articolo di Emilio Aurilia
Come possiamo pensare di parlare di un musicista che ha pubblicato il primo disco omonimo nel 1962, ripeto millenovecentosessantadue, e che è ancora in attività in mezzo a musicisti di età uguale a quella dei suoi nipoti?
Nato Robert Zimmerman nel 1941 ha attraversato e attraversa l’intero universo musicale oltreché con i propri dischi, anche con brani scritti per altri cantanti.
Tanto per citarne uno: “I Shall Be Realised” è stato interpretato, oltre che dalla Band (suo fido gruppo accompagnatore per qualche anno), anche dai Byrds, Joan Baez, Peter, Paul & Mary, Joe Cocker, Jerry Garcia, Joni Mitchell, The Hollies, solo per citare quelli che vengono alla mente; per tacere la versione hendrixiana di “All Along The Watchtower”. Quando John Lennon scrisse per l’album “Beatles For Sale” (1964) il brano “I’m A Loser”, doveva certamente avere nelle orecchie Dylan.
Per anni è stato il menestrello che disegnava le sue poesie sull’armonia della sua chitarra acustica anche su vinile, avvicinandosi poi a tempi più energici e più mossi elettrificando gli strumenti verso forme più vicine al rock, specie quando, a seguito di una lunga convalescenza da un incidente di moto, ha iniziato la collaborazione con la Band di Robbie Robertson di cui abbiamo parlato, con i famosi “Basement Tapes”.
Già in “The Freewheelin’ Bob Dylan” (1963) è presente l’essenza totale del cantautore che, chitarra e voce, sforna i brani che sono rimasti il suo manifesto: “Blowin’ In The Wind” che conta moltissime cover come “I Shall Be Realised”, “A Hard Rain’s Gonna Fall”, l’antimilitarista “Masters Of War” e “Don’t Think Twice It’s Alright”.
Due anni dopo con “Highway 61 Revisited” è la volta di un altro caposaldo dylaniano: l’insuperabile ruvida, ma poetica “Like A Rolling Stone” con la prestigiosa presenza di un semisconosciuto Al Kooper all’organo e che lo seguirà in molti prodotti successivi.
Dylan collaborerà a lungo con George Harrison che nel suo “All Things Must Pass” (1971) canterà “If Not For You” e cofirmerà “I’d Have You Anytime”, prima di ritrovarsi insieme nel concerto per il Bangla Desh.
La colonna sonora “Pat Garrett And Billy The Kid” (1973) proporrà un altro pezzo indimenticabile della sua discografia “Knocking On Heaven’s Door” che, benché occhieggi al pop avvicinandolo ad un pubblico meno esigente, resta un episodio di elevata fattura.
“Planet Waves” (1974) nasce dal sodalizio con la Band ma, pur non contenendo brani di punta, si mostra un prodotto godibile, come godibile assai di più il doppio dal vivo (sempre in collaborazione con il citato gruppo) “Before The Flood” in cui l’energia e la voglia di suonare appare in modo tangibile. La collaborazione è totale come si può notare dall’esecuzione di brani realizzati da Robertson e soci: “The Shape I’m In” e soprattutto “The Wight”.
L’ultima facciata è dedicata a quei brani che più caratterizzano il cantautore: “All Along The Watchtower”, “Highway 61 Revisited”, “Like A Rolling Stones” e ”“Blowin’ In The Wind”.
Nel 1975 viene finalmente pubblicato “The Basement Tapes”, prodotto nato dalla collaborazione di Dylan con la Band nel 1967, e fino allora un bootleg.
Gli anni settanta si concludono con un importante episodio della sua vita privata: la conversione al Cristianesimo che lo condurrà verso gli album “Slow Train Coming” (1979), “Saved” (1980) e “Infidels” (1983).
Gli ottanta si chiudono con un peculiare episodio “Dylan & The Dead”, non un titolo lugubre, bensì un prodotto collaborativo con i Greateful Dead, in cui spiccano “All Along The Watchtower” e una versione estesa di “Knocking On Heaven’s Door”.
Nel 1992 realizza un album di cover folk e country “Good As I Been To You” per voce, chitarra e harmonica, la sua strumentazione degli esordi.
Dopo aver inaugurato il nuovo millennio con una serie di live e antologie, esce nel 2001 con “Love And Theft”, seguiti da altri bootleg, antologie e live e trovando il modo di realizzare un album di canti natalizi “Christmas In The Heart” con le immancabili “The Christmas Song”, stupenda, “Winter Wonderland”, “Adeste Fideles”, “Little Drummer Boy” e “Must Be Santa”, corredata di video simpatico.
Occorre giungere al 2012 per ritrovare un nuovo prodotto “Tempest” e poi la solita sequela di album celebrativi, fino ad arrivare a “Rough And Rowdy Ways” (2020), un sovrabbondante doppio, al solito ottimamente prodotto, con la partecipazione del fido bassista Tony Garnier e il leggendario tastierista Benmont Tench e che resta l’ultimo suo prodotto in studio, volendo escludere la colonna sonora auto celebrativa “Shadow Kingdom” (2023), riferita alle sue prime canzoni.
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