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A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Dunque, per me è difficile riuscire a separarmi dall’affetto e dal coinvolgimento emotivo. In fondo, sto per presentare il secondo album in studio dei Will of Nothing, duo che conosco fin troppo bene, considerando l’amicizia che mi lega a Patrik Matrone e a Ilaria Nicolotti, rispettivamente chitarrista/compositore e cantante/autrice del progetto. Chi mi segue è al corrente del sodalizio artistico che mi lega al caro Pat, socio da una vita del mio percorso musicale e mago delle sei corde nei miei album, ed è al corrente della collaborazione in Disinkanto Hotel con Ila. Di conseguenza, volente o nolente, ho sempre la possibilità di seguire i vari progressi dei WoN quasi quotidianamente e in maniera quasi clandestina. Di conseguenza, sapevo benissimo che il nuovo MDCCLIII sarebbe stato un capolavoro del genere, ma ascoltare queste straordinarie tracce prog/metal una via l’altra, fingendo di non conoscere nulla, mi ha letteralmente incantanto. Scrittura, tecnica, sperimentazione, energia e sonorità rendono il disco straordinariamente importante. E no, nessun occhio di riguardo legato ai miei rapporti personali, sto esprimendo il mio giudizio in maniera onesta e oggettiva. MDCCLIII è un album perfetto e ricchissimo, che raccoglie una montagna di valori. Potrei elogiare l’opera fino allo sfinimento, ma sono obbligato a mantenere una certa professionalità. Quindi, entusiasmo in parte represso, lascio a voi questa splendida intervista alla vocalist Ilaria, autrice di tutti i testi e delle principali linee melodiche. E se l’omonimo esordio aveva assunto i tratti dell’eccellenza, qui abbiamo la possibilità di avanzare di un gradino. Uno, due, tre via…
Ilaria, ho il piacere di averti ospite sulle nostre pagine. Non sarà facile, ma proverò a muovermi al di sopra delle parti fino alla fine dell’intervista. Detto questo, partiamo dal nuovo grande disco dei Will of Nothing. Cosa puoi dirmi a riguardo?
Ciao Ricky, ciao a tutti i lettori. Innanzitutto grazie per l’invito e per l’opportunità di poter parlare al pubblico del nostro progetto musicale. Guarda, per rispondere alla tua domanda, ti direi che il nostro ultimo album è stato a dir poco sofferto. Credo sia doveroso fare un passo indietro, al lontano 2017 quando abbiamo pubblicato il nostro primo disco. È stato di certo un progetto impegnativo, che ci ha donato grandi soddisfazioni, ma che ci ha anche lasciato con “l’amaro in bocca”. Non parlo di certo del riscontro che abbiamo ricevuto dal pubblico, quanto piuttosto ai “piccoli” problemi derivati dalla pubblicazione di un brano dell’album e alla rispettiva contestazione dei diritti di composizione di un ex componente del nostro gruppo. Come ben sai, alla fine il brano in questione è stato tolto dalla distribuzione, evitando l’inutile prolungarsi di quella che spero esser stata solo un’insignificante parentesi del nostro progetto musicale. Credo di parlare anche a nome di Patrik dicendo che ormai ci abbiamo messo una pietra sopra. Potrai però immaginare quanto inizialmente tutta la faccenda ci avesse a dir poco demoralizzato. Abbiamo passato dei mesi un po’ difficili, durante i quali abbiamo dovuto ritrovare noi stessi prima di poter proseguire. Superato tale scoglio ci siamo scontrati con la questione COVID. Le restrizioni governative di contenimento della pandemia hanno bloccato per mesi il nostro lavoro. Da lontano, senza poterci incontrare, era difficile proseguire. Ci siamo arenati per mesi e riprendere i brani lasciati metà, i testi, ricordarsi quali fossero le nostre intenzioni, le questioni su cui bisognava confrontarsi o le correzioni da dover effettuare è stato semplicemente un delirio. Io e Patrik poi siamo dei perfezionisti, oserei dire che spesso siamo fin troppo severi con noi stessi. Ci mettiamo costantemente in discussione, risuoniamo o ricantiamo tracce fino allo sfinimento… ma noi siamo fatti così: o lo si fa bene o si evita di farlo!
Spero che l’ impegno che riponiamo nei nostri progetti si traduca in una sempre maggiore qualità per esperienza d’ascolto che offriamo al nostro pubblico. Come per il primo album, anche per questo stiamo ricevendo degli ottimi feedback. Ci siamo da poco approcciati al mondo dei “nuovi”social, come Tik Tok e Instagram, e devo dire che stiamo ottenendo dei buoni risultati. Speriamo di aumentare il nostro pubblico e iniziare ad attirare l’attenzione di “qualcuno del mestiere”. Sarebbe di certo una grande svolta.
