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Perché gli stati fanno debito | Luigi Pecchioli

Dopo aver introdotto alcuni concetti di base vediamo oggi di esaminare un tema che è onnipresente nelle discussioni economiche e che ci viene presentato come la ragione principe dei nostri problemi e della nostra fragilità, oltre che naturalmente una colpa da espiare (d’altronde in tedesco debito e colpa si dicono allo stesso modo, schuld, e ciò la dice lunga su quanto abbiamo sbagliato a essere con loro in una unione monetaria…): il debito pubblico.

Prima di iniziare mi preme darvi un metodo ermeneutico: l’etica non è misura dell’economia. Quando sentite i termini etici (virtuoso, vizioso, colpa, merito, ecc.) utilizzati per definire dei concetti o delle dinamiche economiche diffidate fortemente: o sono persone che cercano scientemente di utilizzare la leva emotiva non avendo forti ragioni logiche per sostenere una tesi, o sono semplicemente degli ignoranti indottrinati che ripetono, credendoci, quanto detto dalle persone suddette. In ambedue i casi stanno cercando di fuorviare il vostro giudizio.

Fatta questa fondamentale premessa vediamo cos’è il debito pubblico e perché tutti gli Stati lo fanno, maggiormente quelli ad economia avanzata.

Intanto la denominazione di “debito pubblico” si presta a fraintendimenti, spesso voluti. Il termine “pubblico” infatti può far pensare all’insieme dei cittadini, di tutti noi che formiamo la società; ad esempio nelle frasi “interesse pubblico”, “ordine pubblico” o nella locuzione “tutela della salute pubblica” il termine “pubblico” indica la generalità dei cittadini, la società nel suo complesso. La conseguenza è che il “debito pubblico” per quasi tutti tende a essere identificato nel debito dei cittadini, di tutti noi e da qui gli articoli che ogni tanto ripropongono su quanto ciascuno ha sulle spalle, fin dalla nascita, 20.000 o più euro di debito per colpa dello Stato.

Debito pubblico” è invece la forma abbreviata di “debito delle amministrazioni pubbliche”, quindi debito di competenza degli enti pubblici e dello Stato, ma non dei cittadini. Qui pertanto “pubblico” ha il significato squisitamente giuridico di apparato pubblico, ovvero di quell’insieme articolato di enti, territoriali e non, che forma l’Amministrazione e che si contrappone al “privato” che è l’insieme degli operatori e soggetti diversi dalla P.A., quindi cittadini, famiglie e imprese. Il debito pubblico non è quindi il debito di ciascuno di noi, e questa è già una notizia, perché ci libera da quel fardello che secondo i media ci grava sulle spalle: non vi sentite più leggeri?

Ma perché le amministrazioni fanno debito? Non ci sono forse le tasse che ognuno di noi versa per la spesa necessaria a far funzionare lo Stato? Perché devono spendere di più? La ragione è semplice: lo Stato spende più di quanto incassa per farci risparmiare e poter accumulare ricchezza. Guardate questo grafico elaborato dall’economista Stephanie Kelton, proprio per l’Italia:

La linea in basso rappresenta il deficit pubblico; se vi ricordate abbiamo detto qui che il debito pubblico non è altro che la somma dei deficit pubblici fatti nel tempo, quindi la linea in basso rappresenta anche la crescita del debito pubblico. La linea in alto rappresenta invece il saldo, positivo o negativo, delle entrate ed uscite del settore privato, quindi la crescita della ricchezza privata. Notate niente? Le due spezzate procedono specularmente: a maggior crescita del debito pubblico corrisponde maggior risparmio privato e più lo Stato è “virtuoso” e non fa deficit, meno risparmio si forma e meno ricchezza si accumula da parte del settore privato.

Perché tutto ciò? Perché se davvero lo Stato spendesse solo le entrate tributarie avremmo due possibilità: o facciamo a meno di assistenza, welfare, servizi e pensioni pubblici o ci sveniamo per averli. Se dovessimo pagarci di tasca nostra ospedali, scuole e quanto ci dà lo Stato e gli altri enti pubblici e pagare a costo pieno i servizi ed i beni pubblici che utilizziamo, non ci rimarrebbe nulla e soprattutto alcuni di noi non potrebbero neanche permetterseli. La ragione dell’intervento dello Stato infatti è quello di poter portare tutti a godere dei diritti considerati dovuti in una società moderna e avanzata. Questo peraltro è il senso dell’art. 3 comma II della nostra Costituzione. Lo Stato quindi fa deficit per far sì che i servizi offerti abbiano un costo affrontabile da tutti e per permetterci così di risparmiare e accumulare ricchezza e benessere.

Il debito pubblico deve essere ripagato? Chiaramente no. Ripagarlo significherebbe fare surplus, tagliare la spesa corrente a livello maggiore delle entrate, quindi come abbiamo visto la riduzione della ricchezza privata, perché, come spiegato sopra, se lo Stato n0n ti eroga più un servizio efficiente o te lo fa pagare di più, in ambedue i casi sei costretto a spendere una maggiore somma, o per averlo dal privato (che vuole la sua remunerazione) se lo Stato non lo offre più e desideri averlo, o perché costa di più quello pubblico. Vi suona familiare? Non sbagliate, è quello che è accaduto negli ultimi decenni: i tagli alla spesa pubblica che hanno portato ad avanzi primari (cioè al netto della spesa per interessi) hanno peggiorato se non a volte tolti i servizi, costringendo chi poteva a rivolgersi ai privati e ridotto l’accumulazione del nuovo risparmio, erodendo a volte anche quello vecchio. In pratica per avere (quasi) lo stesso tenore di vita abbiamo usato i risparmi accantonati.

Il debito pubblico deve solo essere rinnovato, attraverso nuove emissioni di titoli di Stato alla scadenza di quelli già emessi e il suo fisiologico aumento finanziato con nuovi titoli. Si può fare quindi debito senza limiti? Logicamente no. Il limite del debito pubblico è la sua sostenibilità, ovvero il fatto che l’economia cresca abbastanza per permettere il costo del suo finanziamento, rappresentato dall’interesse sui titoli di Stato. Evidentemente se la spesa dello Stato va a favore dello sviluppo del lavoro e della crescita economica lo Stato non avrà problemi a sostenere il debito attraverso il gettito fiscale e il rafforzamento del peso economico del Paese porterà ad una più facile sottoscrizione del suo rinnovo a tassi minori. Un buon esempio è il Giappone che non ha problema a rifinanziare il suo enorme debito, pari al 236% del PIL, a tassi bassissimi, perché il Paese è considerato prospero ed economicamente solido.

Il discorso sul debito e le ragioni per cui può o meno creare problemi a uno Stato sarebbe complesso da approfondire, ma quello che conta è sapere che il debito pubblico non è un costo per il cittadino, ma una risorsa e che non c’è nessun automatico rapporto fra debito alto e fragilità economica. Il debito non è una colpa e con l’attuazione di politiche adeguate (non quindi quelle avute in Italia fino a oggi) non è affatto un peso, né sulle generazioni attuali, né su quelle future, come vogliono farci credere. Averne consapevolezza è già compiere un gran passo avanti.

Alla prossima.

Luigi Pecchioli @lupecchioli

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