A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Quante volte vi è capitato di entrare in un negozio di dischi e di soffermarvi davanti a una copertina. Tante, suppongo. Verissimo, poi e la musica che fa la differenza e che ci spinge all’acquisto, ma una bella cover, una bella immagine, può senza dubbio rapire la nostra attenzione. I dischi dei nostri idoli verrebbero prelevati comunque dallo scaffale, a prescindere dal lavoro grafico, ma se alla grande canzoni aggiungiamo anche l’impatto visivo, abbiamo tutto. Scrivo questo perché ho intenzione di ricordare la splendida copertina di Physical Graffiti, il sesto capitolo della discografia dei Led Zeppelin. Il doppio disco del 1975, neanche a dirlo, ci mostra una volta ancora la grandezza della band di Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham. Il progetto è incredibilmente ambizioso e, a conti fatti, può essere considerato il riassunto di tutto ciò che il gruppo è stato in grado di fare e di suonare. Hard rock, blues, acoustic sound e viaggi esotici (impossibile non tirare fuori Kashmir), ma con una voce propria e destinata a influenzare un po’ tutti i musicisti del mondo.
Disco ricchissimo ed eccellenza, ma anche copertina fantastica.
Il risultato è figlio della collaborazione tra l’autore Peter Corriston, famoso per aver realizzato anche alcune copertine per i Rolling Stones e per altri grandi artisti, e l’agenzia londinese Album Graphics Inc. di Mike Doud. La foto ritrae la facciata di un palazzo di New York, sito precisamente al 96 e al 98 di St. Mark’s Street, versione diurna sulla parte frontale e versione notturna su quella posteriore. Il gioco grafico elaborato consente di scorgere diverse immagini direttamente dalle finestre: quadri celebri, personaggi di spicco, animali, figure del cinema o i componenti della band. All’interno poi, un foglio riporta i titoli della canzoni e, precisamente all’altezza delle finestre, le lettere che vanno a comporre il titolo dell’album. In pratica, variando l’ordine degli inserti del disco, è possibile ottenere differenti situazioni visive e personalizzare la cover.
Non è facile descrivere a parole l’artwork di Physical Graffiti, molto meglio recuperarne una copia per esaminare e per toccare con mano il tutto.
E chissà, oltre al disco, qualcuno di voi lettori potrebbe magari custodire qualche foto personale del palazzo, di quel palazzo, scattata in occasione di un bel viaggetto a New York.
Della musica contenuta in Phisycal Graffiti parleremo sicuramente in futuro. Per il momento mi limito soltanto a sottolineare che l’opera grafica in sé meriterebbe già un posto di tutto rispetto nelle nostre case.
Ah, una domanda: qualcuno sa dirimi chi è il tizio con la barba seduto sui gradini del palazzo?
Si tratta di un residente o dell’eremita di Led Zeppelin IV?