Articolo di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
L’incredibile voce di Chris Cornell ha lasciato tragicamente questo mondo nel maggio del 2017. Così, senza preavviso, in un albergo di Detroit, subito dopo aver emesso le ultime note con i Soundgarden, band fondamentale per la storia del rock più recente. Storie di ansiolitici, di sedativi, di disagi esistenziali. Storie mai curate. Storie che a me però interessano relativamente. Già, perché le vicende che amo ascoltare o raccontare riguardano esclusivamente il cuore della musica, la magia della musica, e Chris Cornell, classe 1964, di musica ne ha prodotta tanta, diversa e di assoluta qualità. Un cantante immenso, un fuoriclasse, un autore talentuoso e dalle molteplici sfumature, che si è mosso un po’ ovunque, regalando continuamente emozioni. Sono molto legato a questa figura, più che legato. Sicuramente Chris è e rimarrà per sempre una delle mie rockstar preferite, e custodire gelosamente i dischi che lo vedono protagonista è il minimo che un fan possa fare.
A partire dal 1988 l’artista ha partorito parecchie perle. Dal repertorio dei Soundgarden, ovviamente la band principale del cantante di Seattle, balzano immediatamente fuori le classiche Black Hole Sun, Spoonman, Feel On Black Days o Rusty Cage, canzoni che hanno contribuito a segnare l’epoca del grunge e che bellezza e blasone hanno trasformato in classiche favole contemporanee. Successivamente, in compagnia dei membri dei Rage Against The Machine, l’ambizioso progetto Audioslave, di palese matrice hard rock settantiano, e le bellissime Show Me How To Live, Like A Stone, Cochise o Wide Akake. In realtà pochi titoli non rendono affatto giustizia alla creatività e consiglio l’ascolto di tutta l’opera di Cornell, comprese le avventure vocali nel supergruppo Temple of The Dog con i futuri membri dei Pearl Jam o i diversi tuffi sonori firmati esclusivamente a proprio nome. In questo articolo vorrei proprio soffermarmi su questi ultimi e, soprattutto, sul finale della carriera, sulla parte finale della vita. Mi trovo di conseguenza a scrivere di un album raffinato e prezioso, l’ultimo, ahimè, pubblicato dal vocalist. Higher Truth, prodotto del 2015, è a mio avviso un grande disco, una creatura intima, profonda e passionale, guidata dall’interpretazione stellare di Cornell e colorato da arrangiamenti tanto morbidi quanto incisivi. Ascoltare queste tracce oggi, dopo la dolorosa scomparsa e considerando il carico introspettivo dell’opera, è davvero una strana esperienza. La scelta musicale è sicuramente tra le più semplice possibili: voce, chitarre acustiche e poco altro. Un ossatura sempre e comunque minimal, ma destinata a farsi amare. Nulla a che vedere quindi con i precedenti Euphoria Mourning o Scream, molto più elaborati, sperimentali e un po’ più difficili da metabolizzare. L’approccio di Higher Truth è sicuramente ispirato al breve tour del 2011, testimoniato dal bellissimo Songbook, disco live che raccoglie il meglio dell’avventura e parecchie gemme del repertorio riviste in chiave rigorosamente cantautorale. Insomma, la naturalezza delle ultime creature è incredibile, viscerale, a mio modo di vedere disarmante e raffinato. Le canzoni sono tutte belle e riuscite, ma se proprio dovessi estrarne soltanto qualcuna, e per farlo dovrei quanto meno avere una pistola puntata alla tempia, beh, sceglierei la commovente e straziante Dead Wishes, la delicata Let Your Eyes Wander o le radiofoniche Nearly Forgot My Broken Heart e Before We Disappear. In ogni caso stiamo parlando di un lavoro che va preso e ascoltato nella sua elegante interezza. Sì, ripetutamente e magari nella massima quiete. Amo questo disco, lo amo moltissimo. Immaginarlo come una sorta di testamento, di ultimo regalo, accidenti, è piuttosto fastidioso…
Chris Cornell è andato via nel maggio del 2017, ma noi, amanti della grande musica abbiamo il dovere di ricordarlo e di omaggiarlo. In che modo? Nulla di più semplice: lasciandoci trasportare dalla sua voce, senza dubbio una delle migliori che il rock ci abbia mai regalato.
Acquistate il classico Superunknown dei Soundgarden, l’omonimo primo degli Audioslave e la deluxe di Higher Truth. L’essenza di Cornell non può mancare nelle collezioni.
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