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Il punto sul governo gialloverde

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Torna il consueto bollettino di aggiornamento dal fronte di Guerra Gialloverde. Ora che le condizioni operative del Governo si sono normalizzate, la frequenza dei nostri messaggi può divenire mensile, non vi è più l’impellente necessità di decodificare ogni settimana il corso degli eventi.
Veniamo alle mosse fatte dagli ex Savona’s boys.
Se ricordate, nei precedenti aggiornamenti vi scrissi che in Politica Economica, per il teorema di Tinbergen, “3” obiettivi macroeconomici richiedono“3” leve perché il sistema di equazioni abbia soluzione matematica.
Gli strumenti macroeconomici, sarebbero:
⦁ POLITICA FISCALE
⦁ POLITICA MONETARIA
⦁ POLITICA COMMERCIALE
Per attuare i piani dei Gialloverdi servirebbe poter usufruire di tutte queste leve.
Posto che la Politica Monetaria è stata subappaltata alla BCE, rimangono disponibili la Politica Fiscale e quella Commerciale.
Partiamo dalle considerazioni relative alla Politica Fiscale.
Molti di noi, me compreso, hanno sempre contestato l’obiettivo che il governo si è dato di un 2,04% di deficit sul PIL in quanto sarebbe di fatto come fare austerity.
Questa perlomeno è la denuncia sovente fatta specialmente da quella parte di patrioti che amano Marco Mori e spingono sull’acceleratore della critica verso il duo Borghi e Bagnai.
Sebbene io stesso sia amico di Marco, purtroppo non mi trovo allineato al suo pensiero per 2 ordini di motivi:
⦁ Il LATVIA MOMENT;
⦁ Il fatto che il deficit alla fine dell’anno sarà di gran lunga superiore al 2,04%, probabilmente arriverà al 3%, per motivi strettamente legati all’andamento dell’Industria Italiane che, a sua volta, è in fortissima correlazione con il settore automotive.
Nessuno dei 2 elementi sopra indicati può esser a conoscenza di un Legale il quale, ragionando da libro di macroeconomia, è giustamente portato a criticare l’esecutivo al potere. Ne consegue, che se ci limitassimo ai dettami dei libri di economia egli avrebbe ampiamente ragione.
Il punto in questione è il background legato al tipo di lavoro svolto quotidianamente che impedisce ad un legale di capire fenomeni intrinseci al sistema produttivo. Ciò che intendo dire è che non a mancata conoscenza di quanto sta scritto nei sacri testi di economia possiamo addebitare il deficit di analisi situazionale ma proprio alla professione svolta.
Veniamo comunque al punto numero 1: il Latvia moment.
Questo momento lo abbiamo già vissuto sotto il governo Letta il quale, subito dopo Monti, alleggerì l’austerity onde dar luogo al fenomeno di lento assorbimento del carico fiscale.
Quanto riporto adesso si può meglio comprendere sia leggendo il pezzo Letta il Lettone:

sia leggendo questa proposta targata 2013:

Il premier che ereditò da Monti la simpatica campanella, compresa l’inevitabilità del baratro in cui avrebbe spedito il sistema industriale-commerciale italiano, qualora avesse attuato nel 2013 ulteriori manovre fiscali per recuperare la voragine realizzata dall’esimio Prof. Monti, decise di prendere tempo in attesa che le aspettative degli attori economici si stabilizzassero reagendo positivamente all’incremento di tasse montiane.
Tale blocco nell’applicazione di nuove pesanti imposizioni e/o tagli aggravò i conti dello stato di brevissimo termine ma almeno non spedirono al Padreterno la nostra economia. La via scelta dall’allora nostro supremo Premier non fu ultimare l’opera dell’esimio Prof. Monti, quanto piuttosto seguire la via scelta dalla Lettonia: eliminata la sistematica applicazione di manovre di “fiscal retrenchment”, tagli e tasse, l’economia lettone vide i suoi fondamentali economici migliorare.
A fine 2009 i politici della Lettonia videro che il rapporto debito/pil nonostante l’applicazione delle regole “suggerite” dal FMI non migliorava mentre, abbandonate tali regole, sorprendentemente tutto tornò alla normalità

Allora cosa fa Letta? “Niente! Aspetta! Non fa alcunché! Attende magicamente che i conti italiani migliorino da soli! Fa il Lettone!”
Allo stesso modo, i Gialloverdi hanno capito che dovevano fermare il declino economico legato al perseguimento del pareggio di bilancio. Come fare? Semplicemente smettendo di fare maggior austerity, non cercare/inseguire il pareggio di bilancio, non mettere altre tasse. L’economia si sarebbe quindi stabilizzata e normalizzata da sola.
Passare, nella programmazione ex-ante, dall’1,8% al 2.04% di deficit sul Pil significa aver fatto la stessa cosa dei Lettoni che cacciarono il Fondo Monetario Internazionale (nella fattispecie, la commissione UE e la Troika che predicano solo austerity) arrestando il processo di incremento della tassazione finalizzata a portare i conti pubblici al pareggio di bilancio. Certo, non siamo in presenza di politiche di rilancio dei consumi interni (ossia di controtendenza rispetto a quanto richiesto dalla UE), ma tale operato rappresenta il primo concreto passo per dire basta al precedente sistema, l’inizio della fine del tutto!
Se i mercati non incamerano aspettative di maggiori imposizioni fiscali, non rallentano i ritmi di lavoro e di investimento.
Ma allora come ci spieghiamo la crisi di dicembre 2018? E la parziale ripresa di Gennaio 2019? Qui entrano in gioco le esperienze lavorative di cui parlavo prima.
Le difficoltà bancarie delle aziende (con necessità di presentarsi a fine anno con bilanci leggeri) hanno portato alla riduzione degli investimenti, sia in beni intermedi e/o strumentali, sia in scorte aziendali. Passato il 31/12 è ripartita la produzione di beni per il magazzino e sono ripartiti gli ordini alle imprese, da qui il discreto miglioramento di Gennaio 2019 su dicembre 2018:
“dal 1 gennaio industrie fatturato +3,1%, ordinativi +1,8%, export +2,5% export alimentare in UK +17,3%” (Ansa Economia).
Per una completa lettura leggere il documento al presente link:
https://www.istat.it/it/archivio/228238
Per l’effettiva comprensione di quanto accaduto è necessario concentrarsi su questa tabella:

Da essa si capisce che:
⦁ Il rallentamento di dicembre 2018 era esclusivamente legato agli investimenti in beni e scorte di fine anno (per presentarsi alle banche con bilanci migliori);
⦁ A gennaio parte la ricostituzione delle scorte e ripartono gli ordini alle imprese, ma perché parta una vera e robusta ripresa manca all’appello l’AUTOMOTIVE. Motivo principale? mancano le produzioni diesel FCA affossate dalla UE per far felici tedeschi e francesi, esse non sono ancora state sostituite dai nuovi modelli elettrici che vedranno la luce a gennaio 2020.
Il ritorna alla normalità significa che le dinamiche di tutti i settori continueranno imperterrite a rimanere quelle del periodo gennaio-luglio 2018 (con minor forza ma una miglior distribuzione sui 12 mesi) mentre una vera ripresa della produzione industriale necessita dell’automotive che sino a luglio 2018, quando FCA avrà messo a punto i nuovi modelli, non avrà luogo. Questi ultimi entreranno in produzione tra settembre e ottobre per una uscita in commercio per gennaio 2020.
Quindi, il leggero calo del PIL 2019, conseguente a:
⦁ Spiazzamento FCA sui modelli ibridi,
⦁ ma anche ad un leggero rallentamento mondiale e ritardo nell’applicazione di Reddito di Cittadinanza e del turnover nel pubblico legato a quota 100;
nonché incerte coperture di bilancio (come ad esempio le incerte entrate da privatizzazioni), faranno lievitare il deficit di bilancio di fine anno, ma poco importa, poiché esso contribuirà a mantenere intatto l’apparato industriale italiano altrimenti destinato a morte certa.
In aggiunta alle Politiche Fiscali, i governi hanno a disposizione anche le Politiche Commerciali. Queste possono dare una grossa spinta al PIL del paese ma poiché le nostre ancora non sono completate, affinché impattino sul Prodotto Interno Lordo servirà ancora del tempo.
Esse riguardano il commercio internazionale e vengono portate avanti con accordi bilaterali. Sino ad oggi sono state portate avanti dalla UE (articolo 133 del trattato che istituisce la Comunità europea) soprattutto secondo gli interessi dei tedeschi, invece i Gialloverdi hanno iniziato a lavorare in totale autonomia.
Conte e Salvini hanno provveduto a ristabilire i rapporti con la Russia firmando 13 accordi per complessivi 1,5 miliardi di euro (assieme a Pirelli, Enel, Barilla, Generali, Anas e altre imprese.
In aggiunta a ciò, sono stati ridotti i tempi di sdoganamento delle merci italiane, consentendo, grazie ad un ulteriore trattato, di aumentare e velocizzare le vendite dei prodotti italiani in Russia:
http://www.oics.it/index.php/it/tutte-le-news/2649-italia-russia-accordo-per-un-qcorridoio-verde-doganaleq-
Nel pezzo sopra citato possiamo leggere:
“’Italia e la Russia hanno raggiunto un accordo sul progetto di “Corridoio Verde Doganale”. Lo ha annunciato l’ambasciatore italiano a Mosca, Antonio Zanardi Landi, in occasione dell’assemblea di Confindustria Russia svoltasi nelle settimane scorse alla presenza del presidente Giorgio Squinzi. Il Protocollo, siglato dopo pi๠di un anno di negoziati e su forte impulso della parte italiana, permetterà, una volta entrato in vigore, un pi๠rapido ed efficace scambio di dati tra l’Agenzia delle Dogane italiana e il servizio Doganale federale russo.
Grazie a cià², si registrerà un netto miglioramento delle procedure e una conseguente riduzione dei tempi e dei costi di sdoganamento. Il prezzo finale del prodotto diminuirà, con prevedibile aumento della domanda e, di conseguenza, del volume delle nostre esportazioni. L’Italia è il primo Paese dell’Unione europea a ottenere un simile risultato”
Siamo i primi a godere di un corridoio verde doganale, di un canale privilegiato!
Cosa possiamo chiedere di più?
Non vi basta?
E va bene, andiamo oltre. Abbiamo concluso altro con la Russia?
http://www.sassarinotizie.com/24ore-articolo-475434-italia_russia_accordo_sace_simest___confindustria_russia_per_sostegno_imprese_2.aspx
Si!
Un ulteriore accordo di partenariato per investimenti tale da consentire (come si legge dentro il pezzo):
“…..7 miliardi di euro di esportazioni nel 2018, pronte a crescere a un tasso medio annuo del 4,4% nel triennio 2019- 2021, secondo le previsioni di Sace”.
In pratica, in barba alle sanzioni UE, stiamo riposizionando la Russia al centro della strategia commerciale italiana, riconoscendo a tale paese un ruolo fondamentale di ponte verso tutti gli altri Paesi dell’area e verso la Cina.
Già, la Cina!
Anche con la Cina ci stiamo muovendo commercialmente in totale autonomia.
Proprio venerdi scorto in TV il Ministro Geraci (in quota Lega) ha detto (più o meno):
“La Cina sta invadendo la UE ed è in essa già presente, o si sottoscriveva noi l’accordo per fare da terminal ai loro prodotti, o avrebbero scelto Amsterdam e Amburgo”
Come afferma Di Maio, anche questo trattato ha un discreto valore economico:
https://www.repubblica.it/politica/2019/03/23/news/xi_jinping_cina_italia_villa_madama_accordi_commerciali_conte_mattarella_di_maio-222293765/
Secondo il VicePremier e Ministro dello Sviluppo Economico gli accordi firmati avrebbero un valore pari a 2.5 miliardi di euro ed interessano solo Ansaldo Energia, Snam, Porti di Trieste e Genova.
Gli interessi e le perplessità degli Usa pare siano stati salvaguardati abbondantemente, il rapporto con Trump dovrebbe essere salvo.
In fondo, il valore messo sul piatto della bilancia dalla Cina vale la metà degli investimenti garantiti allo stivale dalla sola FCA nel 2019 (5 miliardi di euro):
https://www.lastampa.it/2019/03/05/economia/fca-manley-conferma-i-miliardi-di-investimenti-in-italia-terminata-la-revisione-andiamo-avanti-4B90JqGMtB8RiKzFjcmtwK/pagina.html
Sebbene il valore degli accordi coi cinesi sia di importo molto contenuto, essi hanno un elevato valore simbolico, ci muoviamo da stato sovrano in totale autonomia.
Per quanto sopra, si comprende come mai Francia e Germania siano alquanto arrabbiate con i Gialloverdi:
http://www.lanotiziagiornale.it/i-timori-dei-partner-ue-ecco-chi-ci-rimette-con-accordo-italia-cina/
Su tutti è Macron il primo ad alzare la voce contro i gialloverdi (anche se poi firma da solo accordi coi cinesi circa 15 contratti). Non è da meno il tedesco Oettinger il quale minaccia il veto per fermare i nostri accordi. Fanno di tutto per distruggere l’Italia ma oramai non abbiamo più né Monti, né il PD.
Ma tanto oramai i rapporti con loro sono davvero insignificanti, né la Commissione, né il duo Merkel-Macron fanno più paura.
Anzi, gli stessi tedeschi cominciano a non sopportare più né la UE né l’Euro. Alla prima riunione del Parlamentino della Frankrukkia (Réunion de l’Assemblée parlementaire franco-allemande) del 25 marzo 2019, il ViceMinistro tedesco per gli Affari Europei afferma:
“(distruggere) la zona Euro è per me la distruzione delle fondamenta dell’Europa”
Tale frase segue la precedente affermazione secondo la quale nei giorni precedenti al Bundenstag si è accennato ad un ritiro dalla zona Euro:
“selon le ministre allemand adjont chargé des Affaires Européennes e Bundenstag aurait discuté la semaine dernière duretrai de l’Allemagne de la zone euro”.
Chiaro che i tedeschi si sono resi conto che non possono grecizzare Italia, Francia e Spagna senza passare per i nuovi Nazisti del terzo millennio.
Su Scenarieconomici, si legge una dichiarazione di Schauble secondo cui l’Unione (politica) Europea è di fatto irraggiungibile.
Detto questo bisogna anche però ammettere che il resto degli interventi al parlamentino sottolineavano invece l’importanza di continuare il lavoro iniziato da Adenauer, De Gaulle, Schumann e Hallstein.
Barra dritta fino al burrone!
Ma torniamo alle cose di casa nostra.
E’ impossibile che quanto effettuato dal governo gialloverde sia avvenuto senza l’autorizzazione, il placet di Trump e degli americani i quali collaborano tantissimo con Putin e Xi-Jinping per combattere la UE, distruggere l’Euro, contenere le pretese della Nazista Frankrukkia sul vecchio continente e sull’Africa e creare le basi per un nuovo mondo di pace e prosperità economica.
Vi ricordo quanto affermato qualche giorno fa da Guy Verohfstadt:

