Di Adriana La Trecchia Scola
Nell’ attuale epoca transumana (o disumana) in cui tutto e’ connesso h24 la possibilita’ della rinuncia appare paradossale o inverosimile o semplicemente impensabile.Eppure c’e’ chi ha fatto della rinuncia la sua vita.Tra i piu’ grandi poeti moderni,Emily Dickinson,ha incentrato la sua esistenza sull’ assenza.In un certo senso ha anticipato tutta una serie di personaggi letterari basati sull’ osservazione distante della vita,come lo scrivano melviniano Bartleby.Ad Emily o meglio alla sua poesia e’ bastato l’ orizzonte angusto della sua camera nella casa di famiglia di Amrhest (una piccola cittadina del Massachusetts).La sua sterminata poesia(scritta su bigliettini riusati,con tanti trattini -dash a punteggiarne il significato) inizia come una annotazione puntuale della vita quotidiana;ma col passare degli anni si fa quasi filosofica e comunque di difficile comprensione.Spesso i suoi componimenti hanno il carattere di aforismi,acuti e intensi. “Di’ tutta la verita’,ma dilla obliqua”. “Emergere da un abisso e rientrarvi non e’ forse questo la Vita?”. Nel caso di Emily Dickinson l’ abbandono della vita mondana,nasconde una ferrea volonta’:la dedizione assoluta alla grandezza della sua poesia.”Non c’era nulla che mi persuadesse a sollevare per curiosita’ gli occhi dal mio lavoro”.Ogni artista sente immancabilmente dentro se’ l’ urgenza della sua opera,e forse comprende bene che non si scrive per i contemporanei ma per i posteri (per l’ immortalita’).Tuttavia non si puo’ non rilevare che l’ essere donna deve aver influito non poco sulla scelta di lasciare inedita la propria opera.Nella societa’ puritana e bigotta era altamente improbabile che venisse capita la poesia eretica e sovversiva di Emily.Oggi nel post-femminismo si assiste a una recrudescenza della repressione femminile.La crisi della civilta’ attuale con le turbolenze geo-politiche e sociali passa anche attraverso il violento controllo sul corpo delle donne.Poco prima dell’ estate si sono consumati nella grande democrazia americana due gravi attacchi frontali alla liberta’ femminile.Prima il processo del secolo(la causa per diffamazione Depp-Heard) ha rappresentato un delirio collettivo di misoginia.In pratica un processo per violenze domestiche non solo e’ andato “in onda” no-stop col marasma dei social nei quali era immersa anche la giuria;ma la spropositata posizione di forza dell’ abusatore e’ stata leggittimata dallo stato.L’ imperfezione della vittima ha reso normale la sua umiliazione.In seguito sempre nella democrazia statunitense(faro del mondo occidentale?) avviene il ribaltamento dopo cinquant’anni di servizio della storica sentenza Roe vs. Wade che sanciva a livello federale come diritto costituzionale il diritto all’ aborto.La Corte suprema americana divenuta ultraconservatrice con la nomina trumpiana di giudici dell’ ultra destra ha annullato questo fondamentale diritto rimandando alle legislazioni dei singoli stati.Si tratta di un tragico passo indietro della storia e di un brutale tentativo di controllo del corpo delle donne e della sua capacita’ riproduttiva.E’ significativo che piu’ il sistema patriarcale traballa ad ogni latitudine,piu’ la reazione di dominio si fa feroce.Mentre gli Stati Uniti sostengono l’ Ucraina con l’ invio massiccio di armi nello “scontro di civilta’ ” contro la Russia “orientale”,
Talk of love fa parte dell’ ultimo lavoro del duo italoamericano elettropop formato da Chiara “Oakland” Castello e Camilla “Matley” Benedini (I’m not a Blonde).Un ricordo malinconico dei suoni elettronici dei primi anni duemila.Ma soprattutto a livello concettuale il passaggio dalle ombre ad una visione piu’ luminosa e carica di speranza.Il tentativo di lasciarsi alle spalle le proprie paure per imparare a credere in se’ stessi e negli altri.