Il primo portiere straniero della storia della Juventus, nasce e cresce nel vivaio dell’Ajax; fino a sedici anni, Edwin, non pensa affatto che il suo futuro possa essere quello del calciatore. Il giovane olandese si preoccupa solamente di prendere il diploma di commerciante per aprire un negozio nella sua Voorhout. Gioca saltuariamente a calcio con gli amici, in una piccola squadra dilettantistica dal nome quasi impronunciabile, il Noordwijk. Come tutti gli olandesi, anche Edwin conosce benissimo la fama dell’Ajax e, quando un emissario della formazione più famosa d’Olanda lo va a visionare e gli propone un contratto, non ci pensa due volte e si trasferisce ad Amsterdam.
Dalla capitale olandese parte la sua inarrestabile ascesa: da terzo portiere dell’Ajax in un paio di anni diventa titolare e nella squadra allenata da Van Gaal, vince tutto. Van der Sar è un gigante, essendo alto un metro e novantasei centimetri: ottimo piazzamento, dotato di buon occhio e di una buona presa, ha forse il difetto di essere docile di carattere e di mortificarsi troppo dopo un errore commesso.
Per qualche stagione gli “Aiaci” sono la squadra più forte in Europa, fino alla sconfitta contro la Juventus nella finale di Champions League nel 1996, a Roma. Un segno del destino, forse. Diventa anche portiere titolare della Nazionale arancione che raggiunge, con molti rimpianti, il quarto posto al Mondiale francese del 1998. Edwin fornisce delle ottime prove, tanto da essere giudicato uno dei migliori portieri del torneo.
Nell’estate del 1999 Van der Sar lascia l’Ajax per vestire la maglia bianconera e sostituire, tra i pali, un monumento come Peruzzi, capitano della Juventus. L’eredità è molto pesante ma Edwin non sembra spaventarsi; non ha problemi a integrarsi nell’ambiente juventino, dove ritrova il compagno Davids, che lo aiuta anche con la lingua.
A proposito della differenza fra l’Ajax e la Juventus afferma: «Sono squadre ugualmente famose nell’area europea. Due enormi realtà che hanno conquistato anche il mondo. La Juventus vive, però una situazione più difficile, perché mentre in Olanda sono due o tre i club di vertice, da voi la concorrenza è più vasta e particolarmente feroce e qualificata. Qui, inoltre, un calciatore vive sotto pressioni molto robuste da parte di giornali e televisioni. Se perdi una partita con il Bari dopo quattro giorni se ne discute ancora, in Olanda non è così».
L’incontro con l’Avvocato e con il Dottore lo mette in seria difficoltà: «Gli Agnelli sono uomini di gran classe e amabili intenditori di calcio. Quando parlo con loro, e mi capita di frequente, mi sembra di perdere molti centimetri e di diventare piccolo piccolo».
La prima stagione bianconera si conclude senza infamia e senza lode; la Juventus perde il campionato all’ultima giornata, nella “piscina” di Perugia: «Era un campo impraticabile, non si doveva giocare», dice il gigante olandese, ma lo scudetto vola a Roma, sponda laziale.
Nel campionato successivo cominciano i dolori. La squadra non ingrana, è eliminata al primo turno della Coppa Italia dal Brescia di Hübner e non supera il primo girone di Champions League. Van der Sar è messo sul banco degli imputati, insieme a Zidane e Davids, colpevoli di qualche espulsione di troppo. Anche Ancelotti non sfugge alla pesante critica dei tifosi bianconeri, ma è sul portierone che sorgono i primi dubbi, soprattutto dopo la pessima prova di Atene contro il Panathinaikos: Van der Sar si lascia infilare da una punizione per niente irresistibile dell’ex Paulo Sousa e, nel secondo tempo, è espulso per doppia ammonizione.
La partita successiva, vede la Juventus affrontare la Lazio al Delle Alpi; molti chiedono la testa del portiere ma Ancelotti, nonostante la presenza di un portiere molto affidabile come Rampulla, schiera nuovamente in campo Van Der Sar. La sua prestazione è disastrosa: su un tiro centrale di Salas si tuffa dalla parte opposta e permette alla Lazio di pareggiare il goal iniziale di Tudor e, successivamente, è involontariamente colpito da una punizione bomba di Verón, che altrimenti non sarebbe mai riuscito a parare. È emotivamente distrutto e in campo si vede. I tifosi sono inferociti, piovono grida non molto gentili verso il portiere, cori coniugano pesanti rime con il suo cognome.
«È un periodo buio per me, non mi è mai successo in carriera, ma sono certo che presto tutto si risolverà. Non ho problemi di vista, nell’ultimo test è risultato tutto a posto, voglio riscattarmi con la Juventus e vorrei rimanere a Torino. Non c’è stato nessun faccia a faccia con Ancelotti, ci siamo parlati solo in generale, insieme con i compagni. Non avrei avuto comunque intenzione di chiedergli di riposare. È un brutto momento per me e la Juventus, ma lo supereremo insieme. Non m’importa se non ho la fiducia di qualche tifoso, l’importante è avere quella di società e compagni. Mi sono chiesto tante volte perché sto commettendo tutti questi errori, ma non ho saputo darmi risposta. Ho in mente soprattutto quelli con Udinese e Lazio, frutto di errori di piazzamento e quindi più gravi. La vista non c’entra: ogni anno, quando ci sottoponiamo alle visite mediche, ci fanno anche il test per gli occhi e per me è stato tutto OK. Non è nemmeno vero che ho fatto visite supplementari per la vista. È vero che si gioca in undici, ma io mi sento responsabile dei risultati negativi».
