A pochi giorni dalla ripartenza del calcio ho avuto il piacere e l’onore di contattare telefonicamente l’ex Direttore Generale bianconero Luciano Moggi. Ricordo quando ero ancora un ragazzo e ammiravo quel dirigente che con “pochi spiccioli” aveva la capacità di costruire grandi squadre. Il mondo del calcio mi ha sempre affascinato e poterlo ascoltare direttamente dalla voce di uno dei più grandi dirigenti del calcio moderno è un qualcosa che solo chi mi conosce bene e mi sta accanto può comprendere fino in fondo. A chi mi ha consentito di realizzare quello che per il sottoscritto è un sogno e al Direttore stesso va il mio infinito grazie.
Buongiorno Direttore, dopo 3 mesi di stop forzato il calcio è pronto a ripartire e tra pochi giorni sarà tempo di Coppa Italia. Come ritiene che ci arrivi la Juventus? Chi, tra le quattro semifinaliste, vede favorita per la vittoria finale?
“Certamente tutte le squadre arrivano all’appuntamento in condizioni non eccezionali, su questo non c’è dubbio. Poi il fatto che in tre giorni si debbano giocare semifinali e finale di sicuro non aiuta, ma ognuno dovrà fare di necessità virtù. Nella semifinale tra Juventus e Milan vedo favoriti i bianconeri, già forti del vantaggio dell’andata e con un Milan privo di Ibrahimovic infortunato e Theo Hernandez e Castillejo squalificati. La Juventus era già di per sé superiore, figuriamoci con l’assenza dei tre giocatori citati. Nell’altra semifinale tra Napoli ed Inter vedo il Napoli favorito anche grazie all’1-0 di San Siro, però va anche detto che in questo momento un po’ tutti i valori potrebbero essere ribaltati dal campo. Sulla carta, per il carisma e la forza, la favorita per la vittoria potrebbe essere la Juventus, ma bisognerà vedere lo stato d’animo e di forma fisica dei giocatori dopo le due semifinali. Solo in quel momento si potrà dire chi è la favorita o meno. Come nome certamente la Juventus, ma il campo potrebbe ribaltare i pronostici”.
Subito dopo la Coppa Italia ripartirà anche il campionato. 12 giornate da vivere intensamente. Qual è il punto di vista di Luciano Moggi sulla ripartenza e chi del terzetto di testa ritiene favorita?
“Mah.. io credo che lo Scudetto potrebbe decidersi tra Lazio e Juventus anche se il discorso fatto per la Coppa Italia vale anche per il Campionato. Inizialmente sarà molto importante partire bene portando a casa risultati positivi che aiuteranno ad incrementare l’autostima. Se poi l’Inter dovesse battere la Sampdoria nel recupero potrebbe continuare a sperare di inserirsi anche perché è un campionato così anomalo dove non ci sono squadre con un ottimo stato di forma, per cui parlare di un sicura favorita si fa’ fatica. Se però mi viene chiesto chi è favorita per lo Scudetto io dico la Juventus con la Lazio subito dopo“.
Andrea Agnelli ha ribadito più volte che non accetterebbe verdetti che non siano quelli determinati dal campo. Classe, una lezione a chi accettò uno scudetto non vinto sul campo o una strada per ammorbidire la FIGC sulla restituzione degli scudetti revocati? Lei cosa ne pensa?
“Io non vorrei entrare nel merito di questo perché ho già discusso tanto di queste cose e si fa’ fatica a parlarne. Agnelli ha detto, senza pensare tanto ad altre cose e a prescindere da tutto, che non accetterebbe uno scudetto che gli venisse regalato. In pratica è ciò che è successo ad altri che invece se lo son preso eccome, ma cosa volete farci?“
Lei ha avuto un eccellente rapporto col Dottor Umberto Agnelli. In breve può raccontarci che persona era il Dottore?
“Confermo, rapporto eccellente. Io praticamente arrivai alla Juventus col Dottor Umberto Agnelli, questo però non significa che l’Avvocato non mi avesse preso in simpatia, anzi tutt’altro. Il Dottore Agnelli era un uomo di grande spessore che quando dava la fiducia ad un’altra persona lo faceva in maniera incondizionata. Non interferiva mai, chiedeva soltanto di essere tenuto al corrente di tutto quello che succedeva. Ci sentivamo tutte le mattine e mi chiedeva: “Comandante che novità abbiamo?” ed io gli raccontavo quello che succedeva. Con lui ho vissuto un’esperienza talmente eccezionale e una possibilità di lavorare veramente nel verso giusto per il calcio e per la bellezza del calcio che serbo un ricordo bellissimo. Era un Presidente che non aveva le mire di mettersi in evidenza, perché non ne aveva bisogno, aveva soltanto le mire di far bene e di far fare bene a chi operava“.
