Zbigniew Boniek nasce il 3 marzo del 1956 a Bydgoszcz, cittadina della Cuiavia situata al centro del territorio polacco. Inizia a mulinare giovanissimo le sue gambe ossute proprio nella squadra locale, la Zawisza, che allora militava in serie B. Nella squadra della propria città, il poco più che maggiorenne Zbigniew riesce presto a mettersi in mostra e attirare le attenzioni della squadra più importante del campionato polacco, il Widzew Lodz.
Con il Lodz Boniek disputerà sette campionati di fila vincendo due campionati di Polonia nel 1980/81 e nel 1981/82 e due coppe nazionali. I successi gli spianano il cammino verso la Nazionale con la quale debutta nel 1976 in occasione di una partita contro l’Argentina. E proprio in Argentina nel 1978 arriva la convocazione per i Campionati del Mondo. Boniek è la riserva di lusso di una generazione irripitibile di talenti quali Deyna, Lato e Szarmach ma riesce comunque a ritagliari un suo spazio nel match realizzando una doppietta nel match contro il Messico e imponendosi all’attenzione mondiale per il suo talento sopraffino unito a scatto, prontezza di riflessi, potenza.
Ancor prima di approdare a Torino, nel suo cammino Boniek incrocia più volte l’Italia e la Juventus. Nel 1980 il rosso guida la sua Polonia nel 2 a 2 contro l’Italia nell’ultimo match in nazionale di Paolo Rossi prima dello stop per il calcioscommesse. Con la casacca del Widzew, invece, Boniek affronta la Juventus in Coppa Uefa e la elimina. Decisivo sarà proprio un suo rigore con cui piega i guanti a Dino Zoff.
I Mondiali del 1982 in Spagna rappresentano la definitiva consacrazione del talentino polacco che guida una Polonia tecnicamente mediocre ad un inaspettato terzo posto. Indelebile resterà il match contro il Belgio nel secondo turno: Boniek realizza una fantastica tripletta e nel successivo incontro contro i padri-padroni dell’URSS basta uno 0-0 a garantire l’accesso alle semifinali. Fatale però un cartellino rosso rimediato all’88’ che farà saltare al condottiero il match contro l’Italia. Senza il suo talismano, i bianchi si consegnano agli azzurri di Bearzot per 2-0. Nella finale per il terzo posto Boniek rientra trovandosi di fronte la Francia di Michel Platini, suo prossimo compagno di avventure juventine.
La Juventus infatti si era assicurata il campioncino polacco già nell’aprile del 1982 quando il direttore generale Giuliano aveva “chiuso” con il Widzew per 2 miliardi e 300 milioni e blindato il campione polacco con un triennale da 600 milioni. L’impatto con il calcio italiano non è però semplicissimo. Inserito in una squadra già rodata e piena di stelle, il rosso stenta ad imporre il suo carisma e complice qualche incomprensione con Trapattoni unita ad una certa sua predisposizione all’anarchia tattica, conclude la prima stagione italiana con una Coppa Italia ed una sfortunata finale di Coppa Campioni persa contro l’Amburgo. E’ propio in questa competizione che Boniek riesce a incidere con alcune notevoli performances facendosi così appiccicare dall’Avvocato Agnelli il soprannome di “Bello di Notte”.
Così Boniek ricorda la genesi l’appellativo: “Ci trovavamo a New York per un evento che adesso non ricordo qualche settimana dopo una mia prestazione straordinario in coppa dei Campioni che si era disputata di sera. Durante il ricevimento di gala l”avvocato Gianni Agnelli ci presento a Kissinger: presentando Platini disse questo è ”bello di giorno” e poi presentando me disse ”questo invece è bello di notte”. Sentendo questa presentazione alcuni giornalisti presenti ripresero tale definizione contribuendo ad alimentare questo ”mito”che personalmente ho sempre considerato una cosa simpatica e carina“.
La stagione 1983/84 porta a Torino lo scudetto. Platini e Boniek sono ormai entrati nel meccanismo di Trapattoni ed oltre al tricolore arriva anche la Coppa delle Coppe. Nella notte di Basilea contro il Porto è proprio il polacco a realizzare la rete decisiva raccogliendo un invito di Vignola e battendo corto a rete. E’ in questa stagione che Boniek diventa devastante quando, riconosciuta l’inadeguatezza di Penzo ad alti livelli, il Trap schiera Vignola e “Zibì” può giocare da punta atipica, libero di correre secondo il proprio genio..
Il terzo anno italiano è segnato da forti chiaroscuri. Da una parte la sensazione che il ciclo bianconero stia volgendo al termine, mentre dall’altra fa da contraltare la splendida cavalcata in Coppa dei Campioni macchiata di nero nella tragica serata dell’Heysel. Di quell’inutile match resta solo il lancio di Platini che innesca la poderosa fuga di Boniek, messo giù da Gillespie un metro abbondante prima dell’area di rigore. L’arbitro Daina, lontano, fischia un incredibile penalty; nessuno protesta, Platini trasforma.
