A cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
Nel corso di una delle mie frequenti escursioni nel mondo della musica indipendente, mi è apparso, ma non ricordo bene per quale motivo, il volto di Die. Una foto profilo, un bel primo piano: occhi truccati, l’espressione di chi ha molte cose da raccontare, da raccontare bene. Clicco, sbircio, ascolto, contatto privatamente e mi metto subito d’accordo per un’intervista da pubblicare sul sito. Niente di più azzeccato, ragazzi, perchè questo individuo di Brescia, all’anagrafe Diego Seminario, è un vero geniaccio. E lo dico seriamente. Cantautore, polistrumentista, insegnante di canto e molto altro… In sintesi, un musicista eccellente, raffinato e originale, capace di unire tecnica e libertà stilistica, poesia e teatro. Prendete il suo nuovo RAGION PER CUI e la penserete al mio stesso modo…
Eccoci qui, Die, benvenuto su MDN. Hai un curriculum di tutto rispetto, ne abbiamo parlato e sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla tua voglia di arte. Credo che sia giusto però spiegare ai lettori chi sei…
Se proprio dovessi definirmi, direi che sono un ricercatore, un osservatore delle cose che mi circondano, di questa nostra realtà a tratti magica ma anche distorta che provo a mettere in musica. Per quel che riguarda il mio percorso artistico nasco in un campo dietro casa dove canto e scrivo canzoni tutto solo, per poi fare un percorso più strutturato tramite il CPM di Milano, dove mi diplomo in canto e arrangiamento per orchestra, e in altre scuole bresciane dove studio piano, chitarra e sax tenore. Ho perfino imparato a suonare il basso e la cornamusa a un certo punto, poi ho capito che stavo esagerando e mi sono dato una calmata. Ho suonato in diverse band, arrivando alla pubblicazione del mio primo LP, Niente di Speciale, nove anni fa e arrivando, con il brano che da il titolo all’album, in finale al BMF Festival.
Il tuo ultimo album, Ragion Per Cui, la dice davvero lunga, complimenti. Quanto è personale questo lavoro? Sì, quanto ti rappresenta?
Totalmente. Quando compongo i testi e la musica sono senza filtri, non ho altro modo per esprimermi, sono istintivo e questo fa sì che tutto quello che riesco a mettere in musica mi rappresenti completamente. Detto questo, devo anche fare i complimenti a Paolo Cavagnini, grande professionista e amico, che ha curato gli arrangiamenti di questo album e che è riuscito a crearmi un mondo attorno esattamente come lo immaginavo e volevo
Grande poetica, grande teatralità e, ovviamente, grande voce. Un album raffinato e piuttosto completo. Quanto è stato difficile realizzare le dieci canzoni che lo compongono?
Sono metaforicamente dei figli, e i figli non basta farli nascere, poi li si deve anche accudire. Quella è la parte difficile, quando devi creare una forma che stia davvero rappresentando il tuo pensiero… Quindi direi un bel parto, ma poi, “quando sono cresciuti”, davvero grandi soddisfazioni!
Difficile scegliere un brano in particolare, tutti hanno molto da raccontare, sia a livello musicale che a livello prettamente lirico. Eppure, un mese fa o poco più è uscito il videoclip del singolo di presentazione. Perchè la scelta è ricaduta su Dove State Voi?
Semplicemente perché ho deciso di allontanarmi dalle mie idee confrontandomi con varie persone che mi circondano. Così dopo vari ascolti e chiacchierate abbiamo deciso che quello fosse uno dei brani più immediati e rappresentativi (cosa comunque difficile da stabilire in un album come questo). Poi, se chiedi cosa avrei scelto io di testa mia… beh, io avrei scelto Il Nulla.
In scaletta anche un pezzo cantautorale devastante, oserei dire struggente. VERRÀ e per te importantissimo o sbaglio?
Non sbagli affatto. Verrà è un brano scritto per mio padre… e già questo la dice lunga sull’impatto emotivo che può generare su di me. Ho immaginato il momento in cui verrà a mancare, e mi sono guardato intorno per trovare un senso a tutto questo.
E… sì, raccontami qualcosa di CHARLIE. A mio avviso un superpezzo.
Vedi, queste sono le cose belle della musica. Charlie è stato il brano su cui sono stato più dubbioso, ho deciso solo all’ultimo momento di includerlo in Ragion Per Cui… Sai una cosa? È uno dei pezzi per cui sto ricevendo più riscontri positivi. All’inizio ne ero quasi disturbato… Charlie nasce in una terra arida, dove le persone pensano al loro tornaconto, dove si tradisce e si viene traditi. È una canzone grezza, sporca, forse la più ruvida dell’album.
Il disco è anche parecchio sperimentale. Diciamo che non hai badato a spese in fatto di ispirazione. Con chi hai lavorato in studio? E come sono andate le cose durante le sessioni?
È stato tutto ottimale. Max Comincini, che è stato il referente per tutte le registrazioni e che ha pure suonato il piano in più di un’occasione, ha fatto da collante per tutte le varie collaborazioni. Mi sono appoggiato a una scuola di musica, l’Ottava di Brescia, dove avevo registrato anche il mio primo lavoro Niente Di Speciale. Ma, rispetto al primo LP e agli altri singoli registrati in questi ultimi anni, devo ammettere che mai si era creata una sinergia così ampia. L’eleganza della batteria di Arki Buelli, la profondità del basso di Paola Zadra, le chitarre del già citato Paolo Cavagnini, la sezione fiati con Simone Niboli, Giancarlo Roberti, Gianni Alberti, Pierluigi Taddeucci, i cori di Augusta Trebeschi e Daniele Gozzetti, tutte persone con cui mi sono trovato benissimo e con cui ho sentito da subito il “feeling” giusto.
Abbiamo già parlato degli aspetti teatrali che contraddistinguono la tua arte. Suppongo che il tuo look rientri nel discorso…
Il trucco che utilizzo nasce da un’idea di Jury Magliolo (X Factor), che sentendo in anteprima il mio LP ne coglie l’essenza e mi propone di mettere visivamente quello che sente, di lui anche l’idea di chiamare Debora Pigozzi, che ha immortalato perfettamente l’idea di Jury giocando con le luci e le ombre in uno stile Caravaggesco meraviglioso. Quando me l’ha proposto ho capito subito che sarebbe stato perfetto per descrivermi; come ci insegna proprio il teatro a volte dobbiamo rappresentare qualcosa per essere davvero noi stessi fino in fondo. Alla fin fine dentro sono così, io amo perdermi per i boschi, amo la lotta, sono un combattente e ho uno spiccato lato dark… Amo il lato oscuro delle cose, la follia e gli ultimi… Grazie a Jury, che l’ha colto ora, l’ho potuto mostrare anche visivamente e non solo nella musica.
La grande cura dei testi, unita ovviamente al talento, mi porta a pensare che prima o poi potresti anche dedicarti alla prosa. Hai mai pensato di scrivere un romanzo, per esempio?
Sei la seconda persona nel giro di un mese che mi suggerisce questa cosa… Ti rispondo nello stesso modo: ne sarei davvero onorato e mi lusinga che lo pensiate, ma da lettore quale sono ho un timore reverenziale per i libri. Ritengo che la scrittura in generale sia un’arte eccelsa e che i libri siano la forma suprema di quest’arte; se mai dovessi decidermi a scrivere un libro, cosa che onestamente mi è passata un paio di volte per la testa, lo farò prendendomi i giusti tempi e preparandomi al meglio sapendo di star scalando l’Everest. Come forse avrai capito, l’arte per me è sacra e si deve meritare di poter fare certe cose.
Un passo indietro, ora. Il tuo precedente disco uscì parecchio tempo fa. Una lunga pausa…
Me ne rammarico, una serie di eventi tra cui in ultimo il Covid hanno dilatato i tempi, ma per onestà intellettuale devo ammettere che c’è stata anche della pigrizia. È venuto a mancare il senso di urgenza, mi sono limitato a osservare e pensare. Ho fatto un patto con me stesso, ora che il mio secondo LP è uscito mi sono accorto di quanto fosse essenziale per me esprimerlo, ed ora non mi fermo più…
Quali sono i tuoi artisti di riferimento? Cazzo, è difficilissimo collocarti, e questo è un complimento. Dai, sorprendimi…
Il motivo lo so… perché fagocito ogni cosa mi passi per le mani. Sono estremamente curioso e ascolto ogni cosa mi venga proposta… e più sento che una cosa non mi appartiene ed è “diversa” più ne sono attratto. I miei riferimenti musicali sono variegati, ti cito solo alcuni degli idoli che hanno segnato la mia musica: Billie Holiday, con il suo modo liquido di stare sul tempo, Janis Joplin per la sua anima graffiata, Jeff Buckley con le sue dinamiche devastanti, la grande scuola cantautorale italiana, da De Andrè a Guccini, passando da Graziani a Fortis, fino ad arrivare a Capossela e Caparezza. Mi fermo qui, ma potrei continuare per altre dieci pagine…
I dischi che porteresti sulla famosa isola deserta?
Mi ricollego a prima, riguardo alla varietà degli ascolti. Se dovessi scegliere un solo disco direi la raccolta dei Concerti Branderburghesi di Bach, potendone scegliere più di uno aggiungo Mingus Ah Um di Charles Mingus, Nevermind dei Nirvana e Revolver dei Beatles
Per gli eventi live come ti stai organizzando?
Solitamente esco in duo acustico – io chitarra e voce – e Checca “Wallace” Agnesi, che oltre ad essere la mia percussionista, è anche mia compagna nella vita. Dopo questo LP ho sentito la necessità di ampliare l’organico così ho inserito Matteo Mutti al basso e sto pensando di inserire ancora qualche altro strumento. Sto progettando un tour invernale che probabilmente si dividerà fra locali e teatri e fonderà varie Arti.
Situazione musicale in Italia? Covid a parte…
Dipende. Credo che come in altri settori in Italia abbiamo delle eccellenze musicali, tante piccole perle spesso nascoste. Il terreno è fertile e basterebbe annaffiarlo, ma per questo serve la lungimiranza delle istituzioni e non solo, cosa che in questo momento non vedo, anzi. Poi, altro discorso sono le scelte fatte dai media e dalle case discografiche riguardo a cosa passare e cosa no; non dico che tutto quello che viene spinto sia di bassa qualità, anche nella trap, per esempio, ci sono delle eccellenze, così come in alcuni prodotti mainstream. Credo però che si possa fare molto di più, magari rinunciando a un guadagno sicuramente facile, ma che rischia di appiattire tutto l’ambiente culturale a scapito di un qualcosa di più ricercato e lungimirante… che non vuol dire, tra l’altro, che sia per questo necessariamente meno redditizio!
Possibili rimedi?
L’antidoto siete voi, tutti i media che come voi fanno comunicazione senza filtri e cercando di valorizzare la bellezza che è insita nel nostro Paese, i locali che investono e credono ancora nell’arte, da quello piccolo che cerca di sopravvivere ai grandi palcoscenici, dalle associazioni artistiche fino a ogni persona che si impegna per diffondere e sostenere l’arte in ogni sua forma
Cosa non ti ho chiesto?
Se sto scrivendo altre cose. Sì, ho scritto mentre incidevo questo LP un brano in inglese (in Ragion Per Cui ce ne sono due) e in questi giorni uno in italiano. Vorrei registrarli e pubblicarli all’inizio di quest’inverno.
Saluta a modo tuo i lettori di MDN…
Un saluto a tutti i lettori di MDN, Un abbraccio e rimaniamo curiosi, che la vita ha tanto da raccontarci. Ragion per cui…
https://www.facebook.com/Die.diegoseminario