Di MsFMaria ~ Keanu
A volte la vita ti sorprende con risposte ad alcune domande che ci poniamo e il tempismo risulta sorprendente: come se attraessimo queste risposte, ma arrivano quando meno le aspettiamo e allora sorridiamo e ci rallegriamo.
Qualche ora fa (data stellare intesa quella in cui sto scrivendo, ma non pubblicando), ricevetti un invito inatteso come ospite di Viva la radio su Radio In 102 che colsi al volo: era esteso a tutta la squadra di Progetto Inediti, ma si decise che per questa volta sarebbe stato un intervento singolo di rappresentanza. “Un intervento veloce”… la mia aspettativa era uno slot di tre minuti vs la realtà che si rivelò un’ora piacevolissima di trasmissione. Mi si chiedeva il mio punto di vista da spettatore e da operatore del mondo dello spettacolo in merito alle “riaperture”. Dissi in diretta che avevo scritto un articolo in merito e che la coincidenza era fantastica. Per conoscere il mio sproloquio, vi fornisco link o video. Stacco pubblicitario con un allungamento da destra per cambiare inquadratura.
In questo momento della vita, mi convinco sempre di più che ogni cosa accade in un momento preciso per una ragione a noi parzialmente conosciuta: che si tratti di qualcosa da imparare o di un “premio” per avere superato un ostacolo? Anche. Lo si scopre solo lungo il percorso. Una cosa che ho imparato da studi personali basati non solo sulla Filosofia, bensì su una solida base scientifica è che noi attraiamo anche queste “coincidenze” proprio come delle calamite a livello energetico. Come può avvenire? Basta non fermarsi all’apparenza dato che la maggior parte dei fenomeni “invisibili” a occhio nudo risultano in realtà visibili.
Da diversi anni, ho cominciato a interrogarmi sulle fatidiche domande sul senso della vita dopo aver visto la morte in faccia qualche volta, con tanto di luce in fondo tunnel e sentirmi dire: “Not tonight”. Beh, sì, era notte. Che posso farci? Proprio in seguito a tali eventi ti chiedi: “Perché io continuo a calpestare questa Terra e altre persone non riescono neanche a nascere? Qual è il motivo/lo scopo di questa mia esistenza? Che cosa devo imparare oppure dopo aver compreso, devo aspettarmi il solito percorso da video gioco con missione 1, 2, 3 finché scopro chissà che cosa e allora ricevo un’illuminazione?”. Vedo già due o tre lampadine accendersi sulle vostre teste circondate da punti interrogativi. Forse qualcuno guarda anche la mia fotografia ed elabora un’equazione matematica del tipo:
L’altra opzione è: “Quale fotografia? Uso lo screen-reader in sottofondo”.
Pertanto, durante le mie ricerche personali (incredibile, ma vero esiste una forte anima critica in me e la risposta “è così e basta” non mi soddisfa, nonostante una parte di me sia estremamente attratta dal concetto di “magia” giusto per capirne le cause e come funzioni), ho cominciato a seguire diversi scienziati e anche molte persone che hanno ri/scoperto la corrente New-New Age: che cosa possono mai avere in comune il teatro, la magia, le energie, la scienza, la religione, la spiritualità e via discorrendo? Molto più di quanto si immagini.
Quando ti dai anima e corpo a un personaggio (cfr. Prima e Seconda Natura Stanislavskijane), cominciano i primi conflitti tra te e la sua identità, tra la sospensione del giudizio nei suoi confronti e tutto ciò in cui credi. Grandi atei sono riusciti a interpretare personaggi di immensa spiritualità, capisaldi di correnti religiose e sette proprio perché hanno cominciato a conoscere se stessi meglio e soprattutto perché tramite lo studio del personaggio riescono a “scoprire” risposte a domande ancestrali. Questo accade anche ai più grandi pensatori e scienziati: pensiamo a Kant, Pascal, Higgs… per cui, è insito nella natura umana guardare oltre, “dietro la tenda” famosa del grande e potente Mago di Oz o semplicemente parlare con il “Signore del piano di sopra”. Questo mi fa ricordare un paragone più o meno calzante che lessi nel capitolo conclusivo di un libro di Storia della regia teatrale in cui si definiva il regista come il dito di Dio. Offensivo per alcuni, ma se si pensa alla figura del deus ex machina, il regista diventa un po’ “dio/divinità”, senza risultare blasfemi. Per citare The Lawnmower Man, “qui dentro io sono dio”. Il potere può dare alla testa, per questo una buona dose di realtà non nuoce mai a nessuno: la chiave di tutto è sempre rimanere con la testa sulle spalle.
