Film del 2020 per la regia di Roger Michell, recensione senza spoiler.
Newcastle, 1961, Kempton Bunton è un sessantenne con modi da Robin Hood: perennemente in difesa dei più deboli viene visto da tutti, famiglia compresa, come un utopista perdigiorno.
Sicuro di se, forte di una considerevole cultura e tanto diritto britannico, si spinge fino ad una plateale protesta: rubare un dipinto di Goya raffigurante il duca di Wellington e chiedere il riscatto al governo di sua maestà!
L’ultima opera di Roger Michell, indimenticabile regista di Notthing Hill prematuramente scomparso nel settembre del 2021, ci riporta ai fasti della commedia “piccola ma brillante” sul modello di quelle prodotte dagli Ealing Studios che hanno fatto la fortuna di tanti attori, compreso Sir Alec “Kenobi” Guinness.
Il protagonista, Kempton Bunton, è interpretato da Jim Broadbent (i più giovincelli riconosceranno il volto del professor Horace Lumacorno) che incastonato in un ruolo brillante e tratteggiato impeccabilmente dà il meglio di sé, insieme ad una Helen Mirren in splendida forma, riesce a toccare temi profondi come la discriminazione razziale e il lutto.
Le schermaglie dialettiche fra i coniugi sono irresistibili, alcune propriamente da antologia: i due protagonisti si divertono e divertono lasciano al pubblico un’ora e mezza di pura commedia, legati in una rara alchimia di tempi comici e sentimenti profondi a cui nessuno spettatore resterà indifferente.
La sceneggiatura di Richard Bean e Clive Coleman dopotutto è di eccellente fattura: asciutta, ritmica, sagace e intensa, fatta nel modo giusto senza una sola esagerazione.
Scritto benissimo il personaggio del figlio minore Jackie, interpretato da Fionn Whitehead,
(attore giovanissimo ma di razza, che ha esordito da protagonista in Dunkirk di Christopher Nolan) che si mostra complice e affezionato al padre, lontano anni luce dalle distopie del rapporto genitoriale: questa famiglia modestissima, problematica ma mai disfunzionale, è un minuto ma prezioso affresco nella cinematografia moderna.
Come precedentemente accennato, più volte questa pellicola tocca temi profondi: il protagonista, insieme alla famiglia, vive il lutto della perdita di una figlia appena diciottenne. Anche se non si affronta mai la sotto-trama in maniera diretta l’ombra della tacita rassegnazione aleggia ed è soprattutto nell’evoluzione della Dorothy di Helen Mirren che si evince l’assenza profonda.
Mr. Bunton ha sempre qualcosa da ridire, un appunto da fare, una campagna da portare a termine: non è capace quindi di tacere davanti ad un sopruso con sfumature razziali, arrivando, lui insignificante proletario di Newcastle, a citare il Mahatma Gandhi in uno dei modi più epici mai visti al cinema. La sua lotta contro l’ingiustizia “banale” del canone da pagare alla BBC assume contorni più universali, arrivando ad essere madre di tutte le battaglie, sociali ed umane, che ogni singolo individuo, nel suo piccolo, affronta quotidianamente. La sequenza del processo è un’altalena di sentimenti, si passa con naturalezza dalla risata alle lacrime, merito del talento di Broadbent e di una spalla di lusso: Matthew Goode, talentuosissimo attore britannico noto al popolo nerd per essere stato l’Ozymandias nel Watchmen di Zack Snyder.
Fotografia e montaggio sono, mi si passi il termine, invisibili: tutto è naturalissimo e raccontato in maniera semplice, e ribadisco, senza nessuna esagerazione.
Colonna sonora affidata a George Fenton, che s’è c’è qualcuno che deve rivendicare il Premio Oscar è lui, altro che Leonardo DiCaprio! Avete presente film tipo Grido di Libertà, Le relazioni pericolose, La Leggenda del Re Pescatore? Bene, le musiche sono di questo signore qui, pluricandidato senza mai vincere. Uno scandalo.
Note negative vere e proprie non ci sono: è un film breve e tutto sommato intimo, dal respiro caduco e con qualche ermetismo di troppo. Ai titoli di coda si è soddisfatti a metà, come se si fosse visto mezzo film. E’ forse uno dei rari casi in cui una ventina di minuti in più, incentrati magari sul rapporto fra marito e moglie (ribadisco, schermaglie dialettiche da antologia) avrebbero dato più corpo ad un lavoro davvero denso di spirito.
Tre ciaKKini e mezzo 🎬🎬🎬 1/2, perché è la commedia che tutti vorremmo vedere: divertente, solida e ben assemblata senza però quel guizzo che la avrebbe resa materia da meme e quindi consegnato all’ imperitura memoria.
Da vedere in lingua originale ma anche doppiato: la voce di mr. Kempton Bunton è di Carlo Valli, e scusate se è poco!
Cristiano Dalianera. 07/03/2022
LELE SARALLO SABATO 23 NOVEMBRE DEBUTTA A TEATRO CON “SCUSATE IL RITARDO” in scena al Teatro…
IL VIAGGIO SACRO E TERRENO DI UN UOMO IN BILICO TRA FEDE E TENTAZIONI Il…
LA VERITÀ COME RIFLESSO DI UNA DOPPIA PERSONALITÀ Il nuovo singolo intitolato “The Truth In…
“VERBO” il nuovo EP della band MONOLITE su tutte le piattaforme dal 15 Novembre …
PATRIZIA PETRUCCIONE - RICCARDO AICARDI IN LIBRERIA E NEGLI STORE DIGITALI IL NUOVO ROMANZO NOIR…