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INCONTRO TRA MITI Il ragazzo ed Eric Clapton

 

a cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)

 

1966, Greenwich Village, New York. Il locale è il Cafè Wah?, punto piuttosto importante di Manhattan. Nel club molti artisti, musicisti e attori, hanno mosso e continuano a muovere i primi pesantissimi passi in direzione del successo. Ora, beh, ora sul palco c’è un tizio, un chitarrista eccellente, alle prese con un intenso pezzo blues attribuito a Billy Roberts. Il tizio, accidenti, un po’ afro e un po’cherokee, è esageratamente bravo. Chas Chandler, bassista dei The Animals, popolarissimo gruppo britannico del periodo, assiste strabiliato all’esibizione. Ha fiuto, certo, ma non sono necessari particolari requisiti per capire che quel dannato musicista, quello che sta suonando adesso, ha qualcosa di diverso, capacità attribuibili quasi a una divinità, a un santo della musica. Chas, tra l’altro, è diventato un manager musicale e, ovviamente, non può andarsene dal locale senza prima aver parlato con quella specie di alieno. Non ha mai visto nulla di simile, davvero. Così, a fine esibizione, si presenta entusiasta al chitarrista. Vuole coinvolgerlo in qualche modo, tirarlo in ballo, non farselo sfuggire per nessuna ragione al mondo. Deve farlo assolutamente. A Londra ha tantissimi amici importanti, figure di rilievo, persone che potrebbero davvero aiutare quel ragazzo baciato dal talento a ottenere un posto tra i grandi della musica.

Il giovane ascolta ciò che Chas ha da dire e alla fine accetta la proposta. Non ha nulla da perdere, tutt’altro, e una bella esperienza in Inghilterra può soltanto tornare utile. A una condizione però, a una sola fottutissima condizione: vuole assolutamente conoscere Eric Clapton, il miglior chitarrista in circolazione, l’eroe che con i Cream sta scrivendo capitoli tosti di storia. Insomma, il ragazzo sa di avere le giuste qualità per potersi confrontare con i più bravi e, a quanto pare, non teme nessuno.

Affare fatto, Chas può esaudire il desiderio. In fondo ha capito molto bene che razza di individuo ha incontrato. I signori di Londra rimarranno impressionati, il manager è più che certo.

Si parte, allora!

1 ottobre 1966, i Cream sono sul palco del Central London Polytechnic. Eric Clapton (voce e chitarra), Jack Bruce (basso) e Ginger Baker (batteria) stanno semplicemente rinnovando le leggi non scritte del blues e, in maniera più ampia, quelle del rock. Il nome della band è chiarissimo, alla faccia della modestia: loro sono la crema, la miglior proposta britannica e non soltanto. I tre miscelano alla grande il vecchio blues, l’hard rock e la psichedelia. E Clapton, che dire, il grande Slowhand è destinato all’immortalità, alla leggenda. Dopo la sua esperienza con gli Yardbirds e, soprattutto, dopo aver inciso con John Mayall e compagni lo storico Bluesbreakers with Eric Clapton, un fan ha voluto persino dedicargli un graffito nella stazione londinese di Islington: «Clapton is God».

Sconvolgere un artista del genere non è quindi impresa semplice, ma una promessa è una promessa. Insomma, quel ragazzo ha posto una sola fottutissima condizione e in più è fenomenale. Chas Chandler si avvicina allora al power trio per l’improbabile e strampalata richiesta.

Beh, c’è questo tizio molto bravo, ventitre anni e bla, bla, bla…

Al Cafè Wah? ha eseguito una magnifica versione di Hey Joe e bla, bla, bla…

E’ giunto fino a Londra, e ora vorrebbe tanto fare una jam con i Cream perché in fondo anche lui può sguazzare nella crema.

I componenti del supertrio sono perplessi, ma una semplice jam non può certo stravolgere il mondo…

Il ragazzo si collega con convinzione all’amplificatore. Appare un pochino sfacciato, a dirla tutta. Senza pensarci su, lascia vibrare le prime note di un brano di Howlin’ Wolf, un brano che anche Clapton considera piuttosto complicato da eseguire. È solo l’inizio. L’audace giovincello inizia a spassarsela davvero: assoli, virtuosismi e prove di assoluta e immensa classe, di immensa tecnica. Jack Bruce è esterefatto.

E Clapton? Cosa sta pensando Slowhand? Ovvio, il ragazzaccio lo sta innervosendo parecchio. Lui, cazzo, lui è Eric Clapton, per tutti il più grande al mondo. Cioè, «Clapton is God». Deve parlare assolutamente con Chas Chandler, deve tirargli le fottute orecchie. Il manager avrebbe dovuto essere più preciso e sottolineare le reali capacità del tizio.

Non c’è nulla da fare ed Eric se ne rende subito conto: in giro c’è un degno rivale, qualcuno alla sua altezza.

Sarà sicuramente una sfida, ma sarà anche amicizia, una grande amicizia…

Che storia, vero? Io amo queste storie.

Aspettate, ragazzi, ho scritto tutto di getto, spinto dall’entusiasmo e dalla foga. In genere mi succede con i romanzi, con i miei romanzi.

Lasciatemi un paio di minuti. Non ci metterò molto a rileggere quanto narrato.

Bene, rieccomi.

Non male, ma ho dimenticato un piccolo particolare.

Ripeto, colpa della foga. Perdonatemi.

Il ragazzo, il giovane chitarrista mostruosamente bravo, ha un nome figo. Sì, il suo fottutissimo nome è Jimi Hendrix.

Un semplice dettaglio.

 

 

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