La proposta del ministro Bonafede di introdurre la sospensione della prescrizione in materia penale dopo la sentenza di primo grado ha sollevato inevitabili polemiche. Che non si sono placate neppure dopo il “parziale rinvio” ottenuto dalla Lega.
Pubblico dunque sulla materia un ottimo intervento di Valerio Donato, avvocato piemontese, laureato nel 2003 con una tesi sull’istituzione di una procura europea. Scrive di sé: “da sempre convinto europeista mi sono ricreduto nel 2011 allorquando il governo Berlusconi fu fatto cadere per avere discusso l’euro. Da allora grazie a (nell’ordine di scoperta) Scenari Economici, Orizzonte 48 e Goofynomics ho sviluppato la critica a questo sistema dittatoriale che ha silenziato la Costituzione italiana. Recentemente ho contribuito a mandare a casa la maggioranza del PD dal comune di Ivrea”.
Io gli sono grato sia del contributo qui riportato (che spero sia il primo di una lunga e proficua collaborazione), sia della sua attività politica (e, immagino, gli eporediesi ancora più di me).
Negli ordinamenti ispirati allo stato di diritto esiste l’istituto della prescrizione che ha la prima funzione di dare certezza ai rapporti giuridici. Se il titolare di un diritto non lo esercita per un certo periodo si presume che vi rinunci e non potrà cambiare idea in futuro perché il compiersi del termine di prescrizione lo rende impossibile.
In tema di diritti individuali, tuttavia, la prescrizione può sempre essere interrotta e ciò fa correre un nuovo e uguale periodo. Nel diritto penale, a differenza di quello civile, la prescrizione non può comunque superare un termine di durata massima a prescindere dal compimento di atti interruttivi. Ciò, evidentemente, per rispettare i principi costituzionali in materia (l’art. 27, Cost prevede che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, il 24 che la difesa è un diritto inviolabile e il 111 che il processo deve avere una ragionevole durata). Il diritto penale, in particolare, serve, oltre che a impedire la giustizia privata (funzione primigenia dello stato stesso, che ha ragione di esistere solo se assicura la giustizia esercitandone il monopolio): come deterrente alla commissione di specifici (principio di tassatività e di extrema ratio) fatti (funzione general preventiva); come deterrente a che il singolo colpevole continui a commettere reati (funzione special preventiva); per far si che il reo possa, attraverso la pena, redimersi e tornare a comportarsi come tutti gli altri cittadini (funzione rieducativa della pena).
Appare evidente quindi che, davanti a un fatto di gravità tale da essere previsto come reato, lo stato debba esercitare immediatamente il proprio monopolio sulla Giustizia attivando un procedimento (dal latino andare da un punto, il reato, ad un altro, la sentenza) per accertare la commissione del fatto stesso e, in caso di riposta positiva, punirne l’autore.
Non a caso a favore dell’eliminazione della prescrizione vi è quella parte della magistratura spesso accusata di fare politica attraverso la giustizia, che ora accusa l’avvocatura (la prima cosa che il regime dei colonnelli in Grecia eliminò furono i consigli dell’ordine degli avvocati) di fare di tutto per rallentare i processi utilizzando “la prateria di eccezioni possibili”. Sennonché le eccezioni processuali sono la garanzia del diritto di difesa e sono possibili proprio grazie alla sciatteria con cui spesso viene amministrata la giustizia (si pensi al rinvio di un processo perché la procura non ha notificato il capo di imputazione all’imputato!). È evidente quindi che con l’abolizione del termine massimo di prescrizione si andrebbero a legittimare ritardi e mancanze di diligenza sottoponendo i cittadini (siano essi colpevoli o vittime) all’imperio dello stato (che è cosa possibile solo per amministrare quella giustizia che troppo spesso viene negata – si pensi a tutte le norme e i balzelli introdotti recentemente per impedire l’accesso dei cittadini alla giustizia civile) per un tempo indefinito. Cosa evidentemente inaccettabile.
Fonte: Fine processo mai – incostituzionalità e dannosità
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