ARTICOLO DI ADRIANA LA TRECCHIA SCOLA
Nella Bibbia rispetto ai Vangeli c’è una crudezza ed estraneità verso l’ uomo che lascia attoniti. La figura di Dio non è dolce e misericordiosa, ma spietata e violenta: infatti solo con Gesù si crea il tramite che porta alla salvezza, cioè a Dio. Con il suo sacrificio Gesù ci permette di superare la disperazione della vita (che è come un deserto in cui siamo abbandonati) per giungere a Dio. Mentre per il cristiano la morte è congiunzione con Dio (la vita eterna), per l’ ebreo biblico è buio a cui sfugge il concetto di eternità (un miraggio nel deserto). Non a caso Saul Bellow, parte della triade dei grandi scrittori ebrei-americani con Isaac B.Singer e Philip Roth, esprime un concetto molto evidente: la realtà è implacabile e non fa sconti nel caso si facciano scelte sbagliate. Di solito i suoi protagonisti devono lottare contro l’ ineluttabile, senza speranza. Proprio questo sforzo massimo di sopportazione porta alla consapevolezza che il senso della vita sta nello scontare la sua pena. In fin dei conti i fallimenti e gli errori contano quanto i successi: anzi liberano dall’ obbligo del successo a tutti i costi e dalla schiavitù dei falsi ideali. Nell’ epoca attuale si concretizza un forte senso di estraneità alla vita perchè i valori sono contrastanti, possono essere gli uni il contrario degli altri. Oggi l’ uomo è vittima di un sistema che ha creato lui stesso e che oramai sembra irreversibile. Il processo iper-capitalistico ha al centro cose, oggetti, vuoti di morale e privi di escatologia (salvo quelle utilitaristiche). Appropriata una citazione di Mario Praz: “Sarai il più abbandonato quando le cose ti abbandoneranno. Le cose non domandano: dicono di sì a tutto. Le cose sarebbero delle magnifiche amanti”. Così quando una civiltà è preda di istanze materialiste prevale l’ irrazionalismo di massa che dissolve tutto. L’ aria positiva della prima globalizzazione ha illuso che potesse nascere una politica riformatrice. Invece il fallimento del governo mondiale significa l’ impossibilità di governare il problema dei diritti e delle libertà a causa della mancanza di movimenti culturali in grado di riattivare l’ idea democratica. La critica alla modernità o post-modernità mette in primo piano l’ importanza della parola dignità (oltre la triade illuminista libertà-uguaglianza-fraternità). Nessuno può esistere senza una propria dignità, ma difficilmente potrà esserci se non si riconosce il vuoto circostante.
Il 2022 è stato un anno drammatico per i Foo Figthers, in particolare per Dave Grohl: il 25 marzo muore per arresto cardiaco, causato da overdose di farmaci e droghe , il batterista (anima del gruppo) Taylor Hawkins, il 17 agosto scompare la madre Virginia. Così il leader della band americana, per superare tutti i traumi, trasformando la sofferenza in arte, si è affidato alla musica. But Here We Are è l’ undicesimo album in studio di inediti, pubblicato il 2 giugno, sembra dire “nonostante tutto siamo ancora qua”. I Foo Figthers lo hanno descritto come “Una risposta brutalmente onesta ed emotivamente cruda a tutto ciò che abbiamo sopportato nell’ ultimo anno. Una testimonianza dei poteri curativi della musica, dell’ amicizia e della famiglia”. Prodotto dai Foo Figthers e dal collaboratore di lunga data Greg Kurstin, But Here We Are è “quasi in egual misura l’ undicesimo album dei Foo Figthers e il primo capitolo della nuova vita della band”, afferma il comunicato stampa. “Incanalando dal punto di vista sonoro l’ ingenuità del debutto dei Foo Figthers nel 1995, infuso di decenni di maturità e profondità , But Here We Are è il suono di fratelli che trovano rifugio nella musica che li ha uniti in primo luogo 28 anni fa. Un processo era tanto terapeutico quanto riguardava la continuazione della vita”. Le dieci canzoni dell’ album coprono la gamma emotiva “dalla rabbia e dal dolore alla serenità e all’ accettazione e una miriade di punti intermedi”. Dave Grohl si è concentrato sul canto e sulla chitarra ritmica da quando ha formato la band nel 1995, ma come si sa è lui stesso batterista: era il batterista del gruppo più famoso degli anni Novanta, i Nirvana. Tuttora occasionalmente il leader della band contribuisce alla parte di ritmica e percussioni dei Foo Figthers. Nel suo memoir intitolato The Storyteller aveva descritto il collega e amico Taylor Hawkins “Mio fratello di un’ altra madre, il mio migliore amico, un uomo per il quale prenderei una pallottola”. Se il disco è interamente dedicato al compianto Taylor Hawkins, The Teacher è interamente dedicata alla madre Virginia, che faceva l’ insegnante. Dopo Rescue, Under You e Show Me How il nuovo estratto dell’ album è The Teacher, che è posizionata come penultima traccia all’ interno della tracklist prima del “riposo” di Rest. Il video, realizzato dall’ artista multimediale Tony Oursler già all’ opera per il video di We Are We Now? di David Bowie, mostra immagini d’ epoca di Dave bambino e filmati dei Foo Figthers nei loro esordi. The Teacher sembra una canzone atipica per la band americana, di sicuro è la più lunga della loro discografia, ben 10 minuti. Appare strutturata come A Day In The Life dei Beatles, perchè risultato di diverse istanze, frammenti di suoni e sensazioni, elaborate per consentire un ultimo saluto sia a Taylor Hawkins che a Virginia Grohl. Ci sono chitarre dissonanti, un ritornello in pieno stile Foo Figthers, riverberi psichedelici e un ritmo che sembra aprirsi e chiudersi in continuazione. Dave Grohl canta tra batterie e chitarre frenetiche in atmosfere quasi sognanti e spensierate fino a spegnersi nello sconforto più totale. Il post-grunge e il rock alternativo non mancano, ma a dominare è la sperimentazione già assaporata nel precedente disco Medicine At Midnight.