IN THE NAME OF
Intervista ai Maverick Persona
A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Il duo brindisino composto dal visionario musicista Amerigo Verardi e dall’eccellente producer Matteo D’Astore, in arte Deje, è tornato con un nuovo straordinario album, il secondo nel giro di dodici mesi. A loro dire, il progetto Maverick Persona produce il pop del futuro, un flusso sonoro ricercato e intenso. Ed è difficile non essere d’accordo, dopo aver ascoltato con attenzione In The Name Of, per vari motivi, uno dei migliori dischi italiani del 2024. Bello poter quindi parlare direttamente con i protagonisti ed entrare a pieno nel concept…
Ciao e grazie per aver accettato l’invito, mi fa molto piacere avervi qui. Allora, prima di tutto presentiamo il progetto Maverick Persona. Chi siete e cosa state facendo?
Amerigo: Grazie a te e a Meglio Di Niente per lo spazio che ci offrite. Siamo due amici, con esperienze ed età sensibilmente differenti. Io scrivo musica e faccio dischi da quarant’anni e mi sono occupato anche di produzioni per altri artisti. Deje è tanto più giovane di me, e da pochi anni ha dato vita a un suo originale percorso nella musica elettronica e sperimentale. Insieme, potrei dire che stiamo cercando di coniare nuovi codici ibridati per la musica pop contemporanea, a partire da una libertà totale di espressione. Finora, secondo me, abbiamo raggiunto risultati interessanti. Ma abbiamo appena iniziato.
Matteo: Ciao MdN! Siamo due esseri umani che vogliono sperimentare e divertirsi con il suono, senza limiti.
Ho scoperto la vostra musica, infilandomi qui e lì tra le pagine del web. Sapete, sono sempre alla ricerca di contenuti validi da portare su MDN. Ora, non ricordo quale fosse il brano che mi ha fatto alzare le antenne, ma sono rimasto colpito dalla miscela di idee presenti nella vostra musica. Come definireste il sound dei MP?
Amerigo: Maverick Persona produce musica pop del futuro.
Matteo: Ricercato, fresco ed alienante.
Veniamo all’ottimo In The Name Of, il vostro ultimo album. Uscito a pochi mesi di distanza dal precedente What Tomorrow, disco che recupererò nei prossimi giorni, il lavoro raccoglie diversi viaggi in musica. Molta elettronica, vero, ma contaminatissima: jazz, psichedelia, ambient, trip hop e via dicendo… Come siete riusciti a collezionare, a riunire così tanti concetti? E così bene, tra l’altro…
Matteo: Questo è il frutto del continuo scambio d’idee tra me e Amerigo. «Ascolta questo album, leggi questo libro…» e così via. Nulla nasce a tavolino tra i Mavericks.
Amerigo: Sinceramente grazie, innanzitutto. Semplicemente, siamo due divoratori universali di musica. Amiamo la musica e amiamo anche crearla, cercando di fare le cose con estremo piacere e al massimo delle nostre possibilità.
Stiamo parlando di un concept, vero? Bene, a ruota libera, tutto quello che potete dirmi…
Amerigo: Non è stato programmato. È venuta fuori questa storia mentre scrivevamo a ruota libera. Ci è sembrato un modo degno di aumentare l’impatto del nostro suono. Il ragazzo si ribella a una famiglia borghese e compiaciuta, poi rinnega tutto e tutti, e deve quindi affrontare ogni genere di guai dal momento in cui si trova davanti a un sistema costituito, aggressivo e violento, specie con i deboli. Si spinge all’estremo del proprio sentire fino a fare della sua sensibilità un tutt’uno con il proprio corpo. Però mi fermo qui, la storia può avere un forte impatto solo se associata alle parole e alla musica delle canzoni dell’album.
Come sono nati questi undici nuovi brani? Suppongo che il processo sia stato piuttosto difficile…
Matteo: È tutto molto spontaneo e scorrevole. Mentre cerco un accordo o un sample da lavorare, Ame inizia a scrivere qualcosa e il loop si ripete all’infinito.
Amerigo: Non è stato difficile. Con Matteo abbiamo una fluidità compositiva impressionante. La velocità con cui la nostra musica viene fuori sorprende anche me. D’altronde mi pare di poter dire che non ci sia tanta gente in giro in grado di pubblicare due album di questo livello in un solo anno.
Quanto siete soddisfatti del risultato?
Amerigo: Personalmente sono estremamente orgoglioso dell’album, e molto felice di essere parte del progetto Maverick Persona.
Matteo: Così tanto che avrei voluto avere l’opportunità di scoprire i Maverick Persona da ascoltatore.
I pezzi imperdibili di In The Name Of e perché?
Matteo: Tutti.
