Articolo di Riccardo Gramazio
Nel marzo del 1973 esce uno tra i dischi più importanti della storia, il monumentale The Dark Side of The Moon, firmato da quei geniacci dei Pink Floyd. A riguardo è stato detto praticamente tutto, impossibile caricare ulteriormente. Persino costruire strampalate teorie o inventare volutamente assurde narrazioni sull’album non porterebbe nulla di nuovo. Ogni pensabile argomento del resto è già stato sicuramente trattato, con o senza i guanti, prima e da qualcun altro, dal più esperto al meno preparato.
The Dark Side of The Moon è un capolavoro, tutti gli episodi presenti nel disco sono capolavori e, poche chiacchiere, se dovessi portare un esempio di perfezione musicale non riuscirei a pensare a un lavoro differente. Solo la copertina, l’irresistibile scomposizione dei colori fuoriuscenti da un prisma, è a mia avviso magistrale per quanto basilare.
Ma ho un foglio bianco qui davanti e voglio scrivere comunque di questo album, fingendo ingenuamente, forse stupidamente, di aver scoperto l’acqua calda o, peggio ancora, quella fredda.
Inserisco il disco nel lettore, allora, ascolto, mi rilasso e aspetto la sesta traccia. Sono pronto a focalizzarmi proprio su Money, la celebre e sempre attualissima Money. Un registratore di cassa, monete lasciate cadere in un recipiente metallico e carta strappata. Siamo nel 1973, e simili incisioni rappresentano innovazione e originalità. Gli effetti provengono direttamente dallo studio casalingo di Roger Waters, messo a punto in un ripostiglio per gli arnesi. Il controverso bassista colpisce con decisione l’avidità dell’uomo e l’attaccamento morboso, quasi diabolico, alla pecunia. E se l’intero album non è altro che una lunga riflessione sui mali dell’essere umano e sui famigerati lati oscuri della nostra esistenza, come non porre al centro del discorso le piaghe lanciate dall’onnipotente e spietato dio denaro? Soldi, abominevoli soldi…
Il materiale è minuziosamente lavorato, tagliato e cucito a dovere per passeggiare con disinvoltura su un difforme e poco convenzionale 7/4. Soltanto dopo il mitico solo di David Gilmour, il pezzo cambia aspetto, viaggiando fino alla ripresa in 4/4. Aspetti, questi, piuttosto tecnici, ma che attestano ulteriormente l’imponenza dei Pink Floyd, la proposta musicale e il calore emanato dalla loro incredibile e infinita fiamma.
Come tutte le canzoni di The Dark Side of The Moon, anche Money è definibile figlioccia degli Abbey Road Studios e di Alan Parsons, un incomparabile tecnico che di cose ne ha dette molte e di importanti, sia da musicista che da portentoso e illustre collaboratore. Sperimentazioni, giochi sonori ed effetti elevano a dismisura il lavoro, accompagnandolo nell’eccellenza dell’arte. Parliamo di una permanenza a dir poco infinita, per esempio, nella Billboard 200, di cinquanta milioni di copie vendute, di una quindicina di dischi in platino e di una lunga serie di edizioni. E, fino alla noia, parliamo dei primi anni settanta…
Ciò che con l’ausilio di Parsons la band dona ancora oggi al mondo è stellare. Oltre alle piacevoli avventure udibili in Money è doveroso prendere in considerazione il ticchettio perpetuo di Time, l’atmosfera ipnotica e soave di Us and Them, il viaggio onirico di Breathe o i tasselli predicati per sottolineare la vena estremamente raffinata e filosofica del concept.
Ma torniamo a quel farabutto distruttore di anime, al dio denaro, a quell’infame padrone del mondo e del sistema. Nel testo, per alcuni ispirato al romanzo Silas Marner di George Eliot, Roger Waters sputa fuori un’amara verità, una certezza che nemmeno l’andamento sarcastico può realmente nascondere: tutti sono a conoscenza del potere crudele e demolitore dei soldi, ma nessuno è disposto a rinunciare alla propria fettina di torta, anzi, possedere è sinonimo di grandezza, di supremazia, di controllo. Beh, e proprio per questo motivo non possiamo e non sappiamo rinunciare ai baiocchi. Il carismatico autore affida così i suoi pensieri e le sue parole alla voce di Gilmour, anche questa volta decisa, diretta e convincente. A livello prettamente strumentale, il primo a illuminarci è proprio Mr.Waters, e diciamolo, il suo giro di basso è cool come pochi altri. Il pezzo viaggia alla grande, ha davvero tutto: ritmo, frasi sonore e testo. A metà circa poi, per non farsi mancare nulla, il brillantissimo sax di Dick Parry, grande amico di Gilmour. I sei abbondanti minuti di Money sono semplicemente fantastici.
Un registratore di cassa e delle monete. Una linea devastante di basso a raccontarcela…
The Dark Side of The Moon, 1973, e i Pink Floyd entrano nel gotha della musica mondiale.
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