Articolo di Carlo Amedeo Coletta
Ho letto: Il Pettirosso
Autore: Jo Nesbo
Quelli bravi che se la tirano lo definirebbero un Crime Novel norvegese. Per chi magna salsiccia e fagioli è un
thriller poliziesco ambientato in Norvegia e scritto da un norvegese. Certo, qualche sfumatura di noir la ha
ma non so quanto sia voluta. Si accenna a valori quali la patria, l’amore, il potere utilizzato in maniera
equivoca, forse c’è anche un po’ di ambiente visto che Oslo, a quanto pare, puzza di escrementi di cane in
primavera, allo sciogliersi della neve, e d’estate ha un’aria quasi irrespirabile, ma niente più. Unico
argomento importante e degno di nota, ora come allora (è stato scritto e pubblicato nel 2000) è l’attenzione,
l’importanza e la lettura che viene data ai gruppi neonazisti norvegesi, a quanto pare ben presenti tra i
giovani. L’attualità di alcune pagine porta a soffermarsi molto sulle cronache del passato e dei giorni nostri
con assonanze talvolta angoscianti. Un monito per non chiudere gli occhi di fronte a certi avvenimenti, a
non sottovalutarli.
Ci sono più storie in questo libro e ognuna ha un proprio tempo, una propria epoca, un proprio motivo. Se
non fosse che l’intreccio vuole diversamente, potrebbero essere storie autoconclusive. Non è così, però.
Partiamo in tempi recenti, è il 1999, e il presidente degli Stati Uniti d’America giunge in visita a Oslo. Un
enorme spiegamento di forze dell’ordine deve garantire la sicurezza dell’evento e del presidente. Harry
Hole, il protagonista di questo libro, è assieme alla collega Ellen fermo in auto a presidiare un check point
lungo il percorso che l’auto del presidente dovrà percorrere. A pochi secondi dall’arrivo del convoglio
presidenziale, all’interno di un casotto posto poco più avanti, i due scorgono la sagoma di un uomo armato.
Sarà un attentatore o un uomo dei servizi segreti? Non ve lo dico perché, girata pagina, non c’è più nulla a
ricordarci questa storia ad alta tensione. C’è, invece, un uomo anziano che cammina lungo i giardini della
città, pensieroso perché un medico gli ha appena dato una brutta notizia. La peggiore che potesse avere.
Giriamo pagina e il vecchio non c’è più. C’è freddo, c’è neve, c’è una trincea e, annidato nel buio chissà dove,
un nemico. Siamo nel 1942, c’è la guerra e un confine da proteggere a costo della vita. Il fronte russo
vorrebbe avanzare e oltrepassare la linea norvegese ma non è impresa facile. Sapete che accade? Accade
che giriamo pagina, ci togliamo un po’ di neve dalle mani infreddolite e siamo di nuovo nel 1999. Così,
sbalzato dai campi della seconda guerra mondiale alla moderna Oslo, il lettore è trascinato, a volte
scaraventato, nel freddo della Norvegia e nella durezza dei cuori scandinavi, più o meno giovani, più o meno
moderni. Cuori che sembrano simili alle loro temperature ma che forse riescono solo a nascondere meglio
le forti emozioni che dimorano nei nostri ventricoli mediterranei. Ci sono sempre un presente, talvolta
difficile, e un passato che accorre a spiegare. Non è sempre detto che ci sia un futuro, questo è chiaro.
Certo, sapere con certezza di non averlo può cambiare le cose. Anche credere di non averne uno può
contribuire, però. Scommettere sul futuro costa poco per chi non ne avrà uno ma può costare la vita a chi,
invece, è convinto di poterlo avere. E’ come il pettirosso che, all’arrivo dell’inverno, non lascia la Norvegia
ma rimane lì per assicurarsi il nido migliore quando gli altri pennuti, dopo quasi un anno, torneranno dalla
migrazione. Solo il 10% dei pettirossi rimane in Norvegia e pochi sopravvivono all’inverno. Una scommessa
sul futuro, la loro.
Mi è piaciuto?
Non lo so. Neppure Quark parlerebbe così tanto di neve, vento, freddo e via dicendo e, pensiero già
espresso, a mio avviso in questo genere letterario qualsiasi opera con più di 400 pagine è un attentato alla
letteratura. Questo ne ha addirittura 600. Diarrea verbale a parte per allungare il brodo, un discreto libro. La
storia è credibile anche se costruita in maniera troppo macchinosa. In alcuni momenti la costruzione risulta
scricchiolare ma lo stile sicuramente è accattivante, in molti punti davvero avvincente. E Harry Hole sa
sicuramente farsi volere bene. Questo è il primo libro di una lunga serie che ha come protagonista questo
personaggio e non è difficile capirne il motivo. Nonostante rappresenti il prototipo di detective scorbutico e
avvinazzato, nonostante possa risultare prevedibile in alcuni atteggiamenti dettati dall’abuso della propria
autorità, è certamente ben caratterizzato sia fisicamente sia nel profondo dell’animo. Anche la collega, Ellen,
riesce a punzecchiare l’emotività del lettore e non credo sia semplice ottenere questo risultato con più
personaggi.
Jo Nesbo ha venduto più di 30 milioni di copie con Harry Hole e sono certo che le prossime avventure e
indagini sapranno spiegarmi bene il motivo. In tutta sincerità, sono ansioso di riprendere a leggere e questo,
per me, è un buon segno per consigliarvi questo autore.
Buona lettura allora, a presto