Interviste

FUORI DAL MAINSTREAM Intervista al cantautore Izine

 

FUORI DAL MAINSTREAM

Intervista al cantautore Izine

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Canzoni scritte per necessità e senza alcun corpo estraneo a corrompere in qualche modo la formula. Canzoni intime, autentiche e fuori da ogni raggio. Canzoni che Izine, nome d’arte dell’artista parmense Marco Ravasini, ha composto tra il 2022 e il 2023 e che ha finalmente raccolto in questo interessante suo ultimo EP. Il titolo del lavoro dice già tantissimo, se non tutto: Fuori Dal Mainstream. Già, perché lì si sta bene, perché non abbiamo poi bisogno di particolari etichette e perché è possibile, oltre che necessario, dar voce semplicemente ai propri pensieri.

Ciao e benvenuto su MDN, è un piacere averti qui. Iniziamo ovviamente dalla presentazione: chi sei?

Ciao a tutti, il piacere è mio! Sono Izine, da tanti anni scrivo canzoni e recentemente ne ho scritte alcune solo per me… per il mio progetto solista.

Bene, parliamone subito. Fuori Dal Mainstream è il tuo nuovo EP, il primo appunto sotto lo pseudonimo Izine. Come è nato questo progetto e quali sono state le principali ispirazioni?

Tra fine 2022 e inizio 2023, in un momento in cui non stavo scrivendo pezzi per gli altri progetti di cui faccio parte, ho iniziato a scrivere pezzi per me, senza avere la finalità precisa di pubblicarli, ma semplicemente perché sentivo la necessità di farlo. Sentivo il bisogno di parlare e di buttare fuori alcune cose, di parlare di temi che mi stanno a cuore. E così è nato questo disco.

Il titolo somiglia più a una presa di posizione che a una fortuita circostanza. In parole più semplici, volutamente fuori dal convenzionale e dal panorama più commerciale. Una mia impressione o c’è del vero? Nel caso raccontami un po’ tutto…

Mah guarda, è vero quello che dici. Fuori Dal Mainstream è esattamente dove questo disco si colloca, sia perché resterà sconosciuto ai più e sia perché è un lavoro che credo possa preservare il suo carattere di intimità. Non strizza l’occhio per farsi vedere, non smania per ottenere visibilità o successo, non cerca di scimmiottare il mainstream… Parla di me, e spero che suoni come qualcosa di autentico, ecco. Credo che ci si possa davvero sentire bene in questa dimensione un po’ fuori da certe logiche mainstream.

Il disco contiene cinque brani pop, gradevoli, ma per nulla scontati. La componente elettronica si fa sentire eccome. Avevi già in mente in fase di scrittura quello che sarebbe accaduto?

Come dicevo, e vale soprattutto per i primi brani che ho scritto, non avevo in mente una direzione precisa sin da subito. Piano piano, mentre il progetto cresceva, ho dato spazio al flusso delle emozioni, senza cercare di imbrigliarlo in qualcosa di definito, in un genere prestabilito, e questo è il risultato. La parte elettronica è sicuramente un elemento importante. Volevo che le parti di piano richiamassero un certo tipo di sonorità e di atmosfera ‘80, un po’ Cure, un po’ Battiato e un po’ Depeche… Ma sono riferimenti che riconosco meglio ora a posteriori perché durante le registrazioni in studio seguivo solo il flow.

La produzione è di Michele Guberti, figura che ho imparato nel corso del tempo ad apprezzare molto. Dimmi, come è stato lavorare con lui?

Lavorare con Michele è stato, ed è un grande piacere. Grazie a Massimiliano Lambertini ho potuto conoscere Michele e mi sento molto fortunato nel poter lavorare con loro, credo che stare insieme in studio sia un’esperienza artistica e umana che mi arricchisce molto. Michele ha la sensibilità di un grande producer, è in grado di rispettare la personalità artistica del musicista e valorizzarne le peculiarità.

