Articolo di Emilio Aurilia
Un’inarrestabile febbrile maratona di concerti in senso tradizionale, di spettacoli con recite, musiche e danze, brani d’ineffabile lunghezza su dischi incisi e immessi sul mercato a velocità vorticosa, sono opera di una fantasiosa coppia di autori contornati da pochi musicisti alternatisi negli anni ma mai in modo determinante: Robin Williamson e Mike Heron entrambi polistrumentisti nell’accezione semantica più estesa, hanno dato vita all’Incredible String Band un prodotto musicale pazzo e visionario impostato su di un folk che batte un po’ tutti i sentieri percorribili introducendo altresì elementi esotici asiatici e africani, frutto di viaggi e peregrinazioni dei due alla ricerca delle radici musicali di molte culture. Dopo l’album iniziale del 1966 (che reca il nome della band) più convenzionale nei suoi elementi folk e blues per il quale Heron si è unito a Williamson e a Clive Palmer (fuoriuscito dopo il secondo LP), si sono imposti all’attenzione di pubblico e critica con “The Hangman’s Beautiful Daughter” del 1968 considerato la loro prova migliore. A questo hanno fatto séguito a intervalli molto ridotti (anche due album l’anno!) una serie di dischi che poco aggiungono a ciò che già si è captato dalla loro musica: il monumentale “U” un doppio del 1970, ad es., è stato concepito per una rappresentazione teatrale. Ma le precipitose uscite discografiche hanno finito per disorientare i medesimi protagonisti che, dopo aver tentato con gli ultimi prodotti un approccio elettrico che ha snaturato la magia iniziale, si sono trovati nella necessità di sciogliersi all’indomani della pubblicazione di “Hard Rope & Silken Twine” (1974).