DI ADRIANA LA TRECCHIA SCOLA
In passato il festival della canzone italiana di Sanremo era un posto dove approdavano vecchie glorie per rinverdire il loro successo oramai appannato. Quindi si assisteva a dei fuochi d’artificio scintillanti ma anche un pò pacchiani per ricordare un passato migliore. Adesso Sanremo, che ha sempre rappresentato un mondo tutto suo, si è aggiornato alla dimensione web per cui ci vanno i cd. giovani che hanno il successo streaming virtuale oppure che riempiono anche gli stadi, e costituiscono la musica presente. Insomma Sanremo è Sanremo ma registra a modo suo la realtà e i suoi cambiamenti. Prima era il palco per la pensione artistica, ora la vetrina istituzionalizzata per le “nuove” leve. In un certo senso Sanremo rispecchia un fenomeno tipicamente italiano: sembra il prodotto artistico di un ambiente culturale ancora fortemente impregnato dal neoidealismo crociano. Anche il fortunato claim pubblicitario (perchè Sanremo è Sanremo) rimanda al famoso articolo crociano, Perche’ non possiamo non dirci cristiani; ce le cantiamo e suoniamo da soli,in maniera autoreferenziale e compiaciuta. Benedetto Croce (1866-1952) è stato la figura culturale dominante che ha marcato indelebilmente il panorama italiano. Egli affermò l’autonomia della cultura, intesa come manifestazione creativa dell’uomo nella storia,irriducibile a tutto ciò che si pretende indipendente dal soggetto. Infatti la sola realtà possibile è quella dello spirito, così la sua è la filosofia dello spirito. Croce ebbe una straordinaria vocazione da autodidatta: si pose a confronto con tutta la grande cultura dell’idealismo tedesco e fu un grande estimatore dell’idealismo hegeliano, perchè Hegel faceva dipendere dal pensiero (considerato in sè infinito) l’esistenza e la spiegazione di tutta la realtà. La differenza fondamentale tra i due grandi idealisti stava nel diverso modo di considerare la contraddizione, che per Hegel costituiva un’antitesi vera e propria da superare, mentre per Croce era solo un aspetto distinto da tenere in considerazione. Dato che il vero soggetto della storia è lo spirito infinito, nella storia si risolve sempre ogni problema. L’ “ottimismo crociano” consiste nel fatto che la storia è sempre un progresso: anche se vi sono elementi irrazionali, questi, col tempo, diventano razionali, grazie a quella sorta di “provvidenza” che alla fine aggiusta tutto. Ecco perchè definisce il fascismo un fenomeno “casuale” nella storia italiana, destinato a estinguersi da solo. Nella analisi crociana mancano completamente i riferimenti alle cause storico-sociali che l’avevano generato. La libertà è solo quella giuridico-morale o formale, mai quella socio-economica o sostanziale. Non a caso Croce ha sempre difeso la necessità dei rapporti feudali e semifeudali nel Meridione, ha sostenuto che nel capitalismo di allora si era raggiunto il massimo grado di libertà per i lavoratori, ha sempre appoggiato il gerarchismo sociale (solo un’élite aristocratica può governare), la monarchia, l’uso statale della forza contro le rivendicazioni dei lavoratori. Pertanto nonostante la decisione di passare all’opposizione, Croce può essere considerato un precursore del fascismo. Tra l’altro votò più volte per Mussolini al senato, anche dopo l’assassinio di Matteotti. Se più tardi Croce superò le proprie illusioni nei confronti del fascismo, ciò non significa che la sua posizione divenne più progressista. Il suo era un antifascismo conservatore. Teoricamente la sua filosofia era priva di valori. Dicendo che tutto è storia o che lo spirito è la storicità, arrivava a giustificare qualunque cosa. Infatti egli poneva il valore della storia nella forza, non nel diritto, che è esso stesso sottoposto al criterio della forza e dell’utile. Questo spiega perchè Croce rifiutava la dialettica degli opposti hegeliana. Quando non si vogliono affermere dei valori, non possono esserci dei conflitti irriducibili, i cui elementi devono essere superati entrambi in una sintesi. Esistono soltanto dei distinguo o dei distinti, che vanno salvaguardati entrambi, ognuno dei quali rispecchia una certa posizione di forza. Croce ha cercato la conciliazione degli opposti proprio per eliminare le conseguenze rivoluzionarie della dialettica. Lo sviluppo è per lui un eterno movimento circolare e non un progresso infinito, per cui le contraddizioni storico-sociali appaiono inevitabili. L’eredità più grave del neoidealismo italiano è la critica della scienza, in quanto la negazione della realtà del mondo materiale e della natura ha portato logicamente alla negazione del valore teoretico delle scienze naturali, che vengono considerate, d’ora in avanti, su un piano meramente convenzionale, strumentale, pratico-utilitaristico. Secondo Croce, Hegel avrebbe dovuto negare qualunque valore alle scienze naturali e alla matematica. La vera scienza è solo la filosofia idealistica; invece i concetti scientifici sono definiti dei “pseudoconcetti” con un valore solo pratico ma non teorico. Questa svalutazione delle scienze esatte e sperimentali ha frenato lo sviluppo della cultura e didattica Italiana. Mentre negli altri paesi europei il neohegelismo è stato uno dei tanti indirizzi filosofici, neppure quello fondamentale; in Italia il neoidealismo è diventato egemone della cultura e ideologia borghesi. Si è trattato di un sistema elaborato, non banale, ma dal carattere passivo e conservatore, che ha isolato gli intellettuali nel panorama europeo (soprattutto con l’eliminazione di intere branche delle scienze sociali) facendogli credere di essere al centro di un grande movimento culturale. Come si diceva l’impronta isolazionistica e opportunistica è rimasta nel panorama culturale italiano. Anche l’ambito musicale sembra un pò asfittico, in quanto la preminenza nelle classifiche nazionali di dischi e singoli italiani è positiva sul piano commerciale, ma preoccupante sul piano dell’innovazione.