MDCCLIII, un titolo complicato, un numero romano. Non sono un esperto, anzi, ma dovrebbe essere 1753, giusto? Ecco, perché questa scelta?
Eh, caro mio, storia lunga! Te la farò il più breve possibile. La tua intuizione è corretta: il titolo è proprio 1753, scritto in numero romano. Ma il significato non è proprio “millesettecentocinquantatre” quanto piuttosto 17 e 53. In una delle tante domeniche, prima ancora della pubblicazione del nostro primo album, Patrik mi stava raccontando di come ultimamente gli capitava di vedere il numero 53 un po’ dappertutto. Gli risposi che succedeva anche a me con il numero 17. Dopo qualche minuto ci rendemmo conto che, per qualche strana ragione, sia il suo numero che il mio erano composti da due cifre che sommate davano come risultato “8”. Allibiti ma anche entusiasti per questa stranissima coincidenza, abbiamo quindi deciso di dedicare la copertina del nostro primo album proprio al numero 8. Non credo l’avessimo mai rivelato, in effetti. Da grande lettrice di thriller storici, amante dei giochi di logica, deduzione ed enigmistica proposi a Patrik l’idea dei vari simboli nascosti che rimandavano al numero 8, della pergamena stile alchemico esoterica e tutto il resto. L’approvò subito. Con il secondo album volevamo proseguire questo “gioco” di simboli e significati nascosti nella copertina, partendo proprio dal titolo, che rimanda ai “nostri numeri” il 17 e il 53. Solo i più attenti si saranno accorti che erano già letteralmente “nascosti tra le righe” della prima copertina e che li abbiamo ripresi in questa come fossero una firma, un segno identificativo. Volevamo creare curiosità nel pubblico, lasciarlo interrogare su tutte le stranezze e gli elementi presenti nella scena. Ognuno rimanda a una traccia dell’album, al titolo del brano, a qualche frase o al significato del testo, a partire dall’ ingombrante e minacciosa figura dell’angelo della Morte nel centro fino alla rosa in primo piano o alla casa che brucia in lontananza. Nulla è lì per caso… Te l’ho detto che era una storia lunga!
Tu e Patrik avete messo insieme dieci canzoni importanti, raggiungendo diversi territori musicali del prog metal. Tuttavia la vena che avevamo apprezzato moltissimo ai tempi dell’esordio è sempre solida e presente. Quali sono quindi e a tuo modo di vedere le principali differenze con il precedente lavoro?
Credo semplicemente che in questo progetto ci sia stata un crescita sia personale che della coppia artistica. Abbiamo acquisito una maggior consapevolezza delle nostre potenzialità e del nostro talento, spero di non peccare di presunzione nell’usare questo termine. Abbiamo osato, spesso fregandocene del giudizio dei “puristi” del genere musicale. Ci siamo spinti al limite con la sperimentazione e abbiamo sfidato le nostre capacità. Patrik ha composto dei capolavori. Mentre registrava i suoi assoli mi lasciava spesso senza parole e con la voglia di dimostrargli che anche io, con qualche acuto “buona la prima” ai limiti del possibile, potevo stupirlo! Come detto in precedenza, siamo un po’ maniaci della perfezione, quindi in entrambi gli album abbiamo dato il meglio di noi stessi. Resta inteso che se miglioriamo noi in primis, migliora anche il nostro risultato finale. In ogni caso, piaccia o no, noi saremo sempre fieri e orgogliosi della nostra musica, frutto delle nostre fatiche.
Circa un mese fa avete pubblicato sul tubo Eclipse, brano che la dice lunga sul vostro stato di forma. Parliamo di questo singolo…
Eclipse è sicuramente il brano più sperimentale sia a livello di composizione musicale che di testo di tutto l’intero album. è anche il brano che probabilmente si avvicina di più, attenzione allerta spoiler, al nostro prossimo progetto. È nato durante e post pandemia, il risultato di mesi di angoscia, paure e incertezze che credo tutti noi abbiamo provato e condiviso. Chiunque in quei mesi si sarà interrogato almeno una volta sul futuro dell’umanità, se ci sarebbe stato o meno un “domani” da raccontare. Il testo si allontana molto dalla mia “zona comfort”, non parla di cuori infranti o malattia mentale, narra piuttosto di un mondo in decadenza, di un’ umanità che si sta auto-sabotando ed è spesso cieca e incapace di reagire davanti alla propria lenta estinzione. Abbiamo cercato di trasmettere un messaggio potente anche attraverso il videoclip: una registrazione deteriorata in loop che cattura immagini emotivamente disturbanti, scenari di guerra, ipotesi drammatiche di distruzione e disperazione create con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Vi invito ad andare a vederlo, non per acchiappare qualche visualizzazione, quanto piuttosto per invogliarvi a riflettere su ciò che state guardando e ascoltando perché, se non ci diamo tutti una “svegliata”, presto il nostro non sarà solo un racconto “esagerato”, ma una previsione molto plausibile del destino dell’essere umano e del nostro pianeta.