L’Italia, assieme ad UK chiaramente, è l’arma tramite la quale Usa, Cina e Russia tengono a bada l’asse del male: Francia-Germania.
Vi ricordo che la Germania è rimasta la sola a gestire l’eredità Obamiana di economia liberale aperta (ossia quella a base di migranti economici) mentre i 3 leader sopra citati non sono così fessi da sottomettersi al volere delle multinazionali.
Invece, la finta democrazia franco-tedesca è altamente propensa verso questo tipo di scenario.
Sempre nel corso del medesimo evento frankrukko (Réunion de l’Assemblée parlementaire franco-allemande) del 25 marzo 2019, Jean Michel Clément (membro del simpatico parlamentino) afferma:
“in materia di immigrazione non dobbiamo mentire, oramai siamo entrati nell’era della mobilità”
Nell’intervento successivo, il Ministro Francese per gli Affari Europei Nathalie Loiseau, sottolineava l’importanza che la UE silenzi internet:
“Odio i contenuti online e la manipolazione dei processi elettorali; qui è dove l’Unione Europea può legittimante agire””

Questa è gente mediocre e pericolosissima, ama comandare con metodi nazisti (ritenendosi elite suprema e legittimata all’impiego di manganelli e gas urticante), e i tiranni di Usa, Russia e Cina non ripongono affatto la loro fiducia in simili personaggi di basso livello.
I 3 leader, con Italia, Gilet Gialli francesi e Brexiteers, combattono sotterraneamente una grandissima battaglia contro il male incarnato dai Dem e dalla loro schiera di seguaci esperti in nazismo.
Senza accordo con i cinesi, l’asse Trump-Putin non avrebbe mai potuto alleggerire la pressione di Israele sulla Siria e sterminare l’Isis. Non è un caso che Salvini quale ambasciatore di questa alleanza russo-americana sia andato a far visita a Bibi per convincerlo a sposare il progetto e che il solo vero nemico comune è il duo Soros-Podestà.
Ben presto molti politici Usa passeranno bruttissimi momenti causa indescrivibili vizietti. La depravazione e le nefandezze compiute saranno esposte ai quattro venti affinché le persone comuni possano aprire i loro occhi e capire chi sono davvero i loro Semidei.
Il Main Stream Media, che copre le atrocità commesse dalle persone ai vertici del potere mondiale, perderà completamente il controllo delle masse (stile La7 e PD) e il mondo potrà avviarsi verso una vera e nuova rinascita.
Bisogna solo portare ancora un po’ di pazienza e assisteremo al restart globale, alla nascita di un mondo nuovo che ci porterà dal NWO al New New World Order.

#WeAreTheNewsNow

#TrustThePlan

Ad maiora.

 

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