L’attualità mi porta ad una considerazione su Luca Palamara. Le intercettazioni che hanno visto coinvolto il pm, che conobbe ai tempi del processo GEA, cos’hanno significato per Luciano Moggi?
“Hanno significato quello che sapevo già e cioè che era uno che per farsi strada voleva inquadrare qualcosa di importante a livello nazionale e scelse il calcio. Nella sostanza lui da sconosciuto divenne conosciutissimo, il Processo non gli andò bene perché le accuse di associazione a delinquere e violenza privata franarono tutte quante però cavalcando l’onda di quel Processo, per sua stessa ammissione quando fu ospite da Giletti a “Non è l’Arena”, si è fatto strada e ha fatto carriera diventando anche il capo dell’ANM (l’Associazione Nazionale Magistrati). In pratica con queste intercettazioni che sono emerse si può dire che, chi di spada ferisce, di spada perisce. Qui calza a pennello perché Palamara mise in circolazione delle intercettazioni che nulla avevano a che fare con il Processo ed ora che se le ritrova contro lui stesso dice che gli dispiace per quello che avvenne. Solo ora che è coinvolto lui lo dice: un po’ tardi non crede?“.
Torniamo al calcio giocato. Ad agosto ripartirà anche la Champions League. Lei crede che la Juventus potrà recitare un ruolo da protagonista o lo stop dovuto al Covid19 renderà tutto una grande incognita?
“Ecco, l’ultima frase è quella che conta. Il Covid renderà tutto una grossissima incognita. Ieri ad esempio pensavo che essendoci stato questo Covid ed essendo iniziato il campionato tedesco molto prima di quello italiano, noi italiani saremmo arrivati all’appuntamento con la Champions più freschi e riposati. Alla luce dei fatti non è così perché il campionato tedesco finirà molto prima ed i tedeschi avranno modo di riposarsi e prepararsi molto di più, mentre noi italiani dovremo finire il campionato e questo potrebbe influire non poco. La Juventus, però, ha dalla sua una panchina robusta e questo potrebbe ovviare a qualsiasi inconveniente. Certo è che anche questa sarà una Coppa indubbiamente anomala“.
In questi giorni si parla tanto di mercato. Se lei fosse ancora il Direttore Generale della Juventus cosa farebbe innanzitutto per migliorare l’attuale rosa bianconera?
“Per prima cosa guarderei chi ho dentro allo spogliatoio, uomini ma soprattutto professionisti, farei un esame delle caratteristiche di questi giocatori e andrei sul mercato per completare la rosa con l’acquisto di giocatori con caratteristiche complementari e quindi mancanti rispetto a quelli presenti nello spogliatoio“.
C’è un nome su tutti che stuzzica Luciano Moggi?
“Beh.. un nome su tutti c’è: Luciano Moggi!“.
La Juventus l’estate scorsa scelse di cambiare Massimiliano Allegri dopo un quinquennio di successi. Fu una svolta radicale, di filosofia di gioco e non solo. Moggi avrebbe cambiato? E nel caso, avrebbe puntato su Maurizio Sarri o su un giovane emergente?
“Non essendo più dirigente della Juventus non ho il metro di giudizio che sarebbe stato quello dei tifosi sul vecchio allenatore Massimiliano Allegri. Praticamente avrei soltanto fatto un esame di coscienza sulla volontà o meno di cambiare gioco. Certo è che se vuoi cambiare gioco per prima cosa devi dare a quell’allenatore nuovo i giocatori attinenti al gioco che vuole fare lui. Questo avrei pensato e fatto. Non so se è stato fatto per cui il problema di fondo resta una Juve che non è migliorata nel gioco, assolutamente, ma è una Juve comunque prima in classifica. Se da una parte non ha meritato per la qualità del gioco espresso ha però meritato per il percorso di vittorie conquistate“.
Da ragazzo avevo un sogno. Conoscere Alessandro Del Piero e Zinedine Zidane. Oggi ho la fortuna di chiedere, a chi questi due fenomeni del calcio li ha conosciuti bene, due episodi che lo legano ai due grandi numeri 10.
“Del Piero (e lo rimarca due volte) per me è stato una cosa eccezionale perché quando arrivai alla Juventus, la Juve stessa lo aveva ceduto al Parma e così dovetti andare a New York per incontrare il Direttore Pastorello. Rimasi là per quindici giorni perché c’era la Nazionale italiana e dopo una lunga trattativa riuscii a convincere il Presidente del Parma a ridarmi indietro Del Piero in cambio di Dino Baggio. Ho avuto grandi soddisfazioni per quello che Del Piero ha fatto perché in una squadra in forma era tutto: era il centrocampista migliore ed era l’attaccante migliore. Dire di lui che era un campione è dire poco. Per quanto riguarda Zidane, la sorpresa mi venne in forma negativa un mesetto dopo averlo preso. Dopo averlo visto dare spettacolo nella doppia sfida di Champions Milan-Bordeaux, lo vidi a Montecarlo all’Europeo fermo completamente. Lì espressi i miei dubbi ad Antonio Giraudo, ma poi venni a sapere che Zidane era rimasto vittima di un incidente stradale che lo tenne fermo diverso tempo. A quel punto mi tranquillizzai perché sapevo di aver preso un giocatore eccezionale quale poi si è rivelato essere sul campo“.