Il triennio bianconero è finito per autoconsunzione, questi i ricordi di Zibì: “All’epoca per tre anni siamo stati una delle squadre più quotate, se non la più quotata, al mondo. C’erano pochi club che avevano così tanti campioni in rosa. Però, pur avendo vinto tantissimo in Italia ed in Europa, ancora provo rammarico per quella partita persa ad Atene. Avessimo vinto quella sera contro l’Amburgo, l’anno successivo avremmo potuto giocare la coppa Intercontinentale e magari rivincere la Coppa Campioni invece della Coppa Coppe. Insomma, pur essendo ricordati come la squadra che ha vinto tutto, se avessimo battuto l’Amburgo avremmo vinto tre volte di più“.
Nel frattempo la Roma di Dino Viola, che ha troncato tristemente la collaborazione con il “re” Falcao, cerca un uomo per far dimenticare il brasiliano alla tifoserie e specialmente, un autentico protagonista per rilanciare le ambizione della squadra. Boniek è l’uomo giusto e nella nuova Roma di Eriksson è subito in primo piano.
All’inizio è però accolto con diffidenza dalla rifoseria giallorossa, notoriamente allergica a chi proviene dalla Juventus: “Chiaramente ero considerato un soggetto un po’ da studiare. Mi ricordo che nei primi allenamenti mi guardavano come per cercare di capire se sotto la tuta avessi ancora la maglia della Juventus. Nella prima gara di campionato dopo dieci minuti avevo fatto già 3 o 4 azioni di un certo livello, ma i tifosi rimanevano ancora freddi ed in silenzio. Ad un certo punto della gara partì il solito coro: ‘Juve, Juve vaff…” e subito dopo “Zibì Boniek, Zibì Boniek”: praticamente in quel momento capii che mi avevano adottato“.
E’ una seconda giovinezza per il polacco, lasciata la Juventus con amarezza, nella Roma troverà successo e un pubblico che subito lo ama. Con lui la squadra si riconferma grande e sarà solo la “corea giallorossa” contro il Lecce a privarlo di un altro scudetto. Nel frattempo si riparla di mondiale, il terzo per il polacco che ha ormai trentenne. La sua squadra non è più quella decisiva di quattro anni prima e ripescata come migliore terza nella fase eliminatoria, viene “sepolta” dal Brasile negli ottavi per quattro a zero.
La carriera in nazionale proseguirà comunque per altri due anni fino al 1988 arrivando a collezionare ben 80 presenze e 24 reti in un arco temporale di ben 12 anni.
Il torneo 1986-87 è l’ultimo nel nostro paese; la Roma disputa un mediocre campionato di centro classifica e per Boniek è l’addio alla capitale ed al calcio giocato, rimpiazzato da due giocatori come Renato ed Andrade che lo faranno subito rimpiangere.
Il dopo-football di Zibì è caratterizzato da forti tinte scure. Si iscrive subito al supercorso di allenatori di Coverciano e la stagione seguente, 1990/91, è alla guida del Lecce in Serie A. L’avventura si chude amaramente con la retrocessione dei giallorossi in Serie B. Ma è ancora la Puglia, e questa volta è il Bari, ad accordargli fiducia nella stagione successiva conclusa ancora una volta con una retrocessione
Per la stagione 1992/93 accetta di scendere in C1 alla guida della Sambenedettese in Serie C1 entrando in corsa con la squadra a metà classifica. Sarà ancora un’esperienza amara, i rossoblu scendono in piena zona retrocessione e Boniek verrà esonerato dopo appena tre mesi di lavoro.
L’etichetta di perdente viene finalmente tolta nella stagione 1994/95 quando viene chiamato in corsa alla guida dell’ Avellino in Serie C1. La stagione si risolve in maniera trionfale e dopo lo spareggio con il Gualdo, vinto ai calci di rigore, la squadra irpina è promossa in Serie B. Il feeling dura poco, e nella stagione successiva bastano poche partite prima di subire ancora un esonero.
Nonostante viva a Roma, Boniek non taglia il cordone ombellicale con il suo paese di origine, la Polonia, e dopo essere stato per un lungo periodo vice presidente della Federazione calcistica polacca, nel luglio del 2002 assume anche l’incarico di allenatore della Nazionale, ma dopo appena 5 gare (di cui 2 vinte, 1 pareggiata e 2 perse), nel dicembre dello stesso anno, rassegna le dimissioni.
Attualmente Zibì fa il commentatore televisivo facendosi sempre distingurere per la verve polemica e mai banale e quella spregiudicatezza che lo ha sempre accompagnato in tutta la sua carriera calcistica.