Articolo di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
Il disco omonimo dei Metallica, noto come The Black Album per via della copertina, che piaccia o non piaccia, ha avuto la straordinaria capacità di portare definitivamente il metal al grande pubblico. Oltre 25 milioni di copie vendute, 500 settimane in classifica negli Stati Uniti e una valanga di riconoscimenti. Uscito nel 1991, il lavoro rappresenta una vera e propria svolta nella carriera del gruppo. Dopo aver raggiunto la fama nel decennio precedente con Kill’Em All, Ride the Lightning, Master of Puppets e …And Justice for All, capolavori trash e speed metal, feroci come lupi affamati e cattivi all’inverosimile, la band californiana, guidata dal discusso produttore Bob Rock, sforna un prodotto diretto e appetibile. Senza troppi giri di parole, Metallica è metal destinato a tutti. Come spesso accade davanti ai numeri grossi e ai cambiamenti di rotta che, in modo più o meno conscio, si avvicinano alla massa, anche il Black Album continua a far arrabbiare i fans di vecchia data e i fondamentalisti del metal più puro. Pazienza, io sostengo e sosterrò sempre la buona musica a prescindere da tutto. E tanto basta.
La mano forte di Bob Rock, famoso per aver reso più radiofonico l’heavy o l’hard rock (Mötley Crüe e Bon Jovi), si percepisce notevolmente. Come testimoniano i filmati A Year and a Half in the Life of Metallica e Classic Albums, il fonico di Vancouver ha stravolto letteralmente i metodi di lavoro dei four horsemen, mandando quasi in fumo serenità ed equilibrio, alimentando polemiche e richiamando un sacco di insulti e di antipatie dal mondo esterno. La produzione travagliata e confusionaria del disco, un milione di dollari spesi, porta diverse tensioni e uccide definitivamente tre matrimoni, quelli del batterista Lars Ulrich, del chitarrista Kirk Hammett e del bassista Jason Newsted. Non male, direi. Un’infinità di takes, cambiamenti in corsa, ben tre mix e un anno intensissimo di lavoro. Ma il fine, come si dice, giustifica i mezzi: Metallica è finalmente pronto e suona magistralmente.
Gli strumenti viaggiano alla grande, gli interpreti sono tutti in forma smagliante, Ulrich in particolar modo. I brani sono fortissimi e il cantato di James Hetfield, molto più soft rispetto al passato, è eccellente. Un disco spedito, accattivante e sopratutto efficacissimo. Il clima è molto simile a quello di un live, complice sicuramente la scelta di registrare tutto in contemporanea e in presa diretta. I principali singoli estratti, Enter Sandman (Grammy Award nel 1992), The Unforgiven e Nothing Else Matters fanno scintille. Proprio quest’ultima canzone, per molti la più celebre della band, con il supporto dalla sensazionale sezione orchestrale del compositore Michael Kamen, attesta in maniera significativa le avventurose immersioni dei Metallica in nuove e differenti acque. Insomma, stiamo parlando di bellezza.
I testi di Hetfield scavano a fondo, trattano temi personali e dal forte sapore introspettivo. Una maturazione concreta, stimolata persino da Bob Dylan o da John Lennon e supervisionata ancora una volta da Bob Rock, che pretende il massimo impegno dalla penna del cantante-chitarrista di Downey. Troviamo per esempio le paure infantili di Enter Sandman, i rimpianti di un uomo vittima di un mondo conforme in The Unforgiven, il mito della licantropia di Of Wolf and Man o i rifermenti bellici e rivoluzionari di Don’t Tread On Me, omaggio alla storica bandiera americana di Gadsden, che con il suo serpente ispira proprio la copertina oscura del nostro caro Black Album.
Il disco è un pezzo pregiato della storia del rock, un lavoro che stravolge di brutto le regole. Le sonorità sono a dir poco proverbiali, amate da chissà quanti musicisti, metallari e non metallari. Tanta roba, tantissima, e stella al merito per aver portato il genere in tutte le case del mondo, anche in quelle più propense all’ascolto morbido.
La collaborazione tra i Metallica e Bob Rock, nonostante i casini, le polemiche e la diffidenza da parte dei fans, termina soltanto nel 2003, anno del poco apprezzato St.Anger. In ogni caso Metallica, il disco nero, resta il più grande successo commerciale della band, con o senza la benedizione dell’esercito del metal.