La cosa curiosa è che, nonostante la notizia fosse vera e documentata sul meglio mainstream e gli scroscianti applausi al momento dell’approvazione li abbiamo visti in video, dal momento che qualcuno aveva manifestato il diritto a dichiararsi contrario a certi avanzamenti del Progressesimo, i pupazzetti a molla incaricati di definire bufala tutto ciò che non garba ai loro padroni ci hanno provato lo stesso, coi loro inutili sitarelli, a negarne la veridicità. Però, nonostante gli sforzi sfinterici, i pupazzetti hanno evacuato solo questa piccola fallacia: “La notizia è falsa perché in Italia la legge già prevede ciò che stabilisce”.
Si riferiscono alla legge 194 che permette l’aborto terapeutico nel caso la salute o la vita della madre si trovino in pericolo. Se siamo più avanti di quei bacchettoni degli americani su questi argomenti, e loro ne vanno fieri, sappiamo che lo dobbiamo anche alle pompette per biciclette.
Sembrerebbe trattarsi anche stavolta della solita annosa diatriba sull’aborto che, da atto estremo che dovrebbe sempre essere prevenibile grazie ai metodi contraccettivi ormai disponibili da decenni, è stato fatto diventare un diritto come quello di svegliarsi una mattina con l’uzzolo di cambiar sesso e una questione di principio, oltre che bieco strumento politico di pressione e di ricatto morale.
In pratica, se non diventi assolutamente indifferente di fronte all’immagine di un esserino abortito che, nelle giuste mani, può diventare feto-merce, fornitore di piccolissimi organi sempre più richiesti, dicono le mammane istituzionali di Planned Parenthood, e non si sa bene a quali scopi, ma che saranno sicuramente Scientifici, allora sei fascista.
Se i critici della nuova legge osano obiettare comprensibilmente che il concetto di salute, soprattutto mentale, della madre può divenire assai soggettivo, le varie
associazioni dei diritti civili ribadiscono che l’aborto è un diritto fondamentale assoluto della donna. Se è un diritto in sé, di conseguenza, non è importante che la motivazione dell’aborto sia grave e fondata su un effettivo stato di malessere, al limite basta un Ennecivvù (nun c’ho voja).
Ovviamente i difensori del “fa di questo esserino ciò che vuoi” come sempre non spendono alcuna parola sui diritti degli altri due interessati dalla questione: il bambino e il padre. Quest’ultimo poi ridotto al solito “eh, ma lui s’è solo divertito, che cazzo vuole?”
Sembrerebbe la solita diatriba sull’aborto ma non lo è. Possiamo tapparci gli occhi ma anche questo è l’ennesimo passo avanti nella totale disumanizzazione dell’essere umano di cui la riduzione a merce del corpo è un aspetto particolarmente ributtante ma non l’unico del quale preoccuparsi, essendoci anche il puro scopo distruttivo, l’eliminazione per sé, da tenere in conto. Senza contare che, se la madre riesce a disfarsi sacrificandolo di un figlio ormai perfettamente formato, a maggior ragione potrà “cederlo” per rendere madre chi non può o può pagare per averlo.
Per giustificare l’introduzione della legge si è ricorsi alle solite storie lacrimogene sulla povera madre che trovandosi malata di cancro, incinta e con un figlio gravemente deforme in grembo ha dovuto rischiare l’incriminazione per poterlo abortire oltre i sei mesi di gravidanza. E qui casca l’asino. Queste storie estreme servono sempre come giustificazione per far passare l’innominabile. Scusate se mi autocito:
“Una richiesta di eutanasia pervenne alla Cancelleria, da parte di una famiglia nella quale era nato un bambino gravemente deforme. Si richiedeva l’autorizzazione a sopprimere la creatura e Hitler acconsentì, raccomandando ai dirigenti sanitari di risolvere allo stesso modo casi simili, secondo il principio della Gnadentod (morte pietosa). Fu il primo di tanti “ordini non scritti” tesi ad avviare il genocidio.