Il rapporto che esiste tra attore e personaggio, a volte, è anche quello che si può instaurare con la propria “creatura”: un personaggio nasce e cresce in noi e si sviluppa e diventa parte di noi. Diventa quasi un passaggio naturale, raccontando la trama di un film o di uno spettacolo dire: “Entro e trovo X e Y che mi attendono al varco…”. Un tipo di identificazione differente da quella che ti annulla, ma che ti aiuta anzi a capire molto di te con lo strumento più potente che esiste ovvero “come se”: come mi comporterei io se fossi in questa situazione, dato che non ho mai avuto l’occasione o l’esperienza di…? Questo riforza il legame e allo stesso tempo sottolinea la differenza tra prima e seconda natura, ricordandoci chi siamo. Ritornando, appunto, all’argomento principale, avviene una sorta di “magia” che non ti permette di accettare un “così e basta”: al contrario, emergono sempre più domande per capire, afferrare anche quelle sfumature impercettibili, diventando piccoli scienziati della psiche e portandoci ad approfondire sempre di più dato che non sempre le conoscenze che portiamo come bagaglio possono compensare le mancanze. Per esempio: se interpreto il Santo X o lo scienziato Y, devo conoscere le loro vite, il loro pensiero, etc, per risultare credibile. Come Russel Crowe in A Beautiful Mind che ha avuto bisogno di una controfigura per le scene alla lavagna, di un professore, poiché alcune abilità si possono imparare, ma non sempre alla perfezione: il cinema aiuta con questi stratagemmi. A teatro è un po’ diverso in quanto senti e vedi il respiro di chi ti sta davanti e se interpreti, per esempio, Puccini, devi almeno sapere dove mettere le dita su un piano o fingere bene al punto da lasciar credere che stai suonando. Può anche avvenire il contrario come Daniel Radcliffe (conosciuto come Harry Potter) durante la scena del Ballo del ceppo: l’attore sapeva ballare, il personaggio no e Radcliffe ha dovuto fingere e sforzarsi di risultare credibile.
La credibilità, dunque, sia a teatro che al cinema rimane il punto focale, sotto diversi punti di vista. Come disse il M° Proietti: “Benvenuti a teatro, dove tutto è finto, ma niente è falso”. Il cervello umano è attratto dal mistero, dalla scoperta, da quel meccanismo per cui Hercules Poirot intuisce prima di tutti come siano avvenuti i fatti: ha bisogno di questo stimolo, di questo prurito interno. Ecco cosa porta a ri/cercare al di fuori di noi stessi delle verità che risultino intangibili, verosimili e che portino a riflettere e a crescere: religione, scienza, alieni, complottismo, spiritualità, fantasmi, energie, dimensioni parallele e multiverso e chi più ne ha, ne metta.
A questo proposito, mi torna in mente una figura che mi intriga molto ovvero The Man from Taured. In una giornata apparentemente normale in uno dei giorni più noiosi di un’estate particolarmente torrida di Tokyo del 1954, all’aeroporto di Haneda tutto procedeva regolarmente e da uno dei tanti aerei provenienti dall’Europa con scalo scese un passeggero che di lì a poco avrebbe dato vita a una delle storie più incredibili e discusse, fino ai giorni nostri. Alla dogana per i controlli di rito, spiccava un uomo caucasico di mezza età, particolarmente alto e con abiti tipici da uomo d’affari. Giunto il suo turno alle postazioni di controllo, dichiarò, infatti, di essere un uomo di affari in viaggio, uno dei tre viaggi previsti fino a quel momento. Tuttavia, sul suo passaporto risultò particolare ovvero gli ispettori di sicurezza lessero “Passaporto di Taured”, un Paese sconosciuto e approfondirono i controlli, con non poco fastidio da parte del passeggero che sosteneva di essere proveniente dall’Europa e risultava anche essersi recato più volte a Tokyo in precedenza. Risultava tutto autentico e il viaggiatore, madrelingua francese, parlava anche un modesto Giapponese e conosceva diverse lingue e a prova dei suoi viaggi e della propria autenticità mostrava le diverse valute valide correnti che portava con sé, appunto, per potersi muovere con agilità.
