Addio laureati, addio pensionati. Addio miliardi di euro. E l’Italia va a rotoli. Rimettiamo la decisione nelle mani di chi vuole usufruire di una legge che nessuno conosce
di Christian Gaole
10mila, tanti sono i laureati che nel 2016 hanno lasciato l’Italia. Il dato ancor più preoccupante è che rispetto al 2012, i giovani qualificati che lasciano il Belpaese, sono matematicamente raddoppiati. Al di là delle scelte personali, formare un futuro laureato ha un costo. Il ministro dell’istruzione, per finanziare le università statali, spende circa 7,4 miliardi l’anno. Nonostante la somma investita non sia per niente indifferente, 285 mila under 30 hanno lasciato l’Italia nel 2017. Questi dati ci portano a una riflessione: la “macchina” scuola dev’essere, forse, rivista. I governi si succedono, ma nessun legislatore si prende l’onere di cambiare l’intero sistema scolastico. Inoltre, numerosi docenti universitari lamentano il fatto che gli studenti non sappiano scrivere e che sbaglino ancora la sintassi o i congiuntivi. Come se non bastasse, anche i pensionati fanno preoccupare lo stato italiano andando a spendere la loro pensione in paesi come il Portogallo o le Isole Canarie. Tutto ciò è drammatico, ma è la realtà.
Per rispondere a questo esodo di massa, lo stato italiano ha cercato di arginare il fenomeno con l’Art. 16 della legge 147/2015. Questa legge prevede che, a partire dal 2017, si incentivi chiunque voglia tornare in Italia, sia laureati che docenti e/o ricercatori. Nello specifico gli incentivi sono due: ai lavoratori “impatriati”, cioè studenti universitari, manager con un’elevata specializzazione e lavoratori laureati, e a docenti e ricercatori. Per accedere a questo servizio, chiunque voglia tornare, deve rispettare dei requisiti: essere laureato, aver lavorato, o studiato, fuori dall’Italia per almeno 2 anni ed essere disposti, una volta rientrati, a spostarsi lungo tutta la penisola italiana. Per i lavoratori “impatriati” la legge prevede un’esenzione per i primi 5 anni sul 50% del reddito prodotto in Italia. Per docenti e ricercatori, invece, l’esenzione è di 4 anni e riguarda il 90% del reddito generato nel Belpaese. La legge, però pretende che chiunque voglia accedere al bonus debba avere la residenza fiscale, cioè viva per almeno 183 giorni all’anno nel Belpaese.
Quello che si sta verificando, ormai da anni, è un problema intergenerazionale. Recalcati ci fornisce una riflessione molto profonda: da molti anni a questa parte le generazioni precedenti non trasmettono più la loro “conoscenza” alle generazioni successive. Quindi manca il passaggio del testimone. Alcuni sostengono che ci sia anche una “sindrome dell’eterna giovinezza” che colpisce gli over 50 e non consente a giovani laureati di fare esperienza. Bisogna, altresì, ricordare che la maggior parte dei giovani oggi è annichilita, come sostiene Galimberti. La scuola non educa più, istruisce e basta, la famiglia si scambia opinioni su WhatsApp invece di parlare e riflettere face to face. Ma non solo, lo stesso Galimberti mette in evidenza un altro problema: le famiglie non hanno più la possibilità di garantire un futuro anche economico ai figli. I cinquantenni di oggi stanno erodendo i patrimoni. Molti vivono grazie alle proprietà acquistate da quelli che oggi sono i nonni dei giovani che scappano. L’inversione di tendenza, quindi, deve essere a 360 gradi. Migliore istruzione, turnover nel mondo del lavoro, e riduzione delle imposizioni fiscali per chi vuole assumere. Un ricetta, tutto sommato semplice ma che diventa impossibile da realizzare per la mancanza dell’ingrediente principale: il buon senso.
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Condivido le conclusioni, al netto di una premessa. Che riguarda quello che conosco da 13 anni.
I difetti della scuola sono una conseguenza in parte delle esigenze della società: fino ai 13 anni non seleziona ma è un posteggio. La sua funzione è quella di sorvegliare la prole fino ai 14 anni (secondarie I grado). Perché ormai le famiglie monoreddito, a meno che non siano politici o funzionari di alto livello, non possono mantenersi se hanno 2 figli. Quindi papà e mamma sono al lavoro, quando non al doppio lavoro almeno per uno dei due. I bimbi da qualche parte li devi ficcare. Dai 14 ai 18 la scuola è una pensione che tiene lontani i giovani dall'essere rubricati in statistica sotto la voce "neet". Altra pausa concessa ai prestigiatori delle rendicontazioni e della politica. Dall'università in poi sono carne da MACELLO per precariato e zozzerie assortite. Se si mettono in proprio vengono scannati dal fisco . Se diventano dipendenti sono pagati una elemosina.