Non tutti i gregari sono stati centrocampisti d’interdizione, la gente di corsa e cuore, tanto cuore, c’è stata in tutti i ruoli del campo, dal portiere all’attaccante. Quest’oggi parliamo proprio di un puntero nato in Uruguay: Marcelo Danubio Zalayeta nasce a Montevideo il 5 dicembre 1978. E’ un ragazzone (190 centimetri per 93 chilogrammi) timido e riservato, che comincia la sua carriera col Danubio di Montevideo, passando subito l’anno dopo al Penarol, dove segnerà 13 reti in 32 presenze. La sua media gol non sarà stratosferica, ma segue un filo conduttore che proseguirà nella sua carriera: Zalayeta segna sempre gol importanti, non va mai ad arrotondare il risultato. Nel 1997 è già titolare in nazionale, e l’Europa si accorge di lui: la squadra più veloce ad assicurarsi le sue prestazioni è la Juventus per 5 miliardi di lire.
Il Panteron, così lo chiameranno i tifosi bianconeri, non ha avuto vita facile alla Juventus, ma è subito diventato un idolo del pubblico: nel 1998 la Juve veleggia verso il titolo ma rischia di sbandare il 14 marzo contro il Napoli, fino all’entrata di Zalayeta, che mette a segno un gol che pesa come un macigno. Tuttavia non è stato tutto rose e fiori: l’uruguagio ha sofferto molto la saudade e nei primi due mesi a Torino (novembre-dicembre 1997) ha speso circa 7 milioni di lire in chiamate intercontinentali. Nonostante i gol importanti, Zalayeta è stato mandato a farsi le ossa a Empoli, Siviglia e Perugia: non è mai stato titolare nella Juventus, ma ha sempre dato il suo apporto. I tifosi bianconeri ricordano con gioia la sua rete decisiva ai supplementari contro il Barcellona nei quarti di finale della Champions League 2002-2003: cross di Alessandro Birindelli, altro gregario coi fiocchi, e zampata vincente del Panteron.
Grazie ai connazionali Fonseca e Montero il giovane Marcelo riesce ad ambientarsi e diventa un punto fermo della comunità sudamericana dei bianconeri. In odore di cessione nel 2004, viene trattenuto da Fabio Capello, che ci tiene ad avere uno sempre pronto ad entrare in campo come lui: nella Champions League 2004-2005 il Panteron non delude Capello e mette a segno il gol che eliminerà il Real Madrid.
Marcelo segue la Juventus anche in Serie B dopo lo scandalo Calciopoli, nonostante sappia che anche l’ sarà difficile trovare posto fra Del Piero e Trezeguet. Dopo aver contribuito alla risalita in A, il Panteron esce in punta di piedi e si trasferisce a Napoli.
Zalayeta crede nel progetto partenopeo, e per due anni indossa la maglia azzurra, prendendosi anche una piccola e personalissima rivincita contro i bianconeri: 3-1 al San Paolo. Il suo pellegrinaggio continua a Bologna prima e successivamente al Kayserispor, per poi tornare a casa sua, al Penarol, dove Zalayeta chiuderà la carriera. Spesso in panchina, mandato in campo per provare a spaccare la partita, a giocarsi 20 minuti o a sostituire il compagno infortunato: la carriera di Marcelo Zalayeta ci insegna che per essere decisivo non devi essere per forza un titolarissimo. Saper aspettare il proprio momento e sfruttarlo al meglio ti rende un giocatore prezioso: mai una parola fuori posto, mai una dichiarazione piccata, ma sempre grande professionalità. Un bell’esempio da cui prendere ispirazione.
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