Ancelotti, anche lui colpevole di questa situazione, va avanti per la propria strada e Edwin resta a difendere la porta bianconera. Partita dopo partita, Van der Sar riacquista fiducia nei propri mezzi ma, proprio nella partita decisiva contro la Roma, si lascia sfuggire un innocuo tiro di Nakata, sul quale si avventa Montella che realizza il pareggio romanista, spegnendo definitivamente le speranze di scudetto juventine.
Logico che la società corra ai ripari; arriva il portiere più forte del mondo, Gianluigi Buffon e Edwin emigra in Inghilterra, al Fulham. Termina, così, nel modo peggiore, l’avventura bianconera di Van der Sar con la convinzione che il gigante olandese non abbia mai dimostrato le sue qualità.
Nella terra di Albione, Edwin, torna a essere il portiere affidabile e sicuro che era nell’Ajax e riesce anche a mantenere il posto in Nazionale, nonostante la concorrenza di portieri più giovani; lo troviamo così a difendere la porta olandese anche negli Europei greci del 2004. Le notevoli prestazioni di Van der Sar con la maglia bianca del Fulham, fanno salire le quotazioni del portiere a tal punto di vestire, l’anno successivo, la prestigiosa maglia del Manchester United e a disputare, sempre da titolare, il Mondiale tedesco del 2006 e l’Europeo del 2008.
GIACOMO ARICÒ “TUTTOJUVE.COM” 4 AGOSTO 2011:
Come dimenticarsi di quello spilungone olandese che arrivò a difendere i pali della Juventus nell’estate del 1999? Edwin Van der Sar ebbe subito un compito arduo appena vestì la maglia della Juventus, quello di sostituire Angelo Peruzzi. I tifosi più attenti e di buona memoria ricorderanno un suo prodigioso intervento alla seconda partita in campionato, un colpo di reni incredibile che evitò un pallonetto di Mboma a Cagliari, quelle braccia lunghe che arrivarono ad arpionare il pallone che si stava insaccando.
Il portiere il primo anno se la cavò egregiamente, fece il suo e la Juventus a un certo punto aveva mezzo scudetto cucito sul petto, andando a più nove dalla Lazio. Suscitava perfino simpatia quel ragazzo di quasi due metri, ingiustamente espulso contro l’Inter quando l’arbitro lo cacciò per un presunto intervento di mano fuori area (ma era nettamente sul petto). Poi quel tricolore scivolò, annegò a Perugia, Edwin fermo immobile sul destraccio di Calori. Quel giorno forse successe qualcosa anche a lui, abituato a vincere tutto con l’Ajax (già campione d’Europa nel 1995 contro il Milan) che però seppe conoscere dolori memorabili quando incrociò la Juventus nella finale di Champions League 1996 a Roma.
Non parò neanche un rigore in quella lotteria, dove anche Davids, negli “Aiaci”, ciccò come un dilettante regalando alla Juve e a Peruzzi il trionfo. Nel 1997 in semifinale ne beccò poi quattro a Torino dopo averne già incassati due ad Amsterdam.
Dicevamo, qualcosa successe, e Van der Sar non fu più lo stesso. Errori, uno dietro l’altro. Juve fuori dalla Champions contro il Panathinaikos per demerito soprattutto suo, uccellato dalla distanza dall’ex Paulo Sousa. In campionato un tiro di Salas, centrale e innocuo, lo fece svenire.
Nacque addirittura un’ironica e graffiante canzoncina ispirata a “Papaveri e papere”: “Lo sai che le tue papere son diventate tante, diventi preoccupante, metodico allarmante, se resterai tra i pali non vincerete nulla, se giocherà Rampulla, qualcosa parerà”, giusto per citarne uno stralcio.
L’olandese seppe reagire, la Juve tornò in alto, a un soffio dalla Roma di Capello. Meno tre e scontro diretto al Delle Alpi. Una manciata di minuti e Del Piero e Zidane portano i bianconeri sul 2-0. Manca poco e Nakata riapre. Poi ecco che Van der Sar, sempre su tiro del giapponese, decreta la fine della sua storia in bianconero, non bloccando il pallone ma anzi appoggiandolo a Montella: pareggio e secondo scudetto perso di fila.
La Juve lo scaricò per chi ancora oggi ne difende la porta, Gigi Buffon. Ma Van der Sar ha saputo sempre rialzarsi. Alti e bassi ma un palmarès vincente. Dopo la Juve il Fulham e il passaggio al Manchester United.
Per lui parlano i numeri e i trofei vinti, sempre da titolare: quattro campionati, tre Coppe di Lega, tre Community Shield, una Champions League e una Coppa del Mondo per Club, risultando spesso determinante per le sorti della sua squadra, parando rigori decisivi come nella finale a Mosca nel 2008 contro il Chelsea in Champions (eletto miglior portiere della competizione). Anche per la Nazionale Olandese ha rappresentato un punto fisso e inossidabile per il record di 130 presenze in campo internazionale.
Edwin, quarantuno anni, ieri ha salutato il mondo del calcio e lo ha fatto ad Amsterdam, dove ha scelto di mettere contro l’Ajax e una selezione di stelle straniere, tra cui Rooney, Giggs e Rio Ferdinand, compagni di squadra nello United, Kuyt, Davids e Bergkamp. 53.000 persone si sono alzate per salutare il portierone che ufficialmente ha chiuso con l’ennesima finale di Coppa dei Campioni, stavolta persa contro il Barça, all’alba dei quarantuno anni.
Una carriera memorabile, talmente avvincente tra cadute e risalite che anche i tifosi juventini gli hanno perdonato quei suoi grossolani errori. Nonostante tutto, un onore averlo avuto quei due anni, alla luce di tutto quello che si è riconquistato con il sudore e la fatica.
Applausi al campione, a Edwin Van der Sar.
http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/10/edwin-van-der-sar.html?m=1