Articolo di Riccardo Gramazio
Il 5 aprile del 1994 cambiò le regole del gioco. Quel giorno, quel fatidico giorno, Kurt Cobain, leader dei Nirvana, decise di separarsi dall’esistenza e di lasciare un immenso vuoto sia a livello umano che a livello artistico. Un colpo di fucile. Una lettera di addio. Un malessere finalmente sedato, abbattuto, spento per sempre. Il quadro si ruppe irrimediabilmente, a terra cocci e molto altro.
Nulla di facile quindi per Dave Grohl, talentuoso batterista del gruppo e, ovviamente, amico intimo di Cobain, che proprio con il controverso frontman e con il bassista Krist Novoselic scrisse una pagina fondamentale della grande storia del rock. Certo, Nevermind e In Utero lo avevano reso ricco e famoso, ma da lì in poi i Nirvana, gran parte della sua vita, sarebbero stati soltanto un ricordo. Dubbi, confusione e dolori a compromettere, ad alterare l’idea del futuro, l’idea di una carriera leggendaria. Due sole opzioni davanti agli occhi: mollare tutto o ripartire da zero. Dave avrebbe certamente trovato un nuovo posto dietro le pelli (una buona offerta da Tom Petty arrivò anche), ma vocazione, ambizione e creatività spinsero altrove la sua mente e la sua creatività. Con l’umore tutt’altro che alle stelle e con la ferita ancora aperta, l’artista raccolse una quindicina di pezzi, materiale scritto e messo da parte nel periodo Nirvana, si recò ai Robert Lang’s Studio di Seattle e in pochi giorni registrò una consistente versione demo. Il progetto venne chiamato Foo Fighters, termine che, nel corso della seconda guerra mondiale, alcuni piloti utilizzarono per tratteggiare strani e misteriosi oggetti volanti e non identificati. Il buon Dave suonò e incise praticamente tutto da solo, lasciandosi guidare da tutto il suo amore per la musica, dalle sue capacità e dalla sua grande ispirazione. Escludendo infatti alcune parti di chitarra in X-Static, egli si occupò di tutte le parti suonate, in perfetto stile one man band. Il lavoro piacque parecchio alla Capital Records, la celebre casa discografica statunitense, che gli offrì un contratto, remixò le canzoni e pubblicò l’album nel 1995. Dave, non proprio attratto da una carriera solista, reclutò presto il chitarrista Pat Smear, il bassista Nate Mendel e il batterista William Goldsmith, allestì il nuovo gruppo e diede definitivamente vita ai Foo Fighters.
Una favola rock, se vogliamo, una fantastica favola rock inziata esattamente così.
Dal 1995 a oggi, la band di strada ne ha fatta eccome, diventando anno dopo anno, album dopo album una delle realtà più significative dell’universo musicale dei nostri giorni. Il sound dei Foo Fighters, seppur sempre legato al grunge, al punk o all’hard rock, è riuscito a conquistare fin da subito il grande pubblico. Monkey Wrench, Everlong, Learn to Fly, The Pretender, Best of You, ma sarebbe possibile elencarne moltissimi altri, sono pezzi fantastici e popolarissimi, inni forti e destinati a durare nel tempo. Roba che spacca, insomma, e che ascoltiamo quasi quotidianamente e con grande piacere. I ragazzoni divertono (e si divertono), pestano, rapiscono, esaltano intere folle con la propria straripante energia. Impossibile non ricordare il supergruppo Rockin’1000, composto da 350 chitarristi, 250 cantanti, 250 batteristi e 150 bassisti, e l’incredibile cover di Learn to Fly, eseguita per convincere i propri idoli a esibirsi lì, in terra romagnola. La risposta del leader, beh, pura magia. Andate a cercare in rete il materiale di cui sto scrivendo e vi emozionerete parecchio…
Il carisma, il talento e la positività di Dave Grohl, considerato un vero e proprio gentleman del rock, sono da tempo sotto gli occhi di tutti. L’intensa attività con la band, la quantità enorme di collaborazioni (tra le più significativi quella con i grandi Queens of the Stone Age) e i molteplici progetti artistici (la pregevole docuserie Sonic Highways è una chiara testimonianza) lo hanno reso uno dei più influenti musicisti al mondo, apprezzatissimo e stimato anche dai colleghi, cosa non proprio da poco e per nulla scontata. E del celebre episodio di Goteborg, anno 2015, ne vogliamo parlare? Concerto in terra svedese per i Foo Fighters, caduta accidentale dal palco e gamba fratturata per Mr.Grohl. Serata finita male e chi si è visto si è visto? Niente affatto: un salto all’ospedale, arto in questione immobilizzato e immediato ritorno in scena per concludere lo show e per tornare a far godere i fans. Se questo non è rock and roll!
In sostanza, personaggi del tipo non possono che far bene alla musica, allo spettacolo, ma anche alla società.
Venticinque anni fa Kurt Cobain lasciò il mondo e i Nirvana si finirono inesorabilmente. Un colpo di fucile. Una lettera di addio. Un malessere finalmente sedato, abbattuto, spento per sempre. Dave Grohl, il batterista della band… No, rendiamola più semplice, molto più semplice. Procuratevi un disco qualsiasi dei Foo Fighters e alzate a palla il volume. Sicuramente Dave saprà raccontare meglio la favola, questa fantastica favola rock.
Alzate a palla, mi raccomando.
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