Gente di Amatrice, l’uomo e la sua casa
La casa è il luogo in cui i figli imparano la lingua dei padri, in cui si nutrono e crescono diventando quello che sono, la casa è custode della memoria e della nostra identità. È sempre stato così, dai tempi remoti in cui Hestia risiedeva nel megaron, al centro della casa accanto al suo focolare rotondo come un ombelico. L’omphalosche radica la casa alla terra, centro fisso e sacrosanto da cui si organizza e orienta lo spazio umano individuale e pubblico. Ombelico e cordone ombelicale, radice del ventre e radicamento dell’uomo, radicamento di un rampollo nella casa paterna e radicamento di una generazione nella generazione precedente.
Gente di Amatrice , l’uomo e la sua casa è un viaggio ad Amatrice e nei comuni vicini per raccogliere, fra le case distrutte, semplici ricordi del paese prima della distruzione, una raccolta di memorie individuali per ricomporre l’immagine di un paese che “non c’è più”, come disse il sindaco con voce rotta all’alba del giorno dopo. Una raccolta di ricordi per dare un nome a ogni singolo rudere: “questo non è un mucchio di macerie, è la casa che ha costruito mio padre”, per dare un volto e una voce a ogni abitante tenacemente aggrappato alla sua terra.
Io voglio raccontare la forza del radicamento e l’amore per la propria terra, voglio celebrare il coraggio di chi resta.
Come risorge un uomo dalle macerie della sua casa? Cosa salva? Cosa ricostruisce? Come si ricompone una comunità spezzata, come riorganizza il suo spazio collettivo? Quali tracce imprime in noi la nostra terra natia? Le risposte conto di trovarle nei racconti della gente di Amatrice.
È già successo: Amatrice è già stata distrutta, almeno una volta, ed è già stata ricostruita, almeno una volta. Era il 1639 quando
“Il terremoto del tutto sterminò, subissò, e disfece Case, e Palazzi, onde a mala pena vi si scorgono le vestigia della Matrice.”
Carlo Tiberi Romano ci ha lasciato il vivido ricordo di quel terremoto nella sua “Nuova, e vera Relazione del terribile e Spaventoso Terremoto, successo nella città della Matrice e suo stato” scritto “per memoria d’un Caso così miserando, e lacrimevole”
Durò il Terremoto sino alle nove hore, e poi cessò a fatto; ma non però si assicurarno di entrare nelle meze disfatte Case, e habitationi: anzi furono alzate tende in campagna, dove con ogni ordine si fecero Processioni con portare Immagini della Santissima Vergine, e altri Santi, battendosi ciascuno con ogni asprezza, e sino i Fanciulli esclamando misericordia si percuotevano co i sassi. Le Donne si graffiavano il volto, si stracciavano i panni, e strappavansi i capelli.
A quell’epoca il terremoto era sentito come una punizione divina per i peccati dell’uomo, e il racconto del Tiberi Romano aveva lo scopo di colpire l’animo degli “insensibili alla riverenza Divina”. Oggi molte cose sono cambiate : il terremoto non è più una punizione divina per i peccati commessi. Donne e Fanciulli non si battono più per espiare le colpe della comunità. Ma altre cose sono sempre le stesse: come nasce spontanea l’esigenza di rendere testimonianza dell’evento incredibile, così rimane ferma l’esigenza di ricostruire dove si è abitato, di rimanere a vivere dove si è vissuto, dove sono seppelliti i propri cari, perché le case degli antenati sono come le radici per un albero: danno linfa, tengono attaccati alla vita, permettono la memoria.
Dalle tende in campagna c’è il bisogno di tornare alle case.
“Gente di Amatrice, l’uomo e la sua casa” sarà pubblicato sul blog di Radio Meglio di Niente che con slancio e fiducia nei miei confronti ha immediatamente aderito al progetto offrendomi uno spazio su cui condividere le fasi di questo progetto.
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