Amerigo: Penso che uno dei nostri punti di forza è l’aver evitato di inserire riempitivi negli album. Ogni brano è un mondo a parte e rappresenta un picco. Questo ci consente di amare davvero la musica che produciamo. Così come farebbe un artigiano con la A maiuscola, uno che fa le cose tendendo al massimo dell’eccellenza che gli è possibile esprimere, perché diversamente preferirebbe non farle. Al di là di questo, uno dei pezzi che mi piace di più è quello che dà il titolo all’album. Mi comunica umori contrastanti, è musica che cammina, che si muove nello spazio e che non puoi non notare.
Parliamo dei testi, adesso. Quali sono i temi principali?
Amerigo: Alcune delle cose che scriviamo toccano corde sensibili di molti di noi. Poi c’è chi vibra e chi no. I temi che hanno stimolato la scrittura sono stati l’amore, l’insoddisfazione e la volontà di sovvertire le regole. E direi anche una appassionata ricerca di un bello ideale. Nell’arte può riuscire ciò che nella realtà è semplicemente impossibile. Non aggiungerei altro, sforzarsi di descrivere a parole i contenuti di qualcosa che hai realizzato nella pratica artistica, spesso ti mette nelle condizioni di dire solo delle banalità.
La scelta dell’inglese ha reso tutto piuttosto internazionale. Un discorso prettamente artistico e sonoro o l’idea è anche quella di arrivare più in là possibile?
Amerigo: Sono entrambe ragioni che abbiamo preso in considerazione. Aggiungerei che è importante in questo momento provare ad allargare il proprio raggio d’azione. Non fosse altro che si fa fatica a trovare il senso nell’essere promotori di un discorso artistico che sa di ricerca, di sperimentazione, di innovazione, in un Paese in cui il grado di ignoranza e di analfabetismo ci colloca su uno sgradevolissimo primo posto assoluto in Europa. Anche perché quella attuale è l’ignoranza degli opulenti, dei superficiali, degli arroganti, dei pigri, dei materialisti, dei disillusi, degli arresi alla televisione, dei reclusi da social, degli schiavi delle mode varie. E non voglio infierire, andando ancora più a fondo. Mi dispiace che l’Italia oggi spesso mostri questa faccia. E mi dispiace che ci siano tante persone virtuose che la potrebbero onorare in ben altro modo, ma che purtroppo agiscono troppo nelle retrovie, per mancanza di spazi o semplicemente per scarsa attitudine alla reazione.
Nel corso del tempo, quali sono state le altre vostre esperienze nel mondo musicale? So che siete entrambi produttori, per esempio…
Matteo: Ho suonato in gruppi funk/hip-hop per far ballare i breaker, ho collaborato con gente della scena rap italiana e adesso sto arrangiando un disco jazz con mio padre. Insomma, me la spasso.
Amerigo: Quella di produttore artistico per altri è un’attività che ho praticato per molti anni per sopravvivere, ma che poi si è rivelato un modo fantastico per conoscere musicisti giovani, imparare nuove cose e prendere in considerazione punti di vista diversi dal mio. Ho fatto il mio in quel campo, vincendo perfino dei premi e producendo diversi artisti eccellenti come i Baustelle e i Virginiana Miller, giusto per citare i più conosciuti. Poi ho dovuto accettare il fatto che pian piano stessero emergendo tanti giovani produttori molto più brillanti di me. Oggi preferisco di gran lunga occuparmi della mia musica.
Mi piacerebbe davvero sapere quali sono i vostri artisti di riferimento. Ascoltando un disco del genere non è così semplice risalire al background. Oh, in pieno trip, per esempio, ci ho sentito dentro persino Damon Albarn dei Blur, anzi, versione più Gorillaz!
Amerigo: Personalmente ho almeno un centinaio di artisti di riferimento. Se ti dicessi Lou Reed, dovrei anche specificare che amo gli album Berlin e Street Hassle, oltre naturalmente a quelli realizzati con i Velvet Underground. È un argomento che si può trattare solo davanti a una birra o a una tazza di caffè, avendo almeno tre ore a disposizione.
Matteo: Cerco di non avere punti di riferimento neanche negli ascolti. Oggi ascolto un album di Don Cherry, domani una sonata di Bach. No limits!
Due dischi in un anno, abbiamo detto. Adesso cosa state combinando?
Amerigo: Ovviamente stiamo producendo il terzo.
Matteo: Sottoscrivo.
Salutate i nostri lettori. E non dimenticate di allegare tutti i link dei Maverick Persona…
Amerigo: Grazie di cuore a te e a tutti i lettori di MegliodiNiente. Mi rivolgo a quella sacra nicchia che ama la cultura underground più creativa e sovversiva: ascoltateci, scriveteci, vogliateci bene come noi ne vogliamo a voi. Buon 2025!
Matteo: Salut, guys!
https://maverickpersona.bandcamp.com/album/in-the-name-of
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