Classe 1963, arriva alla Juventus nell’estate del 1989, proveniente dall’Atalanta; è un vero jolly, capace tanto di giocare a centrocampo quanto in difesa. Ha un unico vero limite, una lentezza davvero esasperante. Daniele si arrabbia quando glielo fanno notare: «Non capisco questa critica, sinceramente. Non sarò velocissimo, però non ricordo un avversario che mi sia andato via in velocità, né a centrocampo, né in difesa. Credo di avere tempismo e senso della posizione. Ma la verità è che le critiche mi piovono addosso solo quando perdiamo. Se si vince, nessuno si accorge se sono lento o meno. Comunque, se proprio bisogna trovare un difetto al sottoscritto, va bene la lentezza, tanto più che un fulmine di guerra comunque non sono mai stato».
Ha, però, un senso tattico davvero sviluppato da autentica prima fascia, piedi non disprezzabili e intelligenza calcistica sopraffina, testimoniata dalla facilità con la quale si alterna in difesa e a centrocampo e da una non trascurabile confidenza con il goal: «Non sono mai stato un regista, non ne ho le caratteristiche in senso classico. Mi sento un mediano, che cerca di rubare qualche palla all’avversario e rilanciare il gioco. Credo però che il regista non necessariamente debba stare in mezzo al campo: può agire in difesa o là davanti».
La prima stagione in bianconero, sotto la guida di Dino Zoff, non è particolarmente fortunata: «In otto anni di carriera professionistica non mi ero mai fermato. Arrivo alla Juventus e subito va tutto bene, gioco, me la cavo discretamente in campionato e bene in Coppa. Poi, a gennaio, la prima tegola e, subito dopo, la seconda. Se la prima volta è stata brutta, la seconda è stata tremenda. Ho temuto per la carriera, lo confesso, avevo paura di non riuscire a recuperare, visto che non ero abituato a infortuni così seri. Ma è stato proprio allora che ho capito tutta l’importanza di essere alla Juventus. Nel senso che devo ringraziare la società, in particolare l’allora presidente Boniperti. Mi sono stati tutti vicini, mi hanno tranquillizzato, mi hanno detto di non avere fretta, di recuperare senza preoccupazioni. Mi hanno fatto capire che c’era bisogno di me. Sì, lo so, possono sembrare cose banali, ma per me era importante sentirmele dire da certi personaggi. Ho capito che la Juventus è il massimo anche per un giocatore infortunato».
Nonostante gli infortuni, Daniele ha la grande soddisfazione di vincere sia la Coppa Uefa, sia la Coppa Italia. Nell’anno di Maifredi, con una Juventus assurdamente infarcita di punte e mezze punte, l’Avvocato disse: «Con Fortunato in campo mi sento più tranquillo».
In effetti, bilanciare quella squinternata banda di frivoli, senza far venire enormi spaventi al povero Tacconi, era un’impresa veramente ardua. Per lui, comunque, trentaquattro presenze e una rete contro il Cesena; purtroppo, anche un autogoal nel derby di ritorno, che causa la sconfitta nella sfida stracittadina.
Rimane in bianconero fino all’estate del 1991, quando è ceduto al Bari; con la casacca bianconera totalizza sessantadue presenze e realizza cinque goal.
FONTE: http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/01/daniele-fortunato.html#more
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