Articolo di Emilio Aurilia
Se “In-A-Gadda-Da-Vida” degli Iron Butterfly può considerarsi il riff del mondo rock per eccellenza, senza pur nulla togliere a quello di “Moby Dick” dei Led Zeppelin o “Smoke On The Water” dei Deep Purple dopo e l’incipit di “Day Tripper” dei Beatles, e quello di “Satisfaction” dei Rolling Stones forse i prìncipi degli emblemi sonori del beat rock, anche “Born To Be Wild” degli Steppenwolf, insieme a “Light My Fire” dei Doors possono considerarsi la colonna sonora di quel mondo musicale irripetibile, nato verso la fine degli anni sessanta e durato nel suo fulgore per un decennio.
Gli Steppenwolf sono una creatura generata nel 1967 dal cantante chitarrista John Kay, tedesco dell’Est emigrato in Canada negli anni cinquanta. La loro miscela rock blues e psichedelica, riconoscibile nei loro brani di punta: “The Pusher”, “Magic Carpet Ride” e il citato “Born To Be Wild” fra tutti, insieme ai testi d’impegno politico molto diretti, come nel concept album “Monster”, imperniato sulle tematiche della società americana, hanno interessato pubblico e critica, associando spesso il nome di Kay a quello di Jim Morrison per il livello di trasgressione.
“For Ladies Only” del 1971, altro concept , è forse l’ultimo album di un certo interesse prima dello scioglimento avvenuto nel 1976.
Da questo momento Kay ha pubblicato alcuni album in proprio e il suo gruppo ha tentato una prima infruttuosa reunion senza di lui causando le solite beghe legali per l’utilizzo del nome. Riformatisi con Kay pare continuino l’attività, senza troppa risonanza.