Il Vento Soffia Da Marte è il singolo che hai scelto per presentare l’Ep. Parlami un po’ di questa canzone? Sì, e anche del video…

La canzone è una sorta di augurio che dedico alla mia famiglia, ai miei bimbi e alla mia compagna Elena; volevo augurare loro tutto il bene di questo pianeta e ancora di più, quasi come qualcosa di metafisico che soffia da lontano, da Marte appunto. Il videoclip nasce in realtà da un concetto molto semplice; mi piaceva l’idea di metterci la faccia e di giocare un po’ con alcune frasi del testo, con lo slow motion e con il reverse per creare un ulteriore livello di senso che fosse anche visivo. Mi sono divertito molto nel montarlo.

Un brano al quale sei particolarmente legato e perché…

Sono molto legato a tutti i brani, sia a questi pubblicati che agli altri brani che ho scritto recentemente e che non vedo l’ora di registrare in studio. In questi giorni però sto pensando molto a Spazio, la quarta traccia dell’EP, perché la ricerca dei nostri tempi e dei nostri spazi emotivi credo sia un tema con il quale confrontarsi quotidianamente, almeno per me… Viviamo una quotidianità iper ritmata e molto incalzante, siamo continuamente sollecitati e stracarichi di input, rischiamo spesso di essere travolti dalle cose “da fare” e di mettere da parte le emozioni, senza poterle elaborare nel modo corretto. Questo alla lunga può essere pericoloso, è un equilibrio vacillante che dobbiamo sempre cercare di preservare.

Nel corso del tempo, hai fatto diverse cose nel campo musicale. Hai voglia di riassumere il tuo percorso, soffermandoti magari sui momenti più significativi?

Sì, diciamo che ho iniziato alle superiori ad avvicinarmi alla musica con più continuità. Ho fatto parte di alcune band emiliane con le quali abbiamo portato avanti dei progetti discografici, macinato km e km per tanti live in Italia ed Europa. Con i The Troublemakers, per esempio, saremo in tour in Svizzera anche in questi giorni. Nel frattempo mi sono laureato in Musica all’Università di Bologna e diplomato in canto Moderno al Modern Music Institute. Come tanti dei musicisti che conosco, sempre tanta musica, sia sul campo che sui libri insomma…

Gli artisti che più ti hanno influenzato negli anni?

Ascolto tante cose diverse e cambio spesso tipi di ascolto, spazio molto. Un artista che mi ha sempre affascinato molto è sicuramente Bowie, tant’è che per un periodo ho portato in scena le sue canzoni. Ascolto anche tanta musica classica, Beethoven, Mozart, Stravinskij e Verdi, tanto cantautorato italiano, Battiato su tutti. Poi musica elettronica: i Prodigy, i Massive Attack… Mi piace la scena post-punk degli ultimi anni, quindi Fontaines D.C. e Idles, e ultimamente seguo St Vincent, ma me la sono purtroppo persa live il 22 di ottobre al Fabbrique.

Musica in Italia: come vanno le cose? Io penso male, ma spero sempre…

Diciamo che la scena italiana rispetto a quella estera è un po’ più statica, molto ripiegata su sé stessa. Da anni ormai è così. Da noi funzionano una serie di cose che non trovano una corrispondenza nella musica internazionale, e specie nei contenuti più che nella forma. Basta fare caso a quello che passa in radio; forse guardare un po’ di più a quello che succede fuori dai nostri confini ad esempio nel pop, nell’hip hop e nel post-punk potrebbe aiutare la causa. Questo per quanto riguarda il mainstream. Se pensiamo alla scena indipendente invece, le cose vanno un po’ meglio anche se, diversamente dal passato, mi sembra che non ci sia una vera e propria scena alternativa perché ciò che dovrebbe essere alternativo in realtà agogna a essere mainstream e ragiona con logiche commerciali e numeriche che non gli dovrebbero appartenere, a mio avviso.

Saluta, lasciandoci tutti i link per seguirti.

Vi ringrazio molto per l’ospitalità, è stato un piacere. Speriamo di risentirci presto, nel frattempo mi potete seguire su instagram sulla pagina izinemusic https://www.instagram.com/izinemusic/ , sul mio canale youtube con lo stesso nome e su Spotify e tutte le altre piattaforme digitali dove potete già trovare Fuori dal Mainstream. Un saluto a tutti.

megliodiniente

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