A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Ci abbiamo messo un po’, un bel po’, complice un tour negli States, ma alla fine siamo riusciti ad ospitarli e a organizzare l’intervista. Tante date internazionali, tanti viaggi e tanti palchi. Esperienza arte ed entusiasmo. In breve, vita da rockstar per i veneziani New Candys, che stanno presentando al mondo il nuovo album Vyvyd. Il quarto disco della band, punto di svolta per la carriera, suona alla grande, è colmo di idee e di vicende psichedeliche perfette per un viaggio più mentale che fisico. Rock, alla base, ma anche synth ed elettronica. La somma è fottutamente moderna e accativante, roba che non ha nulla da invidiare alle grandi produzioni britanniche o americane. Che dire, non è certo arrivato per caso questo grande successo. Quattro chiacchiere con i diretti interessati, Fernando Nuti (voce, chitarra, tastiere), Andrea Volpato (chitarra, sintetizzatori, cori), Alessandro Boschiero (basso), Dario Lucchesi (batteria e percussioni).
Ciao, ragazzi, e benvenuti. La vostra popolarità è cresciuta molto negli ultimi tempi, soprattutto a livello internazionale, ma spieghiamo ai nostri lettori, a tutti coloro che ancora non conoscono il vostro progetto, chi siete e che cosa fate?
Siamo una rock’n’roll band di quattro ragazzi di Venezia, se vogliamo citare generi per capirci, possiamo dire alternative, indie, pop, psychedelic, dark, etc.
A noi basterebbe essere definiti contemporanei. Se facendo play chi ascolta percepisce siamo una band di oggi, siamo contenti.
Una serie di date incredibili in giro per il mondo, una prima parte di tour negli states appena conclusa, insomma, roba grossa. Partendo dalla vostra Venezia, un bel viaggio. Quanto è bello, oltre che emozionante, poter portare tanto lontano il marchio New Candys? Noi siamo orgogliosi di voi, giusto dirlo…
È bello vivere in prima persona come la musica non ha confini, parlare con persone così distanti da dove viviamo ma che conoscono e ci parlano delle nostre canzoni in modo approfondito. Ci fa ancora effetto e non lo diamo per scontato, è bellissimo ovviamente. È anche bello viaggiare in se, notare le differenze culturali, come la vita è diversa nonostante siamo sempre stati in paesi “occidentali”.
Ho la strana sensazione che il pubblico estero abbia una sensibilità diversa, la capacità di accogliere con entusiasmo discorsi musicali come il vostro. Non sto dicendo che qui non si sappia ascoltare la musica indipendente, ma soltanto che la stragrande maggioranza delle persone faccia fatica ad avvicinarsi a determinati generi. Noi non smettiamo di promuovere con tutte le nostre forze molte realtà importanti, ma non è facile dire la propria in chiave rock nella nostra penisola. Cosa ne pensate? Soltanto una mia impressione?
Crediamo sia la cultura delle aree mediterranee, in questo senso la Spagna è simile all’Italia come pubblico, però lì c’è Barcellona ad esempio e all’Italia manca una città così viva. Forse dove il clima è più soleggiato gli ascolti medi si spostano su musica più festaiola, qualcosa del genere, noi abbiamo più seguito in nazioni europee con clima più freddo. Discorso diverso per gli Stati Uniti, dove le grandi città si assomigliano molto per quanto riguarda l’entusiasmo, aldilà della posizione geografica. Oltre a questo è la tradizione culturale che fa la differenza, come un popolo è abituato a intrattenersi. In Inghilterra, Germania o USA l’attenzione per la musica dal vivo è cento volte più alta rispetto all’Italia.
In ogni caso, voi andrete a suonare un po’ ovunque. In scaletta non mancheranno di certo i brani del vostro ultimo e direi notevole Vyvyd, lavoro carico di contenuti importanti, di spunti personalissimi e per certi versi visionari. Parliamo di una produzione davvero alternativa, psichedelica, suonata alla grande e mai banale, dalla prima all’ultima traccia. Quanto siete orgogliosi di questo album?
Lo reputiamo il nostro miglior disco e nel dire questo intendiamo la somma tra scrittura, esecuzione e produzione. Personalmente reputo la scrittura degli altri album allo stesso livello di Vyvyd, ma crescendo e aumentando la nostra esperienza siamo migliorati negli altri due aspetti. Vyvyd però è sicuramente il disco più personale, il meno “derivativo” se vogliamo dirla in modo diverso, dove le nostre influenze si notano meno.
Vyvyd è il quarto capitolo dei New Candys. Quali sono le principali novità sonore, i percorsi che differenziano il disco dai predecessori?
La genesi dell’album è stata un pò travagliata, al tempo la band era nel mezzo di un cambio di line-up e non c’era molto tempo per provare nuovi pezzi perché eravamo sempre impegnati in tour o a provare il set. Mi sono ritrovato a registrare varie demo nel mio studio a casa. Quando la nuova line-up si è stabilizzata, siamo riusciti a completare l’album, scrivendo e arrangiando altri pezzi assieme. Abbiamo ampliato le nostre sonorità utilizzando elementi elettronici per la prima volta, e continueremo sicuramente in questo senso nel prossimo album.
