando in causa l’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga.