Di MsFMaria ~ Keanu
Nell’episodio precente… (grilli e silenzio imbarazzante). Oggi, niente riepilogo: la direzione si scusa per il disagio.
Pensavo che dopo il terzo articolo, mi avrebbero detto: “Bel rodagio, ottima carrozzeria, una bella ripresa, ma… quello che scrivi non è quello che cercavo. Dobbiamo prenderci una pausa, leggere altre cose…”… no, un attimo: ho sbagliato copione. Insomma, pensavo che dopo aver spiattellato un po’ di roba a caso, mi avrebbero detto dalla redazione: “Calibra un po’. Non puoi stare a parlare dei fatti tuoi”. Invece, la risposta mi ha sorpreso. Ho da poco rimesso la mascella in sesto. Per cui, rimbocchiamoci le maniche e cominciamo.
Come al solito, esco fuori dal coro perché non ho ancora scritto in realtà una presentazione canonica e vi dirò che, in tutta onestà, non lo ritengo necessario poiché mi sembrerebbe di compilare l’ennesimo CV e ogni volta mi prende un’attacco di orticaria, (notasi la parola attacco). Un po’ come quando ti presenti ai provini o alle audizioni con bando o troppo generico o troppo specifico: tu tenti, ti presenti, ti fai spremere come un limone. Ovviamente la risposta è il classico: “I canditati scelti riceveranno una nostra chiamata e tutti gli altri, però, saranno aggiunti nel nostro database, per eventuali spettacoli corrispondenti al loro profilo. Vi rigraziamo per la partecipazione”. In soldoni, è il “vi faremo sapere” del mondo dello spettacolo. Pensavate che noi ricevessimo un trattamento di favore? No, neanche quando sei parte di un’agenzia. Tuttavia, posso confermare che, se davvero vogliono te e hanno visto in te quel “je ne sais quoi”, ti chiamano e insistono anche. Capita pure che ti paghino e in alcuni casi che ti versino i contributi. Non svenite! Non dico baggianate: ho le prove! E sì: anche noi siamo collegati all’INPS come appartenenti all’ExEnpals. Appofondiremo questo punto a parte.
Per cui, quando mi è stato chiesto di scrivere per questa rubrica, per questo spazio, mi è stata data carta bianca: per un artista è come il Papa che scende da un veivolo e bacia terra, come la prima persona sul ponte che grida “America!” (consiglio di leggere Baricco o di guardare almeno il film, per rintracciare questa citazione) o semplicemente piena fiducia perché si permette a una persona di scrivere di ciò che sa. Dato che “so di non sapere”, di volta in volta lascio che sia l’ispirazione a guidarmi… mica una scaletta di punti pre-stabiliti. Non sia mai! Troppo poco bohémien!
Tuttavia, oggi, l’ispirazione mi porta ad affrontare un argomento già sviscerato e (purtroppo) attuale: la riapertura scaglionata con cautela di tutte le forme di intrattenimento. Mi comunicano dalla regia che lentamente si tornerà a teatro, al cinema, et cetera e ciò mi riempre il cuore di gioia in quanto figura “minore” che lavora nel mondo dello spettacolo e come persona che usufruisce di tale servizio. Servizio? Lavora? Sì, perché il mio mestiere principale è proprio questo e non appartengo alla categoria di coloro che sono più in vista, se non a livello “locale”. Come sopra esplicato, anche noi viviamo di contributi, sistema pensionistico con regole sue ad hoc e non solo. Viviamo anche di “sommerso” e pur di mettere il pane in tavola ci si accontenta, a volte, di prendere soldi a percentuale sui biglietti che riusciamo a “piazzare” (non inteso come dispregiativo, ma da una metafora che risale ai tempi della Commedia dell’arte) oppure si offre all’artista una quota fissa a replica, a seconda del ruolo, con un contratto verbale che non prevede contributi: il lato positivo è che almeno compari in locandina, ma non puoi riscattare le ore lavorate.
Un po’ differente la situazione quando si lavora pro bono o per un’associazione legalmente riconosciuta: almeno puoi aggiungere l’esperienza “ufficialmente” a CV. Ovviamente, sto parlando di una verità scomoda e molti diranno: “Devi lottare! Scendi in piazza con noi! Difendiamo i diritti di Tizio e Caio e anche noi ne trarremo beneficio! ¡El pueblo unido jamás será vencido!”. In realtà, Tizio e Caio hanno un nome già conosciuto e se emettono un suono, il contratto anche al minimo sindacale è d’uopo, mentre io che da anni sono in fase di gavetta mi “accontento” perché “Oggi mangio, domani chissà”. Vi diranno che dipingo il diavolo più brutto, ma posso assicurare che lo sto imbellettando anche un po’.
Da qualche tempo a questa parte, per fortuna, esistono i social networks che permettono di farsi conoscere anche al di fuori della propria realta in quanto vige sempre la regola del “nemo propheta in patria, ma tutti guardano dalla fessura della serranda e sanno chi sei e cosa fai”. Il mio gruppo teatrale o crew artistica nato da qualche anno e ufficialmente alla luce da due ha beneficiato di tale sistema grazie alla situazione corrente: ci si può trovare su tutti i i digital stores, tutti i maggiori canali di diffusione audio-video e soprattutto noi stessi siamo conosciuti (anzi mettiamo gli asterischi al punto giusto, visto che rientro anche io nella mischia) singolarmente sul territorio locale. Abbiamo studiato e continuato a farlo e, adesso, si comincia un po’ a parlare di noi, Progetto Inediti per la forma di intrattenimento che offriamo e per avere re-inventato una forma di “spettacolo” in voga in passato. Permettetemi una parentesi, per mostrare in uno spazio quanto più breve possibile.
Una nostra amica, speaker radiofonica, Barbara Lipari, su Radio In 102 è una delle poche persone che ci abbia dato spazio e “voce” per poterci presentare e ci ha definito una crew artistica in quanto, all’attivo, il nostro gruppo consta di:
Nel corso degli anni, si sono avvicendate diverse persone e abbiamo pure cambiato nome, ma attualmente la crew consta di diverse figure e di collaboratori saltuari ed è conosciuta grazie ai social networks. Da poco, abbiamo anche cominciato una forma di auto-sostentamento su Patreon e creando anche nostri canali su cui potere acquistare dei contenuti audio (Amazon, AppleMusic, Spotify, etc.), ma tutto dipende dalla bontà di chi desidera donare. Rimane il fatto che noi continuiamo a lavorare alacremente e pubblichiamo contenuti al fine di intrattenere il pubblico. Per molti (e anche in parte per la legislazione) non si tratta di un “vero lavoro” stipendiato in quanto “vissi d’arte, vissi d’amore” e abbiamo scelto consapevolmente questa strada, ma non significa che noi non esistiamo: siamo quegli istrioni, quei pagliacci che proprio nei giorni più bui vi strappano un sorriso e dietro quel prodotto finale, quel risultato non lasciamo vedere le ore trascorse a studiare, provare, montare, etc.
Ogni volta che concodiamo di cominciare a preparare uno spettacolo, entrano in ballo diversi fattori tra cui la preparazione (dalla bozza alle prove al risultato finale), la logistica, accordi di vario genere per gli “ingaggi”, tasse-tassine-tassette che bisogna pagare in toto nonostante la situazione, rischi calcolati, imprevisti, etc. e fuori si vede solo la locandina finale dell’evento o dello spettacolo e la fastidiosissima pubblicità in tutte le forme e in tutte le salse.
A questo proposito, Frank, Roxanne, Rita e io siamo anche speaker e membri di una radio-web indipendente, Studio Blue Radio che allieta le serate del pubblico durante la settimana insieme con Benedetto Croce di Meglio di Niente, Raffaela Madaffari (dagli USA) e Carlo Coletta (nella compagine attuale). Grazie a questa radio, riusciamo a entrare in contatto con artisti conosciuti al livello mondiale, internazionale e nazionale e diamo voce anche a coloro che non riescono ad avere visibilità tramite i canali “ufficiali”. Chiusa parentesi.
Perché ho aperto questa parentesi che sembra tanto una pubblicità? Non era intesa come tale, se non con lo scopo di mostrare che anche i piccoli si danno da fare e che, un giorno, se ritorneremo a esibirci a teatro, nei pub, in strutture deputate o anche per strada (e le autorizzazioni per poterlo fare sono anche il doppio) e non sempre potremo allietarvi gratuitamente o per il gusto di farlo. Magari, chi vorrà comprerà un disco, un singolo, comprerà la drink card per uno spettacolo pomeridiano con entrata contingentata e si lamenterà del fatto che pagherà. Altri apprezzeranno e ci supporteranno. Altri diranno: “Non vedo l’ora di vederti a teatro e di venirti a vedere/sentire!” e magari ti chiederà uno sconto sul biglietto (se non direttamente quello omaggio). Altri ancora diranno: “Scusami, ma 10€ per uno spettacolo per un gruppo emergente semi-sconosciuto non è un po’ caro?”. Noi offriremo solo un sorriso e continueremo con una camminata da panterona.
Comprendiamo che in un mondo perfetto funzionerebbe il baratto con prodotti più o meno equivalenti. Comprendiamo che siamo tutt* stanch* di lamentele e che ogni singola entità reclami i propri diritti per la propria condizione particolare: sacrosanto. Anche io ho la tentazione di saltare le pubblicità, i telegiornali e tutti i programmi di aggiornamento e non solo: il mio cuore è con voi anche come membro del pubblico.
Il mio mesaggio di oggi non si limita al classico: “Sosteniamoci! Dona l’X per X all’associazione ZC” oppure “Con il tuo contributo oggi posso comprare la farina per impastare il pane”. La mia speranza è che, magari, così distrattamente, qualcuno che ha più strumenti di questa voce che grida nel deserto possa aiutarci ad andare avanti con un passo più spedito. Ovviamente, se qualcuno vuole anche supportarci con un piccolo contributo, più che benvenuto.
Le ultime parole dette con riverbero in lontananza in una stanza vuota al 90%, modello “particella di sodio” nell’acqua di quel “marchio lì”.
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