Il primo singolo estratto è Twin Mime. Su Youtube un bel video, una serie di immagini, di effetti visivi, di luci e di ombre. In sostanza, tutto sembra accompagnare perfettamente la canzone. Ecco, raccontatemi qualcosa a riguardo…
Il video di Twin Mime è nato guardando Lucifer Rising di Kenneth Anger, c’era l’idea di avere noi in siluette con qualcosa di proiettato sopra. Lucifer Rising era stato ispirante per l’artwork, provando a sovrapporlo ho notato una sequenza con dei vulcani e l’ho trovata azzeccata, sono qualcosa di naturale, di arrabbiato, sembra uno sfogo della terra, e poteva richiamare all’inferno. Così ho ricercato sequenze di vulcani e i più interessanti sono nelle Hawaii, dove eruttano in prossimità dell’oceano. Ho trovato interessante e coerente con l’album associare due opposti, come fuoco e acqua.
Rappresentazione diversa, invece, per il successivo Begin Again, uno dei gioielli del lotto. Pezzo che mi piace tantissimo, una bomba di rara intensità. Anche in questo caso tante cose da dire. Chi sono Lea e Mel Stevens, per esempio?
Lo dovresti chiedere alla regista Ivana Smudja, ma non credo ci sia una sola risposta valida e questa è la cosa più bella.
Già che ci siamo, avete voglia di ripercorrere un po’ la vostra storia musicale? Ogni album rappresenta un tassello.
Stars Reach The Abyss è un album in una bolla, eravamo nel nostro microcosmo e suonavamo solamente per noi stessi.
As Medicine il più difficile, il più travagliato da concludere e dove siamo dovuti scendere maggiormente a compromessi, un album senza mezze misure nella produzione. I pezzi se suonati con una chitarra acustica sono forse tra i più “facili” della nostra discografia.
Bleeding Magenta è il primo album dove ci siamo staccati maggiormente dal mondo “psych” se vogliamo, con canzoni più particolari per quanto riguarda le scelte melodiche e di arrangiamento.
Vyvyd come detto in precedenza, è sicuramente il più personale ed il più moderno di tutti.
Dal 2012 al 2021 anche cambi di formazione. Inserire o sostituire nuovi membri in un contesto ben avviato non è mai facile per una band, eppure siete sempre riusciti a lavorare bene e con costanza. Quanto è stato difficile per voi riuscire a superare tali situazioni?
Molto difficile a livello mentale più che altro, capire che un capitolo si era chiuso e aprirne uno nuovo. Non c’è stato neanche troppo tempo per fermarsi e pensare perché la formazione è cambiata subito dopo l’uscita del nostro terzo album ‘Bleeding Magenta’, i concerti si susseguivano con costanza essendo nella piena promozione del disco ed eravamo sempre molto impegnati a prepararci prima di ogni tour. Oggi i New Candys sono Fernando, Andrea, Alessandro e Dario.
Quali sono gli artisti o i dischi che più hanno vi hanno influenzato?
Difficile dirlo, ma proviamoci:
The Velvet Underground & Nico
Pink Floyd – The Piper At The Gates Of Dawn
Nirvana – In Utero
Oasis – Definitely Maybe
The Brian Jonestown Massacre – Give It Back!
Black Rebel Motorcycle Club – B.R.M.C.
The Strokes – Room On Fire
Raccontatemi un aneddoto, anche due, qualcosa di particolare avvenuto in occasione di un vostro concerto…
Rimanendo nell’ultimo tour in Nord America, ci viene in mente il concerto all’Hotel Vegas di Austin, il palco all’aperto della nostra agenzia booking. Era pieno di gente e tutte le band avevano 30 minuti di set, noi suonavamo verso la fine dopo gli Holy Wave che sono una band bravissima, con sonorità meno “aggressive” di noi, più sognanti. Nella nostra scaletta abbiamo pezzi tranquilli ma sapendo che la maggior parte delle persone potevano essere già ebbri, abbiamo optato per contrastare rispetto alle band che ci avevano preceduto e proporre un set ad alta intensità. Come pronosticabile la gente ha iniziato a pogare, ballare e saltare, è stato molto bello.
Progetti futuri?
Siamo in tour a giugno in Europa perlopiù in apertura ai The Dandy Warhols, non vediamo l’ora, con loro siamo diventati amici e sarà molto bello seguirli e suonare in palchi storici.
A luglio abbiamo date in Italia e un festival in Lituania, ad agosto torniamo negli Stati Uniti per due settimane, un tour nel sud che si concluderà al Psycho Festival di Las Vegas. A settembre infine recupereremo finalmente le date europee che ci sono saltate causa Covid. Da ottobre ci concentreremo su nuova musica.
Salutate a modo vostro i lettori di MDN…
Viva il libro della beffa “Due pietre ritrovate di Amedeo Modigliani”.
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