Il suo scheletro stava
come assonnato laggiù:
incubo annidato tra i marmi,
serpe nuda e morta
ai piedi della cattedrale.
Mordeva ancora la polpa,
chiedeva la verità della terra,
la voracità dei vermi
nella tenerezza defunta:
I teologi di passaggio
ne adoravano le forme,
ne adoravano le forme,
facevano del vento, ricurvi,
la loro penitenza:
lo chiamavano Dio
ne turbavano il sonno…
E forse era Dio
o chi per lui.
(Ignazio Cancellu)
Un testo interessante, che richiama certa poesia di Luzi. Molto bello il tono, sommesso, quasi di cronaca. Ce ne sono altre di poesie di questo autore?