Si cominciò con i bambini. Medici e levatrici erano obbligati a segnalare all’autorità la nascita di neonati affetti da malformazioni e deficit psichici, che venivano inviati in speciali “cliniche pediatriche” dove venivano lasciati morire di fame o soppressi con iniezioni letali. Nella prima fase del programma morirono così almeno 5200 tra neonati e adolescenti.91
Nell’ottobre del 1939 si passò agli adulti. Il decreto fu retrodatato al 1° settembre per accampare l’alibi dello stato di guerra.” (fonte)
Non vuol essere una reductio ad hitlerum ma visto che si nomina sempre il nazismo solo per ciò che fa comodo e non quando maggiormente si dovrebbe, è giusto ricordare dove si rischia di arrivare, soprattutto se è già successo. Così vediamo se si stupiscono anche i borghesi desinistra.
Che i tessuti fetali oggi possano diventare oggetto di commercio non è un mistero. Oltre all’immagine dei piccoli organi ordinati dai clienti (“richiedono sempre tanti fegati, e poi gambine, chissà cosa ci fanno”,
qui il video), c’è anche la visione ancor più orrenda della distruzione dell’etica che, a differenza del lato materiale che può essere sempre perseguito dalle leggi degli uomini, non può essere ricostruita, una volta superati certi confini. Questo stressare il fatto che, riguardo all’aborto, trattasi di “diritto civile inalienabile” rivendicabile in qualunque momento dalla donna soltanto non deve farci dimenticare ciò che qualcuno sostiene:
“…non c’è differenza ontologica tra feto e neonato per cui ciò che è considerato lecito compiere, entro date circostanze, contro il primo dovrebbe essere considerato lecito compiere anche nei confronti del secondo. Il che equivale a dire che nei Paesi in cui è legale l’aborto non dovrebbero esserci ragioni per non rendere legale, a parità di condizioni, anche l’uccisione di un neonato”. (fonte)
E’ la tesi di tale Peter Singer e di
due ricercatori italiani che hanno pubblicato un articolo oramai leggendario sulla legittimità (secondo loro e il loro mentore) dell’
aborto post natale, tranne poi tirar fuori la storia del “volevamo solo provocare”, dopo essere stati sgamati. Aborto post natale (per gli amici infanticidio) il quale risolverebbe il problema pratico del dover sopprimere (uccidere) il nascituro quando è ancora nel grembo della madre, secondo le modalità che prevedono l’uso creativo del forcipe e di grossi aghi ipodermici, perché una volta uscitone si tratterebbe di omicidio.
Ecco quindi che se una masturbazione filosofica sull’ontologia diventa Lascienza, come lo diventano le necessità di controllo, profitto e oppressione da parte della nemesi medica sulla popolazione attraverso i trattamenti sanitari obbligatori, è lecito preoccuparsi e denunciare il proprio invernale scontento.
La dimensione non materialista a cui accennavo è quella che ci porta anche ad altre considerazioni tangenti. Il percorso del Progressesimo è costellato da sacrifici umani. New York è la città che, in un altro World Trade Center, ne ha contati quasi tremila, in quell’orgia alchemica di solve et coagula, fondi e polverizza, nel crogiolo sulfureo propiziatorio di un secolo destinato a far impallidire il ventesimo già di per sé abbastanza demoniaco.
Riguardate “Rosemary’s Baby”, a proposito di rosa. Rischia di apparirvi, come dice Roberto Buffagni, un documentario, ma forse anche un buffo ricordo demodé di cos’era l’istinto materno. Perché in fondo è la storia di una madre che non è assolutamente disposta a cedere un figlio concepito per conto terzi.
Ecco la citazione completa di Chesterton:
The next great heresy is going to be simply an attack on morality; and especially on sexual morality. And it is coming, not from a few Socialists surviving from the Fabian Society, but from the living exultant energy of the rich resolved to enjoy themselves at last, with neither Popery nor Puritanism nor Socialism to hold them back… The roots of the new heresy, God knows, are as deep as nature itself, whose flower is the lust of the flesh and the lust of the eye and the pride of life. I say that the man who cannot see this cannot see the signs of the times; cannot see even the skysigns in the street that are the new sort of signs in heaven. The madness of tomorrow is not in Moscow but much more in Manhattan – but most of what was in Broadway is already in Piccadilly.
[GKC, G. K.’s Weekly, June 19, 1926; quoted in Maycock, The Man Who Was Orthodox, 123]
Fonte: Barbara Tampieri @lameduck1960