Si decise di fermare il passeggero per ulteriori controlli a conferma della sua identità e lo si trasferì a una sala interrogatori dove gli fu chiesto di procurare altri documenti e collaborò senza esitazione: tutto sembrava essere stato emesso in questa fantomatica Repubblica di Taured, tra la Francia e la Spagna, e rimasero tutti perplessi sul fatto che mai, prima di allora, si fossero verificati degli inconvenienti. In seguito ad alcuni commenti sarcastici, all’uomo fu chiesto di indicare dove si trovasse questo luogo su una cartina geografica e indicò l’area che portava il nome di Andorra. Il suo stupore lo portò a pensare di trovarsi in una situazione tragicomica e che lo si stesse volutamente prendendo in giro fornendogli una cartina sbagliata perché il suo Paese di provenienza, dalla storia millenaria era Taured e non Andorra.
Ritrovandosi entrambe le parti in discussione, ovvero gli ufficiali giapponesi e l’uomo di Taured in un cul-de-sac e constatando che i documenti fossero autentici, gli ufficiali, appunto, decisero di chiamare l’azienda per cui l’uomo diceva di lavorare: non risultava alcun dipendente con tale nome, nessuno dei propri membri della compagnia era mai entrato in contatto con quest’individuo e sconoscevano l’esistenza di Taured. Il grado di frustrazione e confusione cresceva esponezialmente tanto che il viaggiatore, aggrappandosi a un’ulteriore possibilità, suggerì di contattare l’hotel presso cui aveva prenotato l’alloggio per il proprio soggiorno. Risposta ovvia: nessuna traccia.
Pertanto, le autorità Giapponesi decisero di attenersi al protocollo previsto in caso di “viaggiatori ignoti”, richiedendo l’intervento della polizia. Il soggetto in uno stato confusionale passò sotto la custodia della sicurezza speciale e fu trasferito in un edificio ad hoc, per la notte. Come da protocollo, due piantoni armati e ben addestrati furono assegnati alla guardia della stanza in cui l’uomo di Taured avrebbe trascorso la notte: una sola finestra – a un’altezza tale dalla strada che avrebbe comportato morte certa, qualora avesse tentato la fuga – e solo una porta, per scoraggiare totalmente, in attesa di un ulteriore interrogatorio previsto per il mattino sequente con agenti specializzati in spionaggio, considerandolo una spia e un pericolo per la sicurezza nazionale giapponese. L’uomo non oppose resistenza e chiese solo qualcosa per il mal di testa e, una volta in stanza, si buttò sul letto e chiusero.
Il mattino seguente una squadra che comprendeva polizia di Tokyo e agenti di sicurezza della PSIA si recò dove l’avevano lasciato. Gli agenti di guardia, avendo sorvegliato tutta la notte, affermarono di non aver sentito o avvertito alcun rumore particolare o sospetto. All’apertura della porta, il viaggiatore, uomo di Taured, era sparito senza lasciar traccia di sé, della sua presenza, della sua esistenza e la finestra saldamente chiusa. Sulla strada affollata nessun corpo eventuale. Le guardie, che avevano svolto il proprio dovere impeccabilmente, sconcertate, in preda alla rabbia e frurstrate dall’avvenimento cominciarono a cercare il soggetto completamente sparito nel nulla. In seguito, si decise di non menzionare più questo accaduto per rabbia, incredulità, orgoglio. Solo durante gli anni Sessanta trapelò quest’accadimento, al limite della leggenda metropolitana, a causa della disperata ricerca dei funzionari aeroportuali giapponesi che ricercavano ancora quella fantomatica Repubblica di Taured.
Ai giorni nostri, si continua a parlare dell’uomo di Taured quando si affrontano argomenti di viaggi interdimensionali, multiverso, fatti inspiegabili e misteri incredibili: si trovano anche delle fiction, libri, film, cortometraggi ambientati ai giorni nostri che rivisitano o si ispirano a questa storia (alcuni dei quali anche dei prodotti discreti, devo ammettere). Che lo si consideri una narrazione di finzione per trascorrere un pomeriggio di divertissement o uno spunto per la ricerca scientifica, rimane il fatto che alla mente umana piace interrogarsi su ciò che fornisce spunto di “elucubrazione” e “speculazione” intese come attività di pensiero: a teatro, al cinema, si preferisce una comicità che si fonda sulla riflessione, sul doppio senso, sul significato latente, a volte, oppure qualcosa che ti tenga incollato alla poltrona con il fiato sospeso in attesa di ciò che accadrà.
Quindi, quanti di voi ci verranno a vedere, non appena si riaprono i battenti?
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