A cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
Con Their Satanic Majesties Request gli Stones avevano proposto sonorità e idee molto diverse dalle abituali, lasciandosi contaminare dalle mode principali del periodo e dalla psichedelia di natura hippie. Il disco, uscito nel ‘67, non era stato accolto bene dai critici, tutt’altro. Il progetto di Jagger e compagni era stato definito un trascurabile esperimento sulla scia del grande Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles o del viaggio barrettiano dei primi Pink Floyd.
Cosa fare quindi dopo l’avventurosa e acida escursione, se non tornare a casa per toccare con mano le radici del blues o del rock più viscerale?
Per la cronaca, le primissime nuove creature di Beggars Banquet si svilupparono nel febbraio del 1968 nell’abitazione di Keith Richards e negli R.G. Jones Studios, mentre le vere e proprie sessioni di registrazione si svolsero nei londinesi Olympic Studios. Alla regia, il produttore Jimmy Miller, punto fermo del periodo d’oro della band (si prenderà anche cura di Let It Bleed, Sticky Fingers, Exile on Main St. e Goats Head Soupe). Il lavoro venne ultimato a giugno, l’ultimo pezzo inciso, e che pezzo, Sympathy for the Devil, tra i gioielli più preziosi offerti dai Rolling Stones o dalla musica rock in generale. Non senza fatica, dopo diversi giorni di sovraincisioni e di cambiamenti vari, la canzone assunse la propria celebre forma. Scritto da Mick Jagger, ma accreditato anche a Richards, che sicuramente portò parecchie idee in fase di realizzazione, il brano presentò il punto di vista di un leggiadro Lucifero, interpretato alla perfezione e a ritmo di samba dal mitico frontman di Dartford. Ispirato quasi certamente dal romanzo Il Maestro e la Margherita di Bulgakov, il testo non passò certo inosservato, anzi, fu facile accusare di satanismo gli Stones, già finiti in precedenza nel vortice delle polemiche per via dei riferimenti talvolta troppo espliciti al sesso o alla natura peccaminosa. Chiaro, gli attacchi diretti arrivarono dalla comunità cristiana, da sempre contraria al rock e piuttosto preoccupata per il futuro dei giovani ascoltatori, facilmente condizionabili dalle gesta dei musicisti.
A voi lettori i commenti, io preferisco ricordare con simpatia i primi storici versi della canzone…
Please allow me to introduce myself.
I’m a man of wealth and taste.
I’ve been around for a long, long year.
Stole many a man’s soul to waste.
And I was ‘round when Jesus Christ
had his moment of doubt and pain.
Made damn sure that Pilate
washed his hands and sealed his fate
Guidato soprattutto dalla forza di Sympathy for the Devil, dal country blues della malinconica No Expectations o dall’eccezionale e sovversiva Street Fighting Man, l’album vendette meno del predecessore, ma convinse la stampa e gli addetti ai lavori. Unanimemente Beggars Banquet venne considerato il miglior disco del gruppo, pura ribellione blues rock. Politica, sesso e persino il diavolo; impatto provocatorio e assolutamente anarchico, in pieno stile Stones.
Per la cronaca Beggars Banquet fu l’ultimo lavoro con Brian Jones in formazione, anche se il coinvolgimento effettivo del cofondatore/chitarrista della band si limitò alla slide guitar in No Expectations e ad alcune parti di armonica, di sitar e di mellotron. Ben nota di fatto la situazione del geniale ed eclettico musicista, uomo in più del primo periodo degli Stones, ai tempi piuttosto confuso e mentalmente sempre più distante dalla band e probabilmente da sé stesso. Altra storia, questa, altro pezzo dell’epico racconto dei Rolling Stones…
Tra il 6 e il 7 dicembre del 1968 vide la luce uno dei più grandi dischi di sempre, quel Beggars Banquet tanto simpatico al diavolo. Leggenda, signori.
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