Intervista di Riccardo Gramazio
Ciò che stiamo vivendo nelle ultime settimane sta mettendo tutti a dura, durissima prova. Città vuote, ospedali pieni, caos, angoscia e molto altro. Noi nel nostro piccolo proviamo a intrattenervi, presentandovi il meglio dell’underground italiano e consigliandovi ottima musica.
Oggi è il turno dei Lucida Crash, interessantissima band ligure, a mio avviso destinata davvero a farsi conoscere. Ho ascoltato il loro ultimo album e sono rimasto piacevolmente colpito dalla qualità delle canzoni. Il chitarrista Walter Schivo racconta su MDN come stanno le cose…
Partiamo subito da ROTTAMI E RIVOLUZIONI. Ci avete messo un po’, ma alla fine il lavoro è qui tra noi, ed è un ottimo lavoro. Cosa mi dici a riguardo?
Di solito, molti dei nostri brani nascono dall’improvvisazione. In sala prove, nei momenti dopo aver ripassato il repertorio, non può mancare la classica jam. A un certo punto qualcuno tira fuori una strofa o un riff che aveva in mente o magari che aveva già inviato agli altri su whatsapp. Se l’idea va a genio al gruppo si cerca di improvvisarci sopra e di registrare l’audio per lavorarci la volta dopo in studio o magari a casa. Alla fine si parla di canzoni “open source”, se vogliamo dare una definizione. Solo ultimamente abbiamo iniziato a portare in sala qualcosa di più strutturato come ”Non guardare giù” o ”Non ci avrete mai”.
Per quanto riguarda registrare il tutto, parliamo di una bella avventura. Abbiamo girato parecchio il nord Italia per vincere concorsi e portarci avanti in sala d’incisione (purtroppo non navighiamo nell’oro), senza neanche aver definito ai tempi se fare un cd o meno. L’importante comunque era provarci e portare a casa qualcosa…
Un rock sano e concreto, pieno zeppo di riferimenti e di influenze. Sonorità settantiane, funk e altro ancora. Quali sono i nomi più importanti, quelli che hanno modellato e aiutato la vostra musica? Qualche idea già l’avrei…
Ognuno di noi ha portato il suo bagaglio culturale che è molto vario, coma hai detto tu. Un po’ di anni ‘70 e funk ci sono, perché volevamo il ritmo, l’attitudine e quella ricerca di qualcosa di orecchiabile che renda il brano riconoscibile tra gli altri. È difficile anche fare dei nomi perché continuiamo a cercare cose nuove, ma sicuramente fra le primissime ispirazioni non mancano i Deep Purple, i Foo Fighters, i Red Hot Chili Peppers, i Toto, gli ZZ Top o gli Snarky Puppy…
La produzione è molto curata. Con chi avete lavorato in studio?
Con parecchie persone, a dire la verità. Fra i big citerei Salvatore Addeo, che nel suo studio di registrazione Aemme, ci ha fatto sentire come a casa. Ci ha dato subito il sound che volevamo in “fiore di loto”, è uno di quelli che sa come muoversi e i risultati parlano chiaro.
Abbiamo collaborato poi con i ragazzi del Time Track studios, una bella realtà vicino a Bergamo. Per finire abbiamo lavorato nella nostra zona con Giovanni Nebbia di Ithil world Records, nel giro da parecchio tempo e molto schietto in studio, e con un mio vecchio amico con cui suonavo tempo fa, Francesco Genduso di Onda Studio, che è quello che ha curato parte del mix finale e del mastering. Questo album per forza di cose ha avuto molti padri.
Una canzone che amate particolarmente o che vi sentite di consigliare al pubblico? Io consiglierei tutto il pacchetto, ovviamente.
Difficile scegliere. Solo una? Penso che quella che ci piaccia e che ci definisca di più al momento sia ”Radio Crash”.
C’è un pezzo molto bello in lista, ITACA. La citazione epica è più che palese, ma è il concetto a interessarmi parecchio…
Itaca è uno degli ultimi pezzi che abbiamo fatto. Diciamo che è il punto di svolta nel nostro sound e di una nuova maturità compositiva che abbiamo raggiunto. Parla della immigrazione, delle difficoltà che si affrontano nel viaggio e di come bisogna fronteggiarle, a volte cambiando, rivoluzionando sé stessi. In questo caso ci siamo rifatti all’Odissea. In un futuro vorremmo riprendere il tema per creare uno spettacolo su questa tematica partendo appunto da Itaca.
Un’altra cosa che colpisce è la capacità di cambiare spesso direzione, addirittura in corsa, nella stessa canzone. Insomma, è sinonimo di notevole ispirazione, ma anche di grande duttilità artistica. Come nasce un pezzo dei Lucida Crash?
Siamo come delle spugne, ci guardiamo attorno e prendiamo ispirazione da qualsiasi cosa con un po’ di criterio. Certe volte siamo giunti a cambiamenti improvvisi in un brano, influenzati magari da un live a cui avevamo assistito il giorno prima.
Un passo indietro, ora. Siete in giro da qualche anno, esattamente dal 2015. Hai voglia di ripercorrere la vostra breve, ma già rispettabile storia?
Sono entrato in contatto tramite Facebook con Andrea Multari, Lorenzo Richetti e Ivan Avallone nello stesso momento e per lo stesso motivo: volevo lasciare la cover band con cui non suonavo da mesi. Eravamo ancora immaturi, ma sapevamo tutti che si puntava a fare pezzi originali. In pochi mesi abbiamo tirato giù del materiale. La prima data ufficiale fu un contest ad Arma di Taggia. Non avevamo pretese, volevamo solo uscire dalla sala prove. Da lì abbiamo iniziato a crescere.
De Thomatis arrivò ben tre anni più tardi, già lo conoscevamo. Una mente fresca e non dispiace avere una persona in più nella band.
Musica in Italia. Tutto ciò che ti viene in mente…
Che dire, c’è un mondo sommerso da quelle tre o quattro manifestazioni che monopolizzano la scena. L’Italia è già un paese con poca cultura, figuriamoci proporsi con qualcosa di nuovo. Ho perso il conto di tutte le volte che mi hanno chiesto perché non andavamo ai talent come X Factor. E’ come dire a un disoccupato che non trova lavoro di provare a giocare al gratta & vinci.
Purtroppo tendiamo anche a non essere uniti tra di noi del settore. Non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati a essere ancora in giro per quei pochi che sacrificano il loro tempo e si mettono in gioco per creare serate di musica in questo Paese. Dobbiamo iniziare a essere uniti per cambiare le cose.
Quindi, cosa possiamo fare per migliorare? NON CI AVRETE MAI offre già qualche spunto, o sbaglio?
Non abbiamo dei gran consigli. Agli altri cantanti e alle altre band là fuori direi solo di allargare i propri orizzonti, fare squadra con gli altri musicisti, creare una comunità, imparare ad apprezzare oltre che a criticare gli aspetti degli altri perché sennò continueremo solo ad affossarci l’un l’altro.
Pura curiosità. Sanremo 2020 si è appena concluso. Avete seguito il festival o, come me, avete fatto altro?
Non so gli altri, ma io ho dato una sguardata il giorno successivo per farmi un’idea. Quest’anno c’era ben poco e quel poco è stato offuscato dai vari coup de théâtre che han buttato tutto in caciara. Il trash sta trionfando, e non è un buon segno.
Il disco della vostra vita?
Impossibile scegliere, ognuno di noi ha un background musicale diverso.
Cosa faranno i Lucida nei prossimi mesi?
Cercheremo di vendere e promuovere il disco, magari parteciperemo a qualche evento. Stiamo valutando di fare qualche data nel Nord Italia. Sarebbe bello suonare nei posti che contano.
Su Facebook continuano ad apparire persone con il vostro album in mano. Che succede?
È nato tutto per caso, una nostra amica ha fatto l’espressione giusta al momento giusto e abbiamo pensato di pubblicare la foto per farci pubblicità. A quanto pare c’è stato riscontro sui social, e visto che siamo stati in stand-by per un bel periodo abbiamo deciso di continuare la serie. Si sono fatti avanti molti nostri amici e vecchi conoscenti desiderosi di comprare l’album e di finire nella pagina. Fa piacere, molto piacere questo.
Chiudi tu.
Ti ringraziamo per l’intervista, colgo l’occasione per ricordarvi che il CD è ancora disponibile e se siete interessati a seguirci siamo su Instagram, Youtube, Spotify e Facebook. Un saluto.
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