Articolo di Emilio Aurilia
Sull’etichetta interna del singolo dei Beatles “Get Back/Don’t let me down” (1969)si leggeva, sotto il titolo e l’indicazione degli autori: “The Beatles with Billy Preston” che scatenò l’ovvia curiosità degli appassionati perché era la prima volta che al nome dei Favolosi di Liverpool veniva ufficialmente associato un altro nome. “Sarà un direttore di orchestra?” Macché orchestra se in nessuno dei due brani l’orchestra è presente? “Un arrangiatore allora?” o che altro? Ci volle un po’ per riuscire a fornire la risposta attesa scoprendo trattarsi di un musicista impegnato al piano elettrico nelle due canzoni e con altrettanti a solo altamente professionali e che si sarebbe successivamente disimpegnato alle tastiere in svariati episodi degli ultimi prodotti dei Beatles “Abbey Road” (1969) e “Let It Be” (1970).
La sua presenza in studio fu fortemente pretesa da George Harrison per una duplice esigenza: fornire uno strumentista fisso capace di garantire completezza al sound del gruppo perché in un primo momento si era deciso di non far uso di sovrincisioni, e per cercare di infondere maggior entusiasmo nella coppia Lennon-McCartney che stava conoscendo un momento di stallo.
Ma al tempo di tale collaborazione, che gli valse l’enfatica qualifica di “Quinto Beatle” spettante fino a quel momento a George Martin, Preston era già un personaggio abbastanza navigato con al suo attivo alcuni album seppur di scarso successo, ma che l’avventura beatlesiana condusse alla realizzazione di dischi più intensi e interessanti prodotti dalla Apple come “That’s the way God Planned It”(1969) con la presenza di Harrison stesso e di altri altisonanti nomi: Eric Clapton, Keith Richards, Ginger Baker ed “Encouraging Words” (1970) in cui presenta cover di Harrison (“My Sweet Lord” e “All Things Must Pass”) e dei Beatles, con l’aiuto di Harrison, Ringo Starr e l’intero entourage di cui si serviranno gli ex Beatles nei loro primi dischi: Klaus Voormann, Carl Radle, Bobby Keys, Jim Price ecc.
Il sodalizio con l’ex chitarrista dei Fab Four sarà totale: lo coadiuverà nell’album di esordio “All Things Must Pass” (1970) e in altri, lo seguirà nel concerto per il Bangla Desh e in “Concert For George” dopo la sua morte.
Parteciperà attivamente anche ai dischi solisti del citato Ringo Starr e di John Lennon.
Il suo operato lo porta anche all’attenzione della “concorrenza”; sarà convocato dai Rolling Stones non solo per gli album in studio “Goat’s head soup” (1973) fra tutti, ma anche in spettacoli dal vivo; saranno molte le sue apparizioni importanti per altri artisti anche a livello compositivo come l’hit di Joe Cocker “You are so beautiful”.
La sua attività discografica si fermerà nel 1995 con l’album “Billy’s Back” seguìto da “You and me” (1997) realizzato però insieme agli italiani Novecento, indice che la sua grandezza non sarà stata la produzione discografica, bensì quella di musicista molto richiesto tanto in studio che dal vivo per: Johnny Cash, Neil Diamond, Red Hot Chilli Peppers, e tanti altri; gruppi e cantanti molto vari fra loro a dimostrazione della sua versatilità e saranno davvero pochi i personaggi di rilevo che non avranno goduto delle sue prestazioni.
Preston abbandonerà la scena musicale e terrena il 6 giugno 2006 poco prima di aver compiuto i sessanta, per complicazioni dovute a gravi problemi di pressione.