Rockology

BLOOD, SWEAT & TEARS

 

ARTICOLO DI EMILIO AURILIA

 

Quando Al Kooper intorno al 1967 ha dato vita ai Blood, Sweat & Tears insieme al chitarrista Steve Katz e il batterista Bobby Colomby, ha cessato di essere quel semisconosciuto musicista che quasi casualmente, due anni prima, si era trovato a suonare l’organo durante le sedute di registrazione di “Highway 61 Revisited“, uno dei più significativi albums di Bob Dylan, ponendo la sua nuova creatura all’attenzione di pubblico e critica grazie alla interessante mistura di blues, rock e una forte impronta jazz fornita da una brass section alla medesima maniera dei Chicago e dei meno conosciuti If, lasciando così aperta una sorta di conflitto sul sospetto che la band di Robert Lamm e James Pankow non sia germinata spontaneamente, bensì massimamente influenzata dal coevo gruppo di Kooper. Partito il leader all’indomani della pubblicazione del non facile “Child Is The Father Of The Man” e che di lì a poco sarebbe diventato uno dei più richiesti e apprezzati arrangiatori e session men oltre che elegante cantautore in proprio, i BS&T passano nelle mani del vocalist canadese David Clayton-Thomas che con la sua voce grezza e roca ha fornito l’impronta soul ai più notevoli successi del tempo “Spinnin’ Wheel“, “You’ve Made Me So Very Happy” e “Lucretia McEvil“. Lasciato anche lui il gruppo verso la fine del 1971, è toccato al bravo Jerry Fisher ereditare quell’impegnativo ruolo. Con lui il complesso ha realizzato almeno un album di notevole livello: “New Blood” (che insieme a lui annoverava altri cambi di formazione succeduti numerosi nel tempo) e che se non ha riscosso il successo meritato, è dovuto solo al pregiudizio verso il nuovo cantante. Dopo un LP in cui a Fisher è stato affiancato il compianto soul singer Jerry La Croix, ha fatto il suo ritorno Clayton-Thomas e i BS&T fra luci e ombre e lunghe interruzioni, continueranno la loro attività senza eccessivo séguito come càpita purtroppo a molti gruppi cui una invidiabile longevità non è la carta di credito che garantisca loro una costante credibilità. Ci piace ricordare fra i molti musicisti avvicendatisi, oltre ai già citati fedelissimi Katz e Colomby, il polistrumentista Dick Halligan che, sfruttando la numerosa formazione, lo  aveva guidato anche verso un approccio classico arrangiando Eric Satie e altri, nonché Dave Bargeron (trombone  e tuba) e Lew Soloff (tromba e flicorno), strumentisti di enorme spessore, attivi dal vivo e in studio, in convincenti ensamble di jazzisti, anche se purtroppo Soloff sia deceduto nel 2015.

 

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