Tante canzoni “nascono da sole”, out of the blue. Sono certamente migliori degli uomini che le hanno generate perché a differenza degli uomini si scelgono il padre o la madre. Soddisfatto l’istinto puro di venire al mondo, salutano e se ne vanno. Fare thee well.
Vedo Dylan che parla di Dylan e non ha idea di come abbia fatto ad essere Dylan. Non chiedetegli dei suoi figli perché dei suoi figli non ne sa piú da anni. Dove sono oggi? “Blowing in the wind” probabilmente indossa una camicia con troppi fiori e sorseggia una tequila in un bar di Tulum. Le canzoni della rivoluzione? Tutte fanno la fine di Hemingway: dolcissima.
Il tema di oggi comunque è un altro, le canzoni che possiamo scrivere mentre aspettiamo quelle che “nascono da sole”: le canzoni dell’artigianato. Queste collegano i puntini che sono senza numero ma che esistono giá, dalla settimana enigmistica al cielo. Cercateli nella cronaca nera e rosa dei quotidiani, nel verso di un libro, nella melodia semi-nascosta in un pezzo di musica classica. Spoetizzante? Niente affatto. L’abbiamo sempre fatto, magistralmente. L’equivalente del catenaccio, tra un calcio totale e l’altro.
“Niente canzoni d’amore, mai piú mi prendano il cuor” è una canzone di Capossela tra le mie preferite e un verso di Celine.
“Quello che non ho è quel che non mi manca” è la risposta di un sacerdote a Bubola che domandava al prete come potesse vivere senza donne.
La meravigliosa melodia della Canzone dell’amore perduto di De André è il concerto in Re maggiore, archi e continuo di Telemann.
Fortunatamente non si sono posti il problema. Facciamolo anche noi. Per divertimento. Per un amore. Per un genitore.
Inizio io. Antologia di Spoon River. De Andre’ scelse poesie che ricadevano in due categorie in particolare: l’invidia e la scienza. Io ho scelto una poesia che si chiama Ernest Hyde. Qui sotto potete leggere il testo originale scritto da Edgar Lee Masters. La poesia parla di come da giovani la nostra mente sia come uno specchio che riflette le immagini di quello che ci circonda: paesaggi, cose e persone. Per riflessione si intende che le immagini ci colpiscono e rimbalzano via, non ci penetrano. Con il tempo questo specchio sia graffia e questo consente al mondo di entrarci dentro e alla nostra coscienza di interagire con quello che ci circonda. Ci ho scritto una canzone, potete leggere il testo a fine pagina e ascoltarla utlizzando il link a youtube. L’idea e’ di scrivere canzoni collettive. Fatemi sapere se vorreste cambiare una parola, un verso, la melodia. Il proposito è di ritornare a scrivere canzoni, come abbiamo sempre fatto.
Abbracci Stradivari,
Ernest Hyde: (Edgar Lee Masters)
My mind was a mirror:
It saw what it saw, it knew what it knew.
In youth my mind was just a mirror
In a rapidly flying car,
Which catches and loses bits of the landscape.
Then in time
Great scratches were made on the mirror,
Letting the outside world come in,
And letting my inner self look out.
For this is the birth of the soul in sorrow,
A birth with gains and losses.
The mind sees the world as a thing apart,
And the soul makes the world at one with itself.
A mirror scratched reflects no image—
And this is the silence of wisdom.
Ernest Hyde: (Dario&Valeria)
La mia mente era uno specchio, uno specchio senza un solco,
Vi ho guardato lungamente, cercavo il mondo
Vi ho guardato lungamente, ed ho visto il mio volto.
Ho guardato gli uomini, il sole, il progresso,
Ed ero bello sai e tu mi bruciavi addosso,
Ho amato fino a urlare, veramente me stesso.
Il tempo mi ha curato e mi ha dato il pianto,
Il pianto che è passato e ha bagnato lo specchio,
Il freddo che rimane, il freddo, ha fatto il resto.
Lo specchio si è rigato, lo specchio è perduto.
Lo specchio si è spaccato ed è filtrato il mondo,
e quello che riflette, è soltanto il contorno.
E adesso che la mia anima si è fusa con il mondo,
E adesso che di specchi non ne ho più bisogno,
t’incontrerei davvero, senza un volto, ma non voglio.