Articolo di Riccardo Gramazio
8 agosto 1969, Nord Ovest di Londra, zona St. John’s Woods. Siamo a pochi passi dagli storici Abbey Road Studios. E’ quasi mezzogiorno, minuto più minuto meno. Il fotografo scozzese Iain Macmillan e la sua fedele Hasselblad immortalano un pezzo enorme di storia, forse la perla più pregiata della cultura pop mondiale. Esattamente sei scatti, per la cronaca, che ritraggono i Beatles mentre attraversano la strada. Il quinto della serie è pura leggenda…
La foto, quella foto, copertina del celebre disco dei Fab Four, ha da poco compiuto cinquanta incredibili anni, e da cinquanta incredibili anni affascina, conquista, rapisce milioni di appassionati e non. Il passaggio pedonale di Abbey Road è continuamente meta di turisti, fans e artisti, tutti pronti a farsi fotografare nella medesima posizione della band.
Dubito fortemente che qualcuno non abbia mai visto l’immagine. Chi nega, beh, mente o soffre di acute amnesie…
Abbey Road (1969), escludendo il percorso discografico di Magical Mystery Tour, è l’undicesimo album dei Beatles, l’ennesimo capolavoro. Abbiamo in lista, per esempio, cose tipo Come Together, Something, Here comes the sun, Because e la celebre suite del lato B. Non proprio canzoncine da niente, insomma. Ma a rendere importantissima l’opera è proprio la pienezza dell’intero pacchetto.
Torniamo svelti all’iconica cover e gettiamo nella mischia la chiacchieratissima quanto enigmatica favola della morte del caro Paul McCartney. Ebbene sì, leggenda narra che il cantante e bassista dei Beatles avrebbe tirato le cuoia nel 1966, vittima di un brutto incidente stradale. Per non turbare il mondo intero e per non compromettere la carriera del gruppo, gli altri membri della band e il manager Brian Epstein si sarebbero dati da fare per trovare una pronta soluzione. A sostituire Paul in tutto e per tutto, sempre secondo la storiella, sarebbe stato un sosia, per qualcuno un attore scozzese e per altri un certo William Sheppard, ex poliziotto canadese. Dal ‘66 in poi, quindi, il lavoro dell’artista sarebbe figlio di un impostore, di un altro individuo. Nessun riscontro valido, ovvio, e ci mancherebbe altro. Siamo davanti a una perfetta leggenda metropolitana, alimentata tuttavia da una fantomatica e congetturata serie di messaggi segreti. I dischi, le canzoni e le copertine dei Beatles conterrebbero clamorosi codici subliminali sulla vicenda.
Abbey Road non fa certo eccezione, anzi, la foto di Macmillan è manna dal cielo per gli amanti di questa sorta di complotto rock and roll. Analizzando l’immagine è possibile notare diverse cose. Sia chiaro, racconto tutto senza alcun tipo di sospetto. Non credo a simili fiabe e non intendo assolutamente muovere dubbi. Bene, scritto questo, il buon Paul, terzo della fila, è l’unico con il passo differente e soprattutto è l’unico scalzo. In Inghilterra, se non sono cambiate le regole, i defunti vengono seppelliti scalzi…
Sulla sinistra, dietro la band, c’è un maggiolino parcheggiato. La targa recita: LMW 281F. In codice segreto, la lastra citerebbe la consorte di Paul e la prematura scomparsa del baronetto. Sostanzialmente LMW significherebbe Linda McCartney Weeps (Linda McCartney Piange) e 281F, letto 28IF (28 Se…), ci ricorderebbe in maniera un pochino elastica gli anni che avrebbe avuto Paul, beh, se non fosse morto. Dall’altra parte della strada vediamo ancora un mezzo nero piuttosto simile, così sostengono i complottisti, a un Black Maria, unità di trasporto usato dalla polizia mortuaria. Infine, interpretando la scena come una vera e propria marcia funebre, John Lennon, vestito di bianco, rappresenterebbe il sacerdote o comunque la guida spirituale, Ringo Starr, rigorosamente in nero, l’impresario dell’agenzia di pompe funebri e George Harrison, subito dietro alla presunta salma, un beccamorti.
Inquietante, piuttosto inquietante. Per fortuna, e lo sottolineo ancora, ritengo che la leggenda relativa alla morte di McCartney sia solamente una tra le le tante bufale legate al mondo della musica, probabilmente la più famosa. Addirittura c’è chi sostiene che la band abbia voluto giocarci su, inserendo qua e là e di proposito vari indizi. Come dico spesso, Google è sempre indicato per eventuali approfondimenti. Setacciando la produzione dei Beatles, la grottesca teoria sbuca infatti fuori da tutti i pori. Potremmo scrivere un bel tomo a riguardo e magari buttare dentro qualche altra nozione dettata dalla nostra fantasia.
Cosa aggiungere? Nulla. Continuiamo a considerare Abbey Road per quello che è davvero: un disco fondamentale, una cometa nella storia delle sette notte. Un’opera d’arte di inestimabile valore che spacca ancora oggi nonostante l’età. Cinquanta incredibili anni di leggenda. Cinquanta mitici anni. E tanti meritatissimi auguri.