Qual è stata la trattativa di trasferimento più difficile che abbia condotto?
“La più difficile è stata indubbiamente quella per il trasferimento di Vieri all’Atletico Madrid“.
Posso chiederle, se c’è, qual è il suo più grande rimpianto in fatto di calciatori che non è riuscito ad acquistare?
“Sicuramente Cristiano Ronaldo quando era un ragazzino. L’avevo già preso, avevamo stipulato i contratti con lo Sporting Lisbona ed era venuto a Torino per fare le visite mediche. Salas aveva accettato di andare allo Sporting poi ad un certo punto ricevette una telefonata dall’Argentina in cui gli comunicarono che il River Plate lo voleva e lui rifiutò di trasferirsi a Lisbona. A quel punto intervenne Alex Ferguson con il Manchester United che con 31 miliardi delle vecchie lire ce lo strappò anche perché noi non avevamo possibilità di spendere e dovemmo lasciar perdere“.
Qual è l’allenatore a cui è maggiormente legato?
“Sono legato a tutti gli allenatori che ho portato nelle mie squadre ma soprattutto a Capello e a Lippi“.
La Juventus è arrivata tante volte in finale di Champions fallendo quasi sempre l’appuntamento decisivo. Lei che l’ha anche vissuta diverse volte sulla sua pelle che spiegazione si è dato?
“Eh.. (segue un lungo sospiro) una volta abbiamo perso ad Amsterdam contro il Real Madrid con un gol in fuorigioco di Mijatovic. Un’altra volta abbiamo perso un’altra partita che secondo me non avremmo dovuto perdere, a Monaco di Baviera, contro il Borussia Dortmund. Le dico cosa successe quella settimana per dirle che poi quasi tutte sono state coinvolgenti e caratterizzate alla stessa maniera. Quella settimana vincemmo il Campionato pareggiando 1-1 a Bergamo e subito dovemmo andare a giocare la finale di Coppa dei Campioni. Quando si vince un campionato, l’adrenalina e lo stress scendono e anche non volendo non si è più quelli di prima. Se invece c’è la possibilità di giocare la partita a distanza di venti giorni si recupera tutto, ma a distanza neanche di una settimana non si recupera niente. Questo è stato spesso il male della Juventus che consuma troppo in Italia arrivando agli appuntamenti europei con questi evidenti cali di tensione“.
L’estate scorsa Fabio Paratici fu costretto a condurre il suo primo calciomercato orfano di Beppe Marotta. Lei, che fu un maestro in materia, cosa pensa dello scorso mercato bianconero?
“Se la Juve è prima in classifica mi sembra che sia stato condotto bene. Eventualmente il dubbio potrebbe venire se una Juve che punta al primato si ritrovasse a metà classifica. In questo caso di per sé la domanda presuppone la risposta ed io credo che abbia operato bene“.
In tanti hanno criticato l’operato di Paratici. Secondo lei avrebbe bisogno di un Direttore Generale accanto e dedicarsi a scoprire talenti o può continuare sulla strada intrapresa dall’addio di Marotta?
“Questa è una domanda che bisogna rivolgere al Presidente, al Dottor Agnelli“.
Siamo in conclusione e non posso non chiederle cosa ne pensa dell’Inter di oggi?
“Beh l’Inter di oggi è sicuramente un’Inter diversa, sono finiti i tempi di Moratti in cui lui comprava i giocatori vedendoli sul teleschermo: ecco perché furono acquistati Hakan Sukur, Taribo West e tanti altri di cui ora è inutile fare tutto l’elenco o perché furono cambiati diciannove allenatori in diciannove anni, mentre noi ne avevamo cambiati tre soltanto. Questa è un’Inter diversa con un Presidente ancora giovane, ma guidato molto bene. Poi c’è Beppe Marotta che è sicuramente il miglior dirigente che c’è oggi nel calcio italiano e che tiene a bada un po’ tutte le cose cercando di non fare grosse dichiarazioni ed evitando gli allarmismi dell’Inter di Moratti“.
Direttore la ringrazio infinitamente per la cortesia, la disponibilità e l’opportunità offertami.
“Di nulla si figuri è stato un piacere“.
FONTE: IL BLOG DI LUCA GRAMELLINI