Il volto degli anziani è un rebus, va intuito e ci vuole sensibilità. Quanta bellezza c’era? quanta ne è rimasta? Come si è trasformata? Mi dichiaro colpevole. Mia nonna l’ho vista sempre piccola, mia madre la guardava rimpicciolirsi. Cosí anche Califano. L’ho visto parlare di donne e di poesia e non gli ho creduto.
Poi un giorno ho letto di come Califano avesse scritto Minuetto interpretata da Mia Martini. C’era la musica e l’interprete ma mancava il testo. Al testo lavoravano due bravi (Maurizio Piccoli e Bruno Lauzi) ma non c’era verso ed il progetto fu vicino all’essere abortito. Per scrupolo, venne chiesto a Califano di fare un tentativo. Califano passò un’ora con Mia Martini. Lei gli parlò del suo amore “senza merletti” e lui in un pomeriggio scrisse Minuetto. Minuetto è bella perché è scorretta ed umana. È scorretta perché la protagonista sublima la relazione con un uomo sbagliato che le ha portato via i migliori anni della sua vita. È umana perché di lasciare l’uomo o la donna sbagliati lo si consiglia agli altri, mai a se stessi. L’umanità di minuetto mi ricorda quella di Jolene di Dollie Parton (vi consiglio l’ascolto della versione di Miley Cyrus, the backyard sessions). Protagonista è una donna che implora un’altra donna, piu’ bella e affascinante (Jolene), di non portarle via il marito. Come in Minuetto, l’umanita’ è esaltata nell’assenza di dignita’ che è purezza. I vinti di Califano sono così, molto diversi dagli umili di De Andre’. Quelli di De Andre’ sono eroi, straccioni e principi al contempo. Nella realtà non esistono, al massimo della realtà sono una singolarità. Le canzoni meravigliose invenzioni.
Nei vinti di Califano invece c’è Califano. Sono canzoni fatte con lo sputo mischiato con la polvere delle borgate. Un’immagine eloquente è quella descritta nella canzone “Io non Piango”. L’uomo del popolo non è altruista e piange solo quando si riconosce nello sguardo di un cane vagabondo. Loro due, due soli al mondo. Piange per se stesso e basta. È un tratto tipico della canzone tradizionale romana. Come in “Lella” (di Edoardo De Angelis). Un ragazzo del popolo ha una relazione con una donna ricca. Lei si stufa e lui la uccide sulla spiaggia. Dopo anni, il ragazzo racconta tutto ad un amico ma lo fa’ solo perché stanco di un segreto. Non ha rimorsi e nel posto in cui l’ha uccisa, qualche volta ritorna. Per andare al mare.
Il popolo di Califano è un popolo che confessa liberamente i suoi istinti e le sue azioni deplorevoli, che si autoassolve e che non lascia assolversi da chi non fa parte del popolo. Qui è la sua dignità. Come diceva Pasolini, il popolo delle borgate invidia solo i soldi e le cose del padrone. Non ne invidia e non scimmiotta il sistema di valori, la cultura. I ricchi non sanno niente della strada ed in strada, sono buoni al massimo per essere derubati. Quindi il popolo ruba non solo perché ha fame ma anche per una superiorità culturale. Ascolti Califano e vedi “Accattone” di Pasolini.
Il popolo che assolve il popolo ci porta all’ultima canzone di cui voglio parlarvi: Nun me portá a casa. Qui c’è anche il tema della donna come parte migliore del popolo e come collante della famiglia. Un buono a nulla parla con un amico al bar. Continua a parlare finché si fa tardi perché non vuole tornare a casa. Il motivo è che si vergogna. Di non saper fare nulla, di non riuscire a tenersi un lavoro, di essere cosí piccolo davanti ad una donna cosí grande e comprensiva. Il finale è dolcissimo. Nel parlare Il buono a nulla finalmente si riconosce un talento, qualcosa per cui sente di essere utile alla sua famiglia. È bravo a fare la spesa. Di questo, ovviamente, l’ha convinto sua moglie.