Per comprendere la grandezza di MDCCLIII è doveroso ascoltare il blocco per intero, più volte, soffermandosi per esempio sulle infinite acrobazie di Pat o, in generale, sulle varie scelte compositive. Provo comunque a chiedertelo: quali sono i pezzi che preferisci o che per qualche motivo reputi particolarmente significativi?
Allora, senza essere ripetitivi, Eclipse è sicuramente il brano con il significato più potente. A livello concettuale non è niente di originale, canzoni metal, hard rock che trattano scenari “post-apocalittici” ce ne sono a iosa, ma il messaggio di denuncia alla base del testo resta per me molto importante e ci tengo che venga evidenziato. Dirti nello specifico quali sono le mie preferite è impossibile. Ogni brano ha le sue peculiarità e ogni testo che ho scritto è molto personale. I’ll Be With You, The Sound of Your Lies e Set on Fire sono quelle forse a cui tengo di più, quelle scritte “di getto”, senza soffrire troppo della sindrome da foglio bianco. Amo però tantissimo anche Gray Days in cui si affronta la tematica molto delicata della depressione, della solitudine e della fragilità umana. Il testo, secondo me, si è amalgamato perfettamente alla musica: entrambi giocano con continui dualismi e forti contrasti. L’apice in termini di commistione tra tema e composizione musicale, a mio parere, viene raggiunto nello stacco prima dell’ultimo ritornello, in cui Patrik ci delizia con uno degli assoli più belli di tutto l’album: fraseggi di grande maestria in stile “blues”, grazie a cui traspare perfettamente la tematica della malinconia e della tristezza.
Fallen Angel ed Everything is Broken sono le mie, anche se potrei di volta in volta cambiare idea…
Davvero sono le tue preferite? Beh, Everything is Broken è sicuramente tra le più orecchiabili, con il suo ritmo incalzante e il ritornello ripetitivo e facile da ricordare, quindi posso capirlo. Ma Fallen Angel non l’avrei proprio mai detto! Pensavo apprezzassi maggiormente canzoni più “soft”. A quanto pare comunque non sei il solo perché, contro ogni mia aspettativa, è per ora la traccia più ascoltata dell’album.
Ho l’orecchio buono! Scherzi a parte, in lista anche una spettacolare e potente ballad Hungry For Love. Tutti abbiamo fame d’amore, dobbiamo ammetterlo. Cosa mi dici?
Credo ci sia poco da dire, è un brano che sta piacendo anche ai “meno metallari”, per il suo sound delicato ai limiti dell’acoustic rock. È una canzone ricca di tensione emotiva, uno di quei brani che non mi stanco mai di ascoltare, soprattutto nei “giorni no”. Amo metterlo in play a ripetizione ad alto volume in cuffia, isolandomi dal mondo, o in macchina, parcheggiata ovviamente, sotto la pioggia battente. Amo il crescendo melodico della composizione, che culmina con l’assolo strumentale, e la ricca armonia del coro finale in cui ci siamo proprio divertiti ad intrecciare infinite linee vocali.
Tornando ai testi, entriamo un po’ più nel dettaglio…
Non voglio ripetermi ne dilungarmi ulteriormente sui brani di cui abbiamo già parlato. Ogni testo, come ti dicevo, è molto personale, pertanto anche le tematiche affrontate lo sono. L’unica traccia “positiva” dell’album è I’ll Be With You, dedicata ad una persona molto speciale,, che è parte della mia vita e che riesce a ricordarmi ogni giorno quali sono le cose che hanno davvero importanza.
Per il resto si parla di amori finiti, incomprensioni, possibilità negate, ma anche di rabbia e delusione. A tal proposito, con Set on Fire mi sono tolta qualche sassolino dalla scarpa. Un tema che spesso affronto nei miei testi è poi quello della malattia mentale. Ho studiato psicologia al liceo e so quanto sia importante sensibilizzare il pubblico su questo argomento. Scrivo di depressione, bipolarismo, schizofrenia o sindromi particolari, come quella di Stoccolma, su cui si basa il testo di Half Dead Soul, quinta traccia dell’album. Vorrei portare l’ascoltatore a riflettere, a domandarsi se è corretto additare come “pazzi” questi soggetti, isolarli perché vivono in un “altro mondo” o se alla fine la loro prospettiva è solo troppo distante da quella comunemente accettata dalla massa. I loro sentimenti non sono poi così diversi da quelli che noi stessi possiamo provare.
