La terra desolata
Adriana @Lilithins legge Thomas Stearns Eliot
III. Sermone del fuoco
La tenda del fiume è rotta: le ultime dita delle foglie
S’afferrano e affondano dentro la riva umida. Il vento
Incrocia non udito sulla terra bruna. Le ninfe sono partite.
Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito
il mio canto.
Il fiume non trascina bottiglie vuote, carte da sandwich,
Fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette,
O altre testimonianze delle notti estive. Le ninfe sono
partite.
E i loro amici, eredi bighelloni di direttori di banca della
City;
Partiti, e non hanno lasciato indirizzo.
Presso le acque del Leman mi sedetti e piansi…
Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito
il mio canto,
Dolci Tamigi, scorri lievemente, perché il mio canto non
è alto né lungo.
Ma alle mie spalle in una fredda raffica odo
Lo scricchiolio delle ossa, e il ghigno che fende da un
orecchio all’altro.
Un topo si insinuò con lentezza fra la vegetazione
Strascicando il suo viscido ventre sulla riva
Mentre stavo pescando nel canale tetro
Una sera d’inverno dietro il gasometro
Meditando sul naufragio del re mio fratello
E sulla morte del re mio padre, prima di lui.
Dei bianchi corpi ignudi sul suolo molle e basso
E ossa gettate in una piccola soffitta bassa e arida,
Smosse solo dal piede del topo, un anno dietro l’altro.
Ma alle mie spalle di tanto in tanto odo
Suoni di trombe e motori, che condurranno
Sweeney da Mrs. Porter a primavera.
Oh la luna splendeva lucente su Mrs. Porter
E su sua figlia
Che si lavano i piedi in ‘‘soda water’’
Et O ces voix d’enfants, chantant dans la coupole!
Twit twit twit
Jug jug jug jug jug jug
Così brutalmente forzata.
Tereu
Città irreale
Sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale
Mr. Eugenides, il mercante di Smirne,
Mal rasato, con un una tasca piena di uva passa
C.i.f. London: documenti a vista,
M’invitò in un francese demotico
Ad una colazione al Cannon Street Hotel
Seguita da un weekend al Metropole.
Nell’ora violetta, quando gli occhi e la schiena
Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende
Come un tassì che pulsa nell’attesa,
Io, Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite,
Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere
Nell’ora violetta, nell’ora della sera che contende
Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto,
La dattilografa a casa all’ora del tè, mentre sparecchia la
colazione, accende
La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato.
Fuori dalla finestra, pericolosamente stese
Le sue combinazioni che si asciugano toccate dagli ultimi
raggi del sole,
Sopra il divano (che di notte è il suo letto)
Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole.
Io, Tiresia, vecchio con le mammelle raggrinzite,
Osservai la scena e ne predissi il resto –
Anch’io ero in attesa dell’ospite atteso.
Ed ecco arriva il giovanotto foruncoloso,
Impiegato di una piccola agenzia di locazione, sguardo
ardito,
Uno di bassa estrazione a cui la sicurezza
S’addice come un cilindro a un cafone arricchito.
Ora il momento è favorevole, come bene indovina,
Il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca,
Lui cerca d’impegnarla alle carezze
Che non sono respinte, anche se non desiderate.
Eccitato e deciso, ecco immediatamente l’assale;
Le sue mani esploranti non incontrano difesa;
La sua vanità non pretende che vi sia un’intesa, ritiene
L’indifferenza gradita accettazione.
(Ed io Tiresia ho presofferto tutto
Ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto;
Io che sedei presso Tebe sotto le mura
E camminai fra i morti che più stanno in basso.)
Accorda un bacio finale di protezione,
E brancola verso l’uscita, trovando le scale non
illuminate…
Lei si volta e si guarda allo specchio un momento,
Si rende conto appena che l’amante è uscito;
Il suo cervello permette che un pensiero solo a metà
formato
Trascorra: ‘‘Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia
finito.’’
Quando una donna leggiadra si piega a far follie
E percorre di nuovo la sua stanza, sola,
Con una mano meccanica i suoi capelli ravvia,
E mette un disco a suonare sul grammofono.
‘‘Questa musica presso di me scivola sulle acque’’
E lungo lo Strand, fino alla Queen Victoria Street.
O città, città, talvolta posso udire vicino
A una qualsiasi taverna in Lower Thames Street
Il lamento piacevole di un mandolino,
E dentro chiacchiere e altra rumori
Là dove a mezzogiorno i pesciaioli riposano:
Dove le mura di Magnus Martyr contengono
Uno splendore inesplicabile di bianco e oro ionici.
Il fiume trasuda
Olio e catrame
Le chiatte scivolano
Con la marea che si volge
Vele rosse
Ampie
Sottovento, ruotano su pesanti alberature
Le chiatte sospingono
Tronchi che vanno alla deriva
Verso il tratto di fiume di Greenwich
Oltre l’Isola dei Cani.
Weialala leia
Wallala leialala
Elisabetta e Leicester
Remi che battono
La prua era formata
Da una conchiglia dorata
Rossa e oro
L’agile flusso dell’onda
Si frangeva su entrambe le rive
Il vento di sud ovest
Con la corrente portava
Lo scampanio delle campane
Torri bianche
Weialala leia
Wallala leialala
‘‘Tram e alberi polverosi
Highbury mi annoiava, Richmond e Kew mi disfecero.
Vicino a Richmond alzai le ginocchia
Supina sul fondo di una stretta canoa.’’
‘‘I miei piedi sono a Moorgate, e il mio cuore
Sotto i miei piedi. Dopo il fatto Egli pianse.
Promise ‘un nuovo inizio’. Non feci commento.
Di cosa mi dovrei rammaricare?’’
‘‘Sulle Sabbie di Margate.
Non posso connettere
Nulla con nulla.
Le unghie rotte di mani sporche.
La mia gente, gente modesta che non chiede
Nulla’’
la la
Poi a Cartagine venni
Ardere ardere ardere ardere
O Signore Tu mi cogli
O Signore Tu cogli
bruciando