Patrik è il mio tutto musicale, lo sai bene, ed è strano trovarmi con te, con voi, dall’altra parte. Cioè, cinque miei dischi sotto le sue amorevoli cure e ora qui a parlare del suo, del vostro progetto musicale… Aiutami tu: come lavorano e compongono i Will of Nothing? Sì, e come è stato il processo creativo?
Sicuramente non abbiamo un flusso fisso. L’input iniziale è del tutto casuale: una frase “che suona bene”, un motivetto che ci frulla in testa. Un’ idea derivata da uno spunto musicale, un concetto o una tematica che ci piacerebbe affrontare. Nella maggior parte dei casi, Patrik compone un brano su cui poi io scrivo un testo. Lui è una macchina da guerra: registra quattro riff con la chitarra a modi appunto e in meno di quattro ore ti ritrovi con la base musicale pressoché finita su cui iniziare a pensare alla linea vocale e al testo. L’ispirazione solitamente la trovo proprio a seguito delle sensazioni che mi trasmette il brano e riesco a scrivere un testo appositamente pensato per quella specifica composizione. Altre volte, invece, riesco ad adattare alla musica dei testi abbozzati e accantonati per anni. Ci sono, infine, quei pochi brani che sono stati pensati da me testo e musica e riarragiati – per vostra fortuna! – da Patrik. In tutti i casi, comunque, ci piace confrontarci e lavorare in coppia. Scegliamo insieme i suoni da utilizzare o gli effetti da applicare, le parti da tenere o scartare e le correzioni da effettuare. Patrik mi ha sempre dato piena libertà sui testi, ma ho sempre preferito proporgli le mie idee e ascoltare i suoi suggerimenti in fase di stesura, scegliendo poi insieme come adattare al meglio i versi alla linea melodica.
Sul tavolo delle ispirazioni, cosa c’era? Ovviamente qualche nome già lo avrei, di altri ne ho parlato direttamente con Pat, ma vorrei sapere la tua…
Non so cosa ti abbia risposto lui, ma come ti accennavo prima i miei testi sono spesso legati a esperienze di vita personali. Traggo ispirazione dalla mia quotidianità o da vicende passate, stralci del mio vissuto, emozioni, persone che hanno fatto parte o fanno ancora parte della mia vita e che hanno saputo donarmi ricordi e momenti che hanno lasciato il segno. Altre volte, invece, dedico i miei testi a storie che mi sono state raccontate e che hanno saputo colpirmi in maniera positiva o negativa tanto da meritare una canzone al riguardo. Traggo ispirazione anche dal cinema e dalla letteratura, che spesso sanno suggermi la parola chiave mancante per aggiustare quella frase, quel concetto che non riuscivo bene ad esprimere. Credo poi che anche Patrik ti abbia detto che ci sono molti artisti, non solo del nostro genere musicale, che stimiamo e ammiriamo, e diventano inevitabilmente fonte di ispirazione, dandoci spunti e idee su come poter interpretare una frase, elaborare una linea melodica o un particolare arrangiamento.
Siete un duo da diverso tempo, uno straordinario duo, e l’alchimia è assolutamente evidente. Cosa vi rende così uniti e forti insieme?
Non so risponderti, so che ci siamo trovati bene l’uno con l’altra fin da subito, come se ci conoscessimo da sempre. Ci siamo scelti. Patrik ha riconosciuto in me il pezzo mancante per avviare il progetto musicale e io ho creduto e avuto fiducia nel suo infinito talento per valorizzare le mie capacità. Ormai ci capiamo al volo, sappiamo cosa fare senza che l’altro ce lo dica. C’è sintonia indubbiamente, forse perché ormai prima che essere un duo artistico siamo grandi amici.
Ti aspetto a cantare in un altro mio pezzo. Sai che non puoi dirmi di no! Amo Disinkanto Hotel anche per la tua presenza…
Volentierissimo! Amo anche io quella canzone, è un gran pezzo! Prima o poi ti facciamo la cover! …e a proposito di cover: presto ne pubblicheremo una che sarà una vera bomba! Non voglio anticiparti troppo. Speriamo solo che piaccia al nostro pubblico tanto quanto era piaciuta quella di Whatever It Takes.
Cosa non ti ho chiesto?
Ma direi che ci siamo dilungati fin troppo non credi? Sarà il caso di salutarti e ringraziarti nuovamente per l’invito a questa intervista.
Ricordo ai lettori di seguirci sui social per rimanere sempre aggiornati con tutte le uscite e ricevere anteprime in esclusiva. Entrambi i nostri album li potete trovare su tutti gli stores digitali e le piattaforme di streaming nonché sul nostro canale Youtube, al quale vi invito ad iscrivervi.
Like e commenti sono sempre graditi! Un caro saluto e alla prossima